Rissho Kosei Kai, Giappone
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In Giappone, molte cose hanno continuato a cambiare dopo la catastrofe della regione del Tohoku dell’11 marzo.
In questa catastrofe, lo tsunami ha causato danni più gravi e ha provocato più vittime del terremoto. Lungo i 561 km di costa dell’Oceano Pacifico della regione del Tohoku, più di 20.000 persone sono morte o sono scomparse. In questa zona, molte persone hanno perso molte cose: membri della propria famiglia e case, porti di pesca e navi, terreni agricoli e colture, fabbriche e posti di lavoro, così come la speranza verso il futuro. La maggior parte dei sopravissuti sono ancora sfollati e sperimentano grossi disagi rispetto alla loro vita precedente, e sono ansiosi e timorosi sulle conseguenze dell’incidente nucleare sulla loro vita futura.
Il Giappone è cambiato a causa di questo disastro, e molti ancora ritengono di dover continuare a cambiare se stessi ancora di più per uscire dalla loro situazione attuale, cioè per superare il senso di perdita e la paura e per ottenere speranza verso il futuro e la gioia di vivere.
Non soltanto coloro che sono direttamente coinvolti per la catastrofe, ma anche quelli come noi che sono soltanto indirettamente coinvolti sentono il bisogno di cambiare per essere sicuri che nessuna vittima sia morta invano e per contribuire al progresso umano, imparando qualcosa da questo disastro. Specialmente noi giapponesi abbiamo bisogno di cambiare noi stessi per vivere in pace con tutti i popoli della Terra.
In che modo dobbiamo cambiare?
Nel buddhismo, il principio dell’interdipendenza o “generazione dipendente” è uno degli insegnamenti fondamentali che sorgono dall’illuminazione del Buddha. Ci sono diverse maniere di esprimere questo insegnamento, che è un principio molto semplice.
Permettetemi di citarvi alcuni versetti dei nostri testi sacri che mostrano che, dal punto di vista dell’esistenza delle cose, “Quando questo esiste, quello viene all’esistenza. Con il succedersi di questo, quello succede. Quando questo non esiste, quello non viene all’esistenza. Con la cessazione di questo, quello cessa” (Samyutta Nikaya 12.61).
Da questo punto di vista, capiamo che il momento presente è una conseguenza del momento precedente, e che sono intrecciati. Quindi, l’ “adesso” è la risposta che deriva da fattori intrinsecamente intrecciati che sorsero nel passato.
Secondo questo insegnamento, possiamo dire che la catastrofe della regione del Tohoku è, in un certo senso, una risposta che emerge dall’interazione dell’attività umana con quella zona. Questo è ciò che possiamo in qualche modo imparare dal terremoto, dallo tsunami e dall’incidente nucleare che comprendono il cosiddetto disastro della regione del Tohoku.
Certamente, non intendo dire che eventuali azioni malvagie dei giapponesi siano la causa di questo disastro, ma piuttosto chiedo a me stesso ciò che possiamo imparare da questa catastrofe.
Ovviamente, siccome il terremoto e lo tsunami sono un disastro naturale, noi esseri umani non possiamo evitarli, giacché non siamo in grado di esercitare un controllo completo su tutte le forze della Natura. D'altra parte, voi credete che, siccome l’incidente nucleare non fu un disastro naturale, gli esseri umani potevano scappare completamente dai suoi effetti? Penso proprio di no. Gli esseri umani non sono neanche capaci di controllare completamente gli impianti delle centrali nucleari. Anche se gli esseri umani adoperassero tutta la loro sapienza e tutte le loro abilità, non avrebbero la possibilità di dominare pienamente le forze della natura. Qualcuno potrebbe chiedersi se quel disastro si sarebbe potuto evitare se avessimo saputo subito dopo il terremoto ciò che sappiamo adesso, la risposta non può essere ancora affermativa, perché si trattò di un disastro naturale. Davanti al potere della natura, tutti siamo impotenti.
Molte persone in tutto il pianeta, non soltanto persone religiose, avranno sicuramente pregato mentre guardavano in diretta TV come lo tsunami colpiva la regione del Tohoku. Avranno pregato che non ci fossero persone prese dallo tsunami. In quel momento ho pregato il Cielo per tutte le persone che si trovavano nella zona sinistrata, ed ho pregato soprattutto sentendo la mia radicale impotenza davanti a quell’enorme tragedia. Avrei voluto andare subito ad aiutare le persone colpite, ma l’unica cosa che potevo fare in quel momento era pregare. Ho sentito fortemente la mia impotenza in una situazione così estrema.
Non si tratta di chiedersi le cause del disastro, ma di accettarle come parte della risposta per cominciare ad imparare nuovamente qualcosa sulla nostra impotenza. Abbiamo bisogno di essere consapevoli dell’impotenza di noi stessi. Di conseguenza, noi diveniamo capaci di pregare intensamente come conseguenza di questo disastro. La consapevolezza della propria impotenza, allo stesso tempo, suscita una consapevolezza maggiore della dignità degli altri, del valore della natura, del significato della vita e della morte.
Dovremmo comprendere questo disastro come una chiamata a cambiare noi stessi. Noi giapponesi dobbiamo riconoscere la nostra arroganza o la nostra eccessiva fiducia in noi stessi. Quindi, dobbiamo diventare più umili e accettare la nostra impotenza, e riverire la vita nostra e quella degli altri, così come di tutta la natura intorno a noi, in modo da realizzarci più pienamente come persone e stabilire una pace più salda nel mondo.
