Illustri ospiti,
Signore e signori,
Ringrazio la Comunità Sant’Egidio e le Diocesi di Osnabrück e Münster per aver organizzato queste giornate di riflessione, che si iscrivono in un lungo percorso di promozione del dialogo e della pace.
Già trentuno anni fa, il 27 ottobre 1986, Papa Giovanni Paolo II convocò ad Assisi la prima giornata mondiale di preghiera per la pace.
Oggi, siamo qui riuniti per rinnovare quel messaggio di pace in un momento in cui i conflitti, le guerre e il terrorismo stanno cambiando la geopolitica mondiale.
Ne discutiamo in un anno in cui ricorrono 500 anni dalla riforma luterana; una riforma che non fu solo un cambiamento di natura religiosa, ma ebbe un forte impatto sugli equilibri politici dell’Europa.
Ne discutiamo in un luogo, la città di Münster, dall’alta valenza storica e simbolica.
Da qui, e dalla vicina Osnabrück, nel 1648 l’Europa riuscì a mettere fine a trent’anni di guerre e a ripartire dalla pace di Vestfalia.
Purtroppo, da allora ad oggi, centinaia di conflitti hanno continuato a sconvolgere l`Europa e il mondo, dimostrando che la pace non è un bene acquisito.
La pace va difesa e costruita giorno dopo giorno.
In Europa la pace e la libertà sono gli obiettivi primari; i valori fondanti dell’Unione europea.
In Europa la pace continua perché ci siamo dati dei valori e principi comuni che guidano l’azione politica:
- dalla democrazia allo stato di diritto, dall’uguaglianza tra uomini e donne alla tolleranza, dal rispetto dei diritti umani alla lotta contro la discriminazione.
La pace in Europa è rafforzata da una profonda integrazione, basata sul dialogo e sul compromesso.
La pace in Europa è salvaguardata da istituzioni sovranazionali che, giorno dopo giorno, lavorano per tutelare l’interesse generale.
Queste istituzioni, con il passare del tempo, hanno sviluppato una democrazia transnazionale unica nel suo genere, personificata dall’Istituzione che ho l’onore di rappresentare, il Parlamento europeo: unica Istituzione direttamente eletta dai popoli dell’Unione.
Non è sempre facile essere d’accordo in una così ampia e variegata democrazia.
E la Brexit ne è probabilmente il più eclatante esempio.
Ciononostante, uniti siamo molto più forti che divisi.
Solo uniti possiamo dare risposte concrete ai cittadini e difendere la pace.
L’Europa deve andare avanti e continuare a vivere il sogno dei Padri fondatori.
Permettetemi di ricordare due figure di grandi europei ed europeisti scomparse quest’anno, cui l’Unione europea deve tantissimo: Helmut Kohl e Simone Veil:
- campioni di una generazione che ha vissuto la tragedia della guerra e che ha lottato per il superamento dei nazionalismi, con l’obiettivo di trasmettere un’eredità di pace ai propri figli.
È grazie all’impegno di uomini e donne come Helmut Kohl e Simone Veil che l`Europa è diventata la nostra patria comune, la “patria delle nostre patrie” come la descriveva Vaclav Havel, un altro campione della nostra democrazia.
Ed è così che l’Unione europea è diventata un faro di libertà per il mondo intero.
L’Europa, unico continente senza la pena di morte, deve continuare ad essere un modello di pace.
Dobbiamo fare di più.
Perché, come avvertiva Helmut Kohl, “la pace deve essere ben più dell’assenza di guerra”.
Dobbiamo porre al centro dell’azione politica i valori.
I valori sono la base della nostra identità; un’identità che non è solo il risultato di un percorso condiviso, ma è la fonte primaria della nostra forza.
Solo promuovendo e difendendo la nostra identità saremo capaci di integrare il cambiamento.
Solo con un’identità forte saremo in grado di affrontare sfide epocali come il terrorismo, l`immigrazione, il cambiamento climatico e la disoccupazione.
E solo vincendo queste sfide, l’Europa, continuerà ad assicurare la pace all’interno dei suoi confini e a promuoverla all’esterno.
Il terrorismo, in particolare quello di matrice islamica, ha provocato in molti Paesi uno stato di emergenza permanente, mettendo a dura prova la stabilità sociale, politica ed economica.
La minaccia è globale e richiede un’azione integrata e condivisa.
In Europa, come dimostrato ancora una volta dall`attacco a Barcellona, il terrorismo viaggia da un Paese all’altro, comunica senza fili e crea cellule pronte ad attivarsi ovunque.
Per sconfiggere un nemico così complesso e articolato, dobbiamo restare uniti.
Bisogna condividere informazioni e sistemi di sicurezza, lavorando sulla cooperazione delle forze di polizia.
Esiste giá Europol e il Parlamento europeo contribuirà ad ampliare la sua azione, ma serve anche una collaborazione tra giudici e servizi segreti.
Serve una sorta di FBI europeo per coordinare le attività dei singoli servizi.
Non è tollerabile che i confini nazionali o le rivalità tra Paesi ritardino, con conseguenze catastrofiche, la lotta al terrorismo.
