Vorrei portarvi la mia testimonianza personale in qualità di vescovo ortodosso che ha conosciuto il papa Giovanni Paolo II, sia durante incontri personali o di gruppo con sua Santità, sia attraverso la lettura delle sue encicliche. Sento una certa affinità con il venerato Papa, essendo nato io stesso in un Paese ex-comunista ed avendo responsabilità pastorali in Occidente, cosa che mi aiuta a capire meglio la personalità di quest’uomo di Dio. Nella mia relazione faccio riferimento anche ad alcuni articoli di uno dei grandi conoscitori della vita della Chiesa e della società dei no-stri tempi, il dr. Nicolae Stroescu, già collaboratore e direttore della sezione romena della Radio « L’Europa libera » (1988-1994) che ha sede a Monaco. Stroescu, membro attivo della parrocchia ortodossa romena di Monaco e consigliere diocesano, ha seguito da vicino, in qualità di sociologo e giornalista, la vita e l’attività di Giovanni Paolo II.
Che Giovanni Paolo II sia stato una personalità carismatica senza pari, forse la più grande del XX secolo, è ormai un luogo comune. Nessun altro papa ha avuto un’influenza più grande sul-la Chiesa, le religioni, la cultura, la politica e, in generale, la società come questo Papa d’Oriente.
Dopo 450 anni di papato italiano, l’elezione di un Papa che non era né italiano né occiden-tale, ma un orientale, uno slavo di un paese comunista, ha senz’altro sorpreso molti. La Chiesa di Roma non aveva più avuto un papa d’Oriente dopo l’VIII secolo! Eppure quest’elezione si sarebbe rivelata presto un avvenimento profetico.
Spirito slavo, mistico di natura, segnato fin dalla sua giovinezza dalla resistenza alle ditta-ture: di destra, nazista, e di sinistra, comunista, Giovanni Paolo II ha saputo combinare nel suo pontificato il patriottismo polacco con lo spirito di apertura mondiale diventando “Pastore dei po-poli” (titolo di un articolo apparso nel giornale « Süddeutsche Zeitung », aprile 2005).
Sono profondamente convinto che Dio ha fatto di questo Papa un profeta della pace, innan-zitutto perché egli ha contribuito come nessun altro alla caduta del più disumano sistema politico che il mondo abbia conosciuto nella sua storia: il comunismo ateo. Anche se alla caduta del comu-nismo hanno contribuito anche fattori economici e sociologici, l’apporto del Papa è “una confer-ma indiscutibile dell’importanza del ruolo della personalità e dello spirito nella creazione della storia” (Stroescu). Dopo la sua elezione a vescovo di Roma e papa, nel suo paese, la Polonia, si risvegliò lo spirito di emancipazione dall’ideologia e dall’imperialismo sovietico. Già dopo la sua prima visita nella sua patria nel 1979 apparve il sindacato “Solidarnosc” e lo sciopero di Danzica aprì la strada della liberazione dal comunismo, dapprima in Polonia e poi in tutta l’Europa centrale e dell’Est.
La caduta del comunismo ha ridato a milioni di persone la dignità umana fondata sulla li-bertà e la religione. Politologi come il tedesco Gustav Seibt vedono già nell’elezione di Papa Gio-vanni Paolo II nel 1978 il segno di un primo distacco dal secolarismo dell’epoca delle rivoluzioni europee e il ritorno della religione nella politica mondiale.
Nicolae Stroescu afferma, anch’egli, che con il Papa Giovanni Paolo II “siamo testimoni e partecipi del risveglio dell’“homo religiosus” attraverso la politica e al di là della politica, anche contro la politica quando questa mette in pericolo la profonda identità umana e la vocazione del significato”.
Il papa – che ha conosciuto in Polonia l’ateismo di stato e in Occidente l’ateismo privato nato dall’indifferentismo religioso e dall’imperativo cieco edonista di una società materialista – ha dovuto reagire con una sensibilità acuta alla crisi di senso caratteristica dell’uomo moderno, lonta-no dalla fede. Si spiega così la sua preoccupazione permanente di aiutare gli uomini a riscoprire il senso della vita e la fiducia in Dio.
Allo stesso tempo Giovanni Paolo II era profondamente ferito dalla disunione dei cristiani e, a livello delle religioni, dal fatto che esse sono spesso causa di conflitti etnici o interetnici inve-ce di essere fonti di pace e di benedizione per le nazioni. Per questo, dall’inizio del suo pontificato, il Papa si è fatto pellegrino di pace per il mondo. Nei suoi più di 100 pellegrinaggi su scala plane-taria, il suo messaggio di fede, di fiducia e di pace ha toccato i cuori di milioni di persone delle culture più diverse.
Il Papa non ha smesso di condannare la guerra (“ogni guerra, diceva, è una sconfitta dell’uomo stesso”) e di farsi mediatore nei conflitti del mondo. “Pregò in ginocchio” i protestanti e i cattolici d’Irlanda, impegnati da lungo tempo in un conflitto spesso sanguinoso, di cessare ogni ostilità e di riconciliarsi nel nome di Dio.
In occasione della sua storica visita a Bucarest, il Papa appose la sua firma, con il Patriarca Teoctist, su un documento che condannava la guerra contro la Jugoslavia: “Esortiamo tutte le parti in causa a fare gesti profetici per una nuova arte di vivere nei Balcani”. Si oppose senza riserve allo scoppio della guerra in Iraq. Mostrò ai musulmani senza esitazioni e senza ambiguità che il mondo cristiano non vuole e non concepisce neppure una guerra contro l’Islam. Con le sue visite alla sinagoga di Roma e Gerusalemme, il Papa aprì una nuova pagina nella storia delle relazioni tra cattolicesimo e ebraismo.
E poiché la guerra è spesso provocata dalla povertà, il venerato Papa si è sempre fatto av-vocato dei poveri. Ha condannato senza riserve il Nord opulento che si arricchisce a scapito del Sud povero ed esortò alla condivisione dei beni materiali.
L’unità cristiana ha bruciato il cuore di quest’uomo di Dio per tutto il suo pontificato, con-sapevole che la disunione era un grave peccato. E dato che siamo qui in un paese ortodosso per eccellenza, mi piace dire quanto il Papa Giovanni Paolo II amasse l’ortodossia e la sua spiritualità. Ne sono testimoni la lettera pastorale “Luce d’Oriente”, il dialogo con gli ortodossi e i suoi viaggi in Romania, in Grecia, in Georgia e in Bulgaria, paesi a popolazione prevalentemente ortodossa. A Bucarest fu ricevuto con molto calore dal Patriarca di venerata memoria Teoctist e dal Santo Sino-do, così come da una folla di fedeli festanti. Il Patriarca dichiarò che l’incontro con il Papa era “l’anticipazione della Chiesa unita e indivisa” e il Papa che aveva vissuto “la sinfonia delle due Chiese implorante la piena comunione”.
Questa comunione piena di tutti i cristiani è la preghiera – testamento che il Signore ci ha lasciato prima della sua Passione: “Che tutti siano uno!” (Gv 17, 21).
Non c’è niente di più bello e necessario di vivere l’unità di tutti e tutto nei nostri cuori puri-ficati dalla preghiera e dall’ascesi. E diffondere questa pace mistica dell’unità intorno a noi sull’esempio dei santi.
Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio di avermi dato la possibilità di parlare a questa tavo-la rotonda su una personalità così grande come quella di Giovanni Paolo II di venerata memoria.
Grazie anche a voi per la vostra pazienza.
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