Storico, fondatore della Comunità di Sant’Egidio
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Signor Presidente,
Signora Cancelliera,
Illustri personalità religiose,
Il nostro mondo, in pochi anni, è tanto cambiato. Trent’anni fa, con la firma del trattato sugli euromissili, finiva la minaccia atomica, triste compagna della guerra fredda. Cadeva il muro di Berlino. Con il processo di globalizzazione, si mescolavano popoli, si realizzavano comunicazioni veloci e un grande mercato. Egemonie consolidate scomparivano e s’inaugurava la nuova era globale. Eppure qualcosa è mancato. Accanto al gigante dell’economia globalizzata, c’era un’unificazione spirituale da compiere. I mondi spirituali sono rimasti per lo più nei loro tradizionali orizzonti. Spesso le religioni non hanno percepito come la globalizzazione sia anche un’avventura dello spirito e della fede.
Si è invece diffusa la paura. Di fronte a immensi spazi globali, a temute invasioni, riemergono antichi terrori. I popoli chiedono rassicurazione e la trovano nella retorica urlata dello scontro o in leader bellicosi. Identificare un nemico dà sicurezza. Di fronte al terrore dell’altro si alzano nuovi muri. E’ la contraddizione attuale: un mondo unito eppure così diviso. La divisione come reazione all’unificazione.
E’ mancata –lo dicevo- l’unificazione spirituale del mondo. L’unificazione spirituale non vuol dire omologazione o uniformità. Ma un grande e profondo movimento di dialogo spirituale e interreligioso che renda amici, benché diversi: nell’ambiente locale, come sulle scene del mondo.
Così spesso è avvenuta una globalizzazione senz’anima, all’insegna della marcata mentalità materialista dell’economia. In questo quadro, ci siamo assunti –lo dico come Comunità di Sant’Egidio-, dal 1986, da quando Giovanni Paolo II invitò le religioni a pregare ad Assisi…. abbiamo assunto la responsabilità di continuare il dialogo tra le religioni. Senza potere, ma con la tenacia di non perdere il contatto con nessun mondo. Ogni anno abbiamo percorso questa strada con molti presenti: grandi figure dello spirito come il card. Martini, il rabbino Sirat, il venerabile Yamada, il professor Bauman, Ghassan Tueni. Con amici che ci auguriamo di vedere ancora: i vescovi di Aleppo Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, rapiti in Siria quattro anni fa forse durante una missione di pace.
Le correnti spirituali cambiano la storia. E’ un fenomeno evidente, quanto dimenticato. Un chiaro esempio: la Riforma protestante, cinquecento anni fa. Un mondo è cambiato, a partire dalla sola Scrittura, da un approccio diverso alla Bibbia. Siamo qui, in Germania, per rendere omaggio a un evento spirituale che ha mosso le coscienze e toccato persino gli avversari, inducendoli a riformarsi. Una storia spirituale tedesca è divenuta europea e mondiale.
Lo smisurato gigante della globalizzazione ha però bisogno di anima. L’anima cresce nel dialogo tra gli spiriti, nell’amicizia e nella preghiera. Il dialogo è la struttura fondamentale di tante religioni: dialogo con Dio, la preghiera; dialogo con i testi sacri, tra spirituali. Le religioni sono organismi vivi. Non ideologie, ma comunità radicate nelle terre, vicine al dolore, alla gioia e al sudore della gente, capaci di accogliere il loro respiro. Ho visto la preghiera di tanti disperati in luoghi di dolore o nei viaggi terribili dei profughi.
Le religioni non si verticalizzano come tanti processi istituzionali, ma restano a contatto della terra, tra le case: la sinagoga, la chiesa, la moschea, il tempio e altri luoghi sacri. Per questo, quando si vuole umiliare un popolo, si violentano le donne e si distruggono i luoghi sacri.
Oggi milioni di persone diverse si sono avvicinate, vivono insieme, ma, restano estranee. Bisogna aprire strade di pace con il dialogo tra la gente: aiutare a vivere insieme i diversi. Una strada di pace (non posso qui sviluppare il tema) è cooperare nella lotta alla povertà: penso all’Africa e saluto il presidente del Niger. L’Africa, demograficamente e non solo, sarà tanta parte del futuro dell’umanità. Vitale è cooperare allo sviluppo con i paesi africani nella giustizia da parte del Nord del mondo, ma anche dei dirigenti africani. Le religioni hanno una visione comune dell’umanità e ricordano che non c’è futuro sicuro per gli uni trascurando gli altri, per i ricchi in mezzo a tanti poveri.
I fautori dell’odio hanno capito l’utilità delle religioni usandole per alimentare la cultura del nemico e il terrorismo. Le religioni possono essere acqua che spegne il fuoco della violenza, ma anche benzina che lo incendia. Le ideologie terroristiche sono un terribile congegno nelle mani di violenti, che potranno fare molto male, ma mai vinceranno. Quanto è decisivo allora il ruolo dei leader religiosi nell’illuminare le menti! Il grande Imam di Al Azhar, Al Tayyeb, ha ben chiarito, nel caso del terrorismo islamista, che la religione è presa in ostaggio da chi non ha diritto di parlare a suo nome.
Per le religioni, la violenza e la guerra non sono sante. Solo la pace è santa. Per realizzarla, bisogna lavorare come artigiani ogni giorno aprendo strade, connettendo tutti ad un tessuto di dialogo e cooperazione. Mai isolando. Donne e uomini di fede hanno la pazienza per farlo fin negli angoli sperduti della terra. Ma devono uscire dagli schemi del passato e credere di più che i tesori delle loro religioni possano fondare la pace. Spesso la guerra comincia nell’egoismo e nell’egocentrismo. Ciascun credente può essere un operatore di pace. Muhamad Iqbal, grande poeta musulmano del continente indiano, scriveva: “Abbi dunque l’ardire di crescere, osa! O Uomo di Dio! Non è stretto il regno dei cieli!”. Oggi, non è stretto lo spazio per costruire la pace, ma ci vuole più audacia! Per questo ci ritroviamo qui. |