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13 Сентября 2011 09:00 | Künstlerhaus am Lenbachplatz, Clubräume

Essere credenti in terra straniera di Adrianus Herman Van Luyn SDB


Adrianus Herman Van Luyn SDB


Vescovo cattolico, Presidente del COMECE, Paesi Bassi

Punto di partenza è il diritto dell'uomo di essere credente, di appartenere ad una determinata religione e di esercitare tale appartenenza sia nella vita privata che in quella pubblica, assieme agli altri membri della stessa comunità religiosa.

Tale diritto è universale, quindi vale dovunque, in ogni territorio, oltre ogni confine di stato, sotto ogni regime di governo, in ogni ambito culturale, perchè costituisce una conseguenza immediata della dignità inviolabile e inderogabile della NT. sona umana!

la libertà religiosa 

Da parte della Chiesa Cattolica questo diritto è stato riconosciuto e proclamato solennemente dal Concilio Vaticano II.

Dalla « Dichiarazione sulla libertà religiosa ». La Dichiarazione è nota ed è citata sotto il titolo: « Dignitatis humanae » ossia « Human Dignity ». « Nell'età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone », così l'inizio del documento.

I diritti umani radicano in questa inalienabile dignità, creata da Dio, « a Sua immagine e somiglianza », donata a tutti gli uomini in uguale misura. E particolarmente il diritto di libertà religiosa, perché ogni persona, libera da qualsiasi forma di pressione, secondo la propria scelta e la propria coscienza, possa aderire a una visione della vita, nel privato e nella vita pubblica, da solo o insieme con altri. Questo diritto è inviolabile e nell'ordinamento giuridico della società deve essere riconosciuto come diritto civile.  Non può essere impedito, a condizione che non sia violato il giusto ordine pubblico. Ad ogni modo il Concilio unisce questo diritto con il dovere di ogni uomo di cercare sinceramente la verità, soprattutto riguardo agli ultimi interrogativi dell'esistenza umana, sua origine e suo destino, e con il dovere di formarsi prudenti e corretti giudizi di coscienza.

A questa responsabilità personale inalienabile il Concilio ricollega la responsabilità sociale: ognuno deve tener conto dell'altro, che gode uguali diritti, e dei propri doveri verso l'altro. Ciò implica il rispetto della persona altrui, nessuna forma di pressione o di blocco della libertà, nessuna discriminazione o violenza contro persone di altre convinzioni, ma giustizia accompagnata da umanità. Le autorità devono garantire a ogni livello questi diritti. fondamentali. « Human dignity is the core value of Christian social teaching, which must be respected and pursued in all human activity ».

« La dismità umana è il valore fondamentale della dottrina sociale cristiana, che deve essere rispettata e perseguita in tutte le attività umane ». CCOMECE, 2001)

Questi diritti umani riguardano in primo luogo ciascuna persona umana, senza eccezione, tutte sono di uguale dignità. È, pertanto, inaccettabile che tante persone si trovino di fatto private di questo diritto, a causa di condizioni i inumane di vita come povertà, oppressione, discriminazione, mancanza d'istruzione, esclusione sociale, mancanza di cure mediche, oppure a causa di violenze, terrorismo e guerra.

Inoltre valgono per l'uomo integrale. L'uomo è più delle sue funzioni o delle sue capacità, più di ciò che possiede o di ciò che è in grado. Non è un « individuo » chiuso in se stesso, autosufficiente, ma è essenzialmente chiamato a crescere, diventando una vera « persona » umana, e quindi in relazione con le altre persone e con la convivenza delle persone. Le relazioni interpersonali non si possono cogliere in categorie materiali e calcolabili, ma ciò non toglie che si possa fare esperienza di questa realtà. Sono precisamente queste relazioni che rendono « umano » l'uomo. L'uomo non è soltanto un essere fisico, ma anche psichico, sociale e politico, culturale, morale, spirituale. È un essere vivente indivisibile, senza dualismo o riduzione. È appunto la _dimensione spirituale che costituisce l'uomo capace di completa crescita e realizzazione di sé, nel senso voluto da Dio e stimolato dal Suo Spirito.