Una volta che accettiamo positivamente che la catastrofe della regione del Tohoku è una risposta, diverremo capaci di cambiare noi stessi. Questo cambiamento inizierà dal punto di vista della consapevolezza della nostra impotenza. Se incominciamo da questo punto, emergerà spontaneamente il desiderio di riverire la vita altrui nei nostri cuori e nelle nostre menti. E non ci sarà niente da preoccuparsi per il futuro.
Quando persone che hanno la consapevolezza della propria impotenza si incontrano, esse hanno la capacità di realizzare qualcosa per il bene degli altri.
Sebbene ognuno di noi è impotente da solo, quando mettiamo insieme i nostri desideri di aiutare gli altri, diventiamo insieme qualcosa di potente per il bene di tutti.
Per questa ragione, la nostra associazione Risshō Kōsei-kai ha iniziato il progetto Kokoro hitotsuni (“Uniamo i nostri cuori”).
Lo scopo di questo progetto non è solo fare attività di soccorso e ricostruzione unendo i nostri membri nell’Unica Mente (basata sulla fede del Sutra del Loto), ma anche cooperando con le persone o le organizzazioni collegate con la RKK. Mentre noi lavoriamo per la ripresa delle persone colpite, un altro grande scopo del nostro lavoro, il pilastro principale delle nostre attività è che partecipando alle attività di costruzione, attraverso l’incontro con gli altri, noi e loro cresciamo, diventando “persone luminose gentili e calorose”.
Con lo scopo stabilito di mettere doppia attenzione e cura nel fare le possibili attività velocemente e bene verso quelli che che si trovano nelle situazioni più difficili, il nostro lavoro si focalizza su tre obbiettivi:
1) Contributo alle comunità locali;
2) Sostegno perchè i membri possano essere indipendenti;
3) Ricostruzione dei Centri della RKK delle zone colpite.
Riguardo al primo obbiettivo, contributo alle comunità locali, noi abbiamo mandato dei membri come volontari nelle due prefetture di Miyaghi e Iwate. Essi sono venuti da tutto il Giappone, ed al 31 agosto erano 5.300 persone. Si chiamano Zenyu-tai, che significa gruppo di buoni amici.
Il termine “Zenyu” viene dal Sutra del Loto ed indica qualcuno che ha aiutato il Buddha Gautama ad avere l’illuminazione. Quindi Zenyu significa un buon amico che aiuta gli altri a trovare la salvezza. Noi diamo questo nome ai nostri gruppi di volontari perchè i loro membri hanno una fede salda nel Sutra del Loto e nel Buddha Eterno, ed hanno la consapevolezza dei bodhisattwa, che vogliono aiutare per beneficiare gli altri.
Noi membri della RKK conosciamo ed impariamo che il Bodhisattwa Mai Irrispettoso, in qualsiasi situazione si trovi, riverisce la natura buddica di ogni persona che incontra. Per noi membri della RKK, lui è il più bel modello della pratica religiosa nella vita quotidiana. I membri dei gruppi di volontari hanno applicato anche questa pratica durante le loro attività di volontariato, cioè non hanno guardato con commiserazione le persone colpite dalla tragedia, ma hanno riverito la loro vita. Inoltre, hanno lavorato con attenzione per rimuovere le montagne di macerie, cercando gli oggetti cari alle persone che hanno perso così tanto nel disastro.
Essi hanno applicato, nelle loro attività, il vero spirito di Zenyu e del Bodhisattva Mai Irrispettoso.
D’altra parte, alcuni leaders religiosi giapponesi, membri del Comitato Giapponese della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP Japan) sono interessati a come le persone – attraverso la campagna di ricostruzione dopo il disastro del Tohoku - possono legare la loro vita al passato, al presente ed al futuro; il loro lavoro collega le vite perse nel passato a quelle che vivono adesso e nel futuro.
Loro hanno iniziato a pensare a come possono esprimere nel modo migliore le loro condoglianze alle vittime del disastro, che è diventato il punto d’inizio dei loro sforzi di ricostruzione. Hanno pensato inoltre a come possono collegare le vite delle persone che sono vive adesso, dopo il disastro, specialmente le persone colpite, e quelle che dedicano tutti i loro sforzi alla ricostruzione e al ripristino.
Però non è sufficiente vivere solo per il presente, perché noi siamo responsabili anche del futuro. Questo disastro è un segno della fragilità dello stile di vita lussuoso contemporaneo in Giappone, e della mancanza di coscienza e di responsabilità nella prospettiva globale dell’interdipendenza e nel rapporto con gli altri.
Noi dobbiamo promuovere solidarietà tra le persoen e, nello stesso tempo, dobbiamo cambiare noi stessi e il nostro stile di vita per il futuro.
Il disastro ci ha dato il compito di collegare le vite del passato, del presente e del futuro, che è anche uno dei concetti del progetto “Uniamo i nostri cuori” della RKK.
Voglio dire qui ancora una volta che noi giapponesi abbiamo bisogno di avere la grande consapevolezza della nostra impotenza davanti alla natura e davanti a Dio e a Buddha. Questa consapevolezza deve avere un punto d’inizio, cioè deve diventare una grande forza per fare qualcosa per il progresso degli uomini.
Infine, credo che se non solo i membri della RKK, ma anche le persone di altre fedi e chi è cosciente della propria impotenza, tutte collaborino a legare insieme le vite delle persone vissute nel passato, quelle del presente e del futuro, perché lavorino insieme per la ricostruzione della regione colpita del Tohoku, e formino un’onda potente che continui ad influenzare le persone nel futuro, non solo in Giappone ma anche in tutto il mondo. Grazie per la vostra attenzione.
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