Per contribuire a sconfiggere questa minaccia, il Parlamento europeo ha creato una commissione speciale che comincerà i propri lavori il 14 settembre prossimo.
La commissione ha come obiettivo quello di elaborare proposte concrete agli Stati membri su come coordinare meglio le attività contro il terrorismo.
Anche sulla crisi migratoria, gli egoismi nazionali sono inaccettabili.
La strategia deve coinvolgere tutti.
Dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, bisogna andare avanti con i ricollocamenti e con le procedure d'infrazione contro gli Stati che non rispettano la decisione della Commissione europea, fortemente sostenuta dal Parlamento europeo.
La solidarietà non è a senso unico.
Chi si illude di poter proteggere da solo le proprie frontiere, si sbaglia.
L’esplosione demografica nell’Africa sub-sahariana, la continua desertificazione, le emergenze umanitarie, le tante instabilità politiche fanno dell’immigrazione un fenomeno epocale, con cui dovremo confrontarci per anni, se non decenni.
Serve una strategia con misure a breve, medio e lungo termine per la gestione dei flussi e per garantire crescita e stabilità in Africa.
Nell’immediato, bisogna trovare soluzioni per i Paesi di transito.
È necessario controllare la rotta mediterranea con aiuti e finanziamenti verso la Libia, così come l`Europa ha fatto con la Turchia per la “rotta balcanica”.
A queste misure deve seguire un’azione a tutto campo.
L’Europa deve dotarsi di una strategia comune nei rapporti con l’Africa.
Il Fondo Europeo per lo Sviluppo è un passo nella giusta direzione.
Il Fondo, con una capacità di 4 miliardi di euro, potrà mobilizzare oltre 40 miliardi d’investimenti nel continente africano.
Nel lungo termine, tuttavia, è necessario essere più ambiziosi, aumentare le risorse finanziarie e rafforzare la cooperazione economica e politica.
Il Parlamento europeo ha instaurato un dialogo politico con i leader del continente africano.
A maggio scorso, il Parlamento ha ascoltato il Presidente della Commissione dell`Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, durante una seduta solenne a Strasburgo.
A giugno, durante la seduta plenaria, il Parlamento ha accolto il Presidente della Costa d’Avorio, Alassane Outtara.
Il 25 luglio ho incontrato il Presidente del Ciad, Idriss Deby Itno.
Il 22 novembre, il Parlamento europeo organizzerà una "Settimana africana" prima del vertice UE-Africa che si terrà il 29 e 30 novembre ad Abidjan, in Costa d'Avorio.
Colgo quest`occasione per invitare il Presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, al Parlamento europeo.
Monsieur le Président,
Je souhaite vous inviter à venir adresser la plénière du Parlement européen à Strasbourg dès que votre agenda vous le permettra.
Votre Pays est un interlocuteur incontournable en Afrique sub-saharienne notamment pour gérer les flux migratoires ainsi que pour lutter contre le terrorisme islamiste dans la région du Sahel.
À cet égard, je souhaite donner mon plein soutien à la force conjointe du G5 Sahel récemment créée.
Per contribuire alla pace nel mondo non sarà sufficiente sconfiggere il terrorismo e vincere la sfida dell’immigrazione.
L’Europa, lo ripeto, ha bisogno di essere forte soprattutto nella sua identità.
E la chiave di volta in questo processo sono i giovani.
I giovani non sono solo il futuro, sono il presente.
Sono i giovani, con i loro sogni e le loro ambizioni, che giorno dopo giorno forgiano lo spirito e il sogno europeo.
È necessario mettere i giovani in condizione di poter contribuire alla costruzione dell’Europa.
Dobbiamo offrire e garantire loro formazione e prospettive.
È nelle scuole e nelle università che si pratica l’integrazione e il dialogo.
È lì che i giovani diventano cittadini.
È lì che i giovani imparano a confrontarsi e contrastare verità esclusive, che generano violenza e conflitti.
È poi il lavoro, ovvero la possibilità di costruire il proprio futuro in maniera indipendente e autonoma, che offre ai giovani delle prospettive, sottraendoli ai rischi dell’esclusione sociale, tra i quali spicca quello della radicalizzazione.
Immigrazione, terrorismo, disoccupazione.
Dalla vittoria di queste sfide - alle quali si aggiunge la lotta al cambiamento climatico, necessaria per garantire il futuro del nostro pianeta - passano le strade verso la pace in Europa e nel mondo.
In questo contesto, le religioni hanno un ruolo chiave, perché rappresentano i valori che sono alla base della nostra civiltà: la tolleranza, la centralità della persona, la misericordia.
Il dialogo tra la politica e le religioni, così come il dialogo tra le religioni, è fondamentale e va rafforzato.
Solo attraverso questo dialogo potremo batterci contro ogni forma di fondamentalismo e radicalizzazione.
Perché chi spara in nome di Dio, spara contro Dio.
Come ha ricordato Papa Francesco, settembre scorso ad Assisi, quando ricorrevano i 30 anni dalla prima giornata di preghiera indetta da Papa Wojtyla: “non c’è nessuna guerra santa, solo la pace è santa”.
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