L'uomo « integrale » comprende in particolare la relazione con il prossimo e con la realtà che ci trascende. Per questo motivo è auspicabile e necessario che a qualsiasi livello vi sia maggiore attenzione e cura per l'uomo in quanto « pneumaticos »  cioè in quanto essere spirituale. una questione di 'metapolitica'

Il problema del rapporto tra i valori ultimi e le decisioni politiche appartiene alla «  metapolitica  ». Esso trascende la competenza della politica. Non è la politica e nemmeno lo Stato di diritto democratico che fanno nascere i valori umani. essenziali. Questi valori non devono la loro origine e validità alla politica né allo stato democratico, devono però essere protetti e garantiti nello stato. Sono predeterminati con la stessa esistenza umana, sia a livello della singola persona che a livello dei rapporti interpersonali. Non spetta ai politici determinare quali sono i diritti della persona umana né a stabilire il loro contenuto. Come tutti i cittadini, essi sono chiamati a rispettare personalmente questi diritti e a farli rispettare, e ciò precisamente sulla base della funzione che loro è stata affidata in quanto politici. 

Benedetto XVI ripete lo stesso pronunciamento in un incontro con i partecipanti di un congresso del Partito Popolare Europeo (30 marzo 2006). « II tema principale degli interventi della Chiesa cattolica nel dibattito pubblico riguarda la protezione e la promozione della dignità della persona, ed essa dà particolare attenzione ad alcuni principi che non sono negoziabili ». Papa elenca poi alcuni di questi principi: il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, il riconoscimento e la promozione della famiglia come unità naturale dell'uomo e della donna basata sul matrirnonio, e la protezione del diritto dei genitori di educare i propri figli. E aggiunge: « questi principi non sono verità di fede, anche se dalla fede sono ulteriormente chiariti e confermati. Sono iscritti nella stessa natura umana e pertanto sono comuni all'umanità intera. L'inipegno della Chiesa per loro promozione non è legato alla fede, ma riguarda tutte le persone, senza distinzione di religione o di visione della vita. Da un altro lato, tale azione è tanto più necessaria, quando questi principi sono negati o compresi in maniera errata, poiché significa M questo caso una violazione della dignità della persona umana, e una seria infrazione della stessa giustizia ». '

La dignità della persona umana è incondizionata. I diritti umani riguardano valori che sono dati precedentemente a qualsiasi legislazione di uno qualsiasi Stato, e quindi precedentemente ad ogni decisione politica. Questo punto di partenza non è negato esplicitamente quasi da nessuno. Non è lo Stato che legittima i diritti umani, ma sono questi diritti che costituiscono lo Stato. promozione di consenso sui valori umani.

Il ruolo della religione non con.siste soltanto nell'incrementare la motivazione dell'agire etico a livello personale. Essa contribuisce anche a incrementare la riflessione sui valori comuni, che costituiscono la nostra motivazione per agire in senso comunitario, e dò anche in assenza di prescrizioni di legge. Tale riflessione riguarda l'immagine dell'uomo, la visione del mondo e i principi del bene e del male, come pure la connessione e l'ordine dei valori essenziali. Alcuni valori sono superiori rispetto ad altri, che sono relativi e che non devono mai essere trattati come se fossero assoluti. L'eccessiva accentuazione della libertà individuale va a scapito della responsabilità e della solidarietà.

L'apporto maggiore, specifico e maggiormente critico alla cultura e alla società consiste in ciò che la fede cristiana ancora i valori fondamentali in un rapporto trascendente cioè in un Dio Creatore e Redentore, che ha stabilito in Cristo un'alleanza d'amore con gli uomini. Ne scaturisce una visione dell'uomo e del mondo, che offre una coerenza nello spazio e nel tempo, e apre una prospettiva su una realtà che trascende la « ratio » e tutto ciò che è percepibile con i sensi. La consapevolezza religiosa che vi esiste un Dio, che è in ultima analisi garante contro l'arbitrio e la prepotenza da qualsiasi parte, costituisce una garanzia contro la dipendenza da maggioranze politiche alterne, contro compromessi relativistici, contro preferenze individuali e le illusioni del giorno, contro predominio economico e pragmatismo.

Senza tale  radicamento in Dio il principio della « human dignity » perde la sua forza inviolabile, come si è drammaticamente verificato sotto sistemi totalitari del nazismo e del comunismo nel secolo passato, e come purtroppo anche nel nuovo secolo di continuo si manifesta in massicce violazioni di diritti umani e nelle inumane condizioni di vita di milioni di persone nei continenti poveri. L'ancoraggio dei valori umani fondamentali è nell'esperienza di Dio della fede rivelata. Essi sono, infatti, precedenti all'esistenza umana e alla società umana, vale a dire: sono dati insieme con la natura umana com'è stata creata da Dio. 

necessità del dialogo

Il documento conciliare « Dignitatis Humanae » ha già insistito sulla necessità di un dialogo sincero, in cui gli uomini si aiutano reciprocamente nella ricerca della verità; su una duratura cooperazione nell'attuazione di ciò che è valore autentico e giustizia; su un effettivo impegno per rapporti pacifici e concordia nel mondo d'oggi. Il Concilio pone che l'urgenza di questo dialogo cresce. « E infatti evidente che tutte le genti si vanno sempre più unificando, che si fanno sempre più stretti i rapporti fra gli uomini di diversa cultura e religione e che cresce in ognuno la coscienza della propria responsabilità » (DH 15). Dopo quaranta ;anni possiamo soltanto constatare che l'urgenza di tale dialogo è ulteriormente accresciuta oggi, non soltanto a causa delle moderne tecniche di comunicazione, ma soprattutto :a motivo delle tensioni e dei conflitti, che in questo secolo sono sorti fra culture e religioni, fra Stati e organismi internazionali.

Anche se il dialogo interreligioso rientra in questo ambito, pare comunque più urgente e fruttuoso il dialo, go  interculturale. Lo ha esposto molto chiaramente il Papa Benedetto XVI nel suo incontro con le comunità islamiche, il 20 agosto 2005 a Colonia, durante le Giornate Mondiali della Gioventù. In quell'occasione ha fatto appello alla coscienza, come fattore prioritario rispetto alla religione. « Cari amici, sono profondamente convinto che dobbiamo affermare, senza cedimenti alle pressioni negative dell'ambiente, i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della pace. La vita di ogni essere umano è sacra sia per i cristiani che per i musulmani. Abbiamo un grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei fondamentali valori morali. La dignità della persona e la difesa dei diritti, che da tale dignità scaturiscono, devono costituire lo scopo di ogni progetto sociale e di ogni sforzo posto in essere per attuarlo. E questo un messaggio scandito in modo inconfondibile dalla voce sommessa ma chiara della coscienza. È un messaggio che occorre ascoltare e far ascoltare: se se ne spegnesse l'eco nei cuori, il mondo sarebbe esposto alle tenebre di una nuova barbarie. Solo sul riconoscimento della centralità della persona si può trovare una comune base d'intesa, superando eventuali contrapposizioni culturali e neutralizzando la forza dirompente delle ideologie ».

Secondo il Papa il dialogo deve essere basato sulla dignità centrale della persona, che è di là dei contrasti culturali e ideologici, in cui ci possono entrare anche le religioni. Il pensiero centrale del Papa è che il dialogo con l'Islam e con le altre religioni non deve essere tanto un dialogo teologico, ma piuttosto — in un quadro più ampio — un dialogo su valori morali, quindi piuttosto un dialogo tra culture e civiltà.

Tre condizioni sembrano indispensabili per giungere a un dialogo autentico e fruttuoso per la società.

È necessario, in primo luogo, un atteggiamento di autocritica. Nessuno, individuo o gruppo o comunità che sia, è in grado di realizzare tutti gli ideali della propria fede o cultura. Inoltre nessuno è proprietario della verità integrale, né a livello della percezione, né a livello dell'interpretazione. Ciò vale anche per la Chiesa. « La pienezza della verità in Gesù Cristo, non dà ai singoli cristiani la garanzia di aver assimilato pienamente tale verità. In ultima analisi, la verità non è qualcosa che possediamo, ma una persona  da cui dobbiamo lasciarci possedere. È un processo senza fine». (Pontif. Cons. Dialogo Interrelig. 2006)

Nessuna cultura è la migliore, neppure la « Leitkultur » [la cultura dominante] in un determinato paese: ogni cultura ha i suoi lati ombrosi, le sue lacune e le sue manifestazioni negative, che le persone provenienti da fuori percepiscono come deplorevoli, e persino come decadenti. Inoltre la storia insegna che nessuna cultura, religione o visione della vita è rimasta immune da interpretazioni errate o tendenziose dei propri libri sacri o delle proprie leggi, oppure abbia resistito alla tentazione di ricorrere alla violenza per imporre le proprie concezioni di fede o espressioni culturali. « Pertanto, non soltanto nel dialogo con gli islamici, ma anche nella riflessione critica su se stessi — elemento costitutivo di ogni. vita religiosa — le Chiese e i cristiani segnaleranno e riconosceranno anche le tendenze alla violenza nella propria storia ». Secondo l'esempio della confessione di colpa della Chiesa Cattolica, pronunciata da Giovanni Paolo II a Roma nella Quaresima dell'anno Giubilare 2000. (135: Card; Lehmann, 2006)

Un'esigenza assoluta per l'adempiersi di questa condizione è la reciprocità ossia la disponibilità di tutti i partner del dialogo — a qualunque visione della vita essi aderiscano — di praticare questa capacità dell'autocorrezione. In questo modo si possono evitare due impedimenti del dialogo: il sentimento di superiorità di un gruppo rispetto all'altro, e ogni possibile forma di fondamentalismo a spese di coloro che la pensano diversamente.

Inoltre è necessario che i partner siano aperti verso gli  elementi positivi presenti in altre culture o religioni. Un dialogo costruttivo non tende soltanto verso il rispetto e la comprensione degli altri partner del dialogo, ma anche verso il reciproco arricchimento e la complementarità.

« Pur mantenendo intatta la loro identità, i cristiani devono essere disposti a imparare e a ricevere dagli altri e per loro tramite i valori positivi delle loro tradizioni. Così, attraverso il dialogo possono essere condotti a vincere i propri pregiudizi inveterati, a rivedere le ídee preconcette e ad accettare a volte che la comprensione della loro fede sia purificata »336 ( pori t . Cons. Dialogo, 2006)

Non ci può essere, quindi, un movimento in senso unico, nel senso di una rigida integrazione nella cultura dominante, ma piuttosto un processo di partecipazione e arricchimento con il contributo di altre culture e dello sforzo comune per giungere a una cultura superiore e migliore.

Infine è indispensabile l'impegno comune per il bene  comune, nella consapevolezza che il « common good » non sia la somma degli interessi particolari o parziali delle diverse entità culturali o religiose. Il bene comune è al di sopra di questi interessi e non può essere equiparato con l'interesse o con la visione di uno solo di questi raggruppamenti o partiti nella società. Il bene comune può e deve relazionare tra loro gli interessi particolari, realizzare un equilibrio tra loro, perciò può anche, se necessario, richiedere dei sacrifici, certamente da parte dei più benestanti o influenti in favore dei più. poveri e vulnerabili.

Lo scopo del dialogo interculturale riguarda la convivenza umana e umanizzante fra persone / gruppi di differenti culture e religioni, dei quali parecchi sino a poco tempo fa erano sconosciuti in Europa. In che maniera tali minoranze possono partecipare come concittadini a pieno titolo nella società europea?

In tutto ciò la prospettiva non può essere limitata al solo livello nazionale, ma dovrà anche avere delle conseguenze per il livello internazionale e mondiale.

Il frutto sia del dialogo interculturale che del dialogo tra fede e politica consiste nel fatto che la comunità internazionale, attraverso uno sforzo comune, giunge a valutare correttamente i valori fondamentali universalmente validi, come risposta ai problemi e alle nuove sfide di questo tempo.