Vescovo cattolico, Italia
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Mai come in questo mondo materialista e dominato dalle leggi del mercato, in cui ogni giorno istintivamente seguiamo l’altalena dello spread e delle borse in preda alla speculazione, si sente la mancanza di qualcosa di essenziale, di un approdo sicuro che dia una svolta non solo all’economia, ma all’umanità, rendendoci tutti almeno più umani. Ma quale umanesimo? Non possiamo certo negare che sia esistito e possa esistere un umanesimo senza Dio, ma da credenti ci rendiamo conto quanto l’’animo umano faccia fatica a trovare la vera dimensione di se stesso prescindendo da Dio, da una presenza altra, che interroga l’uomo e la donna ponendo con la sua presenza la domanda essenziale del vivere e del convivere: qual è il nostro destino? Quale il nostro futuro? Quale la risposta al male in genere, e soprattutto al male peggiore e invincibile che è la morte? Si possono dare risposte convincenti e vere a questa istanze senza fondarle in Dio? Veniamo da un secolo nel quale ideologie profondamente atee, ammantate di religioso, hanno esaltato l’uomo fino a farlo padrone assoluto della storia. Ma anche un umanesimo ateo ha innalzato l’uomo a unico soggetto e artefice di stesso e della storia. Ha scritto Joseph Ratzinger pochi giorni prima di essere eletto Papa: “La vera contrapposizione che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra le diverse culture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomo da Dioi, dalle radici della vita, da una parte, e le grandi culture religiose dall’altra. Se si arriverà a uno scontro delle culture, non sarà lo scontro delle grandi religioni – da sempre in lotta le une contro le altre ma che, alla fine, hanno sempre saputo vivere le une con le altre – ma sarà per lo scontro tra questa radicale emancipazione dell’uomo e le grandi culture storiche” (L’Europa di Benedetto nella creisi delle culture, Bologna 2005, p. 53).
“Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra”, canta in un salmo un uomo mentre sale a Gerusalemme tra strade oscure e insicure (Sl 121,1-2). In questo senso Dio è venuto tra noi attraverso la sua parola, per noi cristiani pienamente manifestata in Gesù di Nazareth, proprio per rivelarci non solo il suo essere, ma il nostro in rapporto a lui, e quindi per farsi trovare da noi, cosicché possiamo ritrovare noi stessi e non perderci. Scrive Heschel: “La Bibbia non è la teologia di Dio, ma l’antropologia di Dio, che si occupa dell’uomo e di ciò che egli chiede, più che della natura di Dio”. Dio si rivela qual’è nel suo rapporto con l’uomo e nella sollecitudine per noi. Oggi l’esaltazione dell’individuo sta cambiando nel profondo la struttura stessa dell’essere umano, che è un essere in relazione, capace di misurarsi con gli altri e di vivere con gli altri. La realizzazione di se stessi non può avvenire né senza gli altri né tanto meno contro gli altri. L’antica narrazione biblica dei primi capitoli del libro della Genesi ci descrive come un mondo in cui l’essere umano si vuole ergere a padrone assoluto del proprio destino genera solo divisione e violenza e conduce la creazione alla distruzione. Leggendo attentamente la storia odierna, con le sue guerre, le povertà crescenti, la sistematica distruzione della natura, la violenza diffusa, le ingiustizie, non stiamo costringendo la creazione a ribellarsi all’opera dell’uomo e alla sua volontà di dominio? L’orgoglio originale, insito nel cuore dell’uomo, che prende avvio dal suo rifiuto di ascoltare Dio, diventa matrice di disumanità e principio di un processo di distruzione. La vicenda di Caino e Abele è solo l’inizio della storia di uomini che non sanno accettare di vivere con chi è diverso, altro da sé, perché si sono rifiutati di accogliere nella loro vita l’umanità di quel Dio che voleva il loro bene, dopo aver voluto la loro vita.
La ricerca di Dio nasce da una coscienza umile di se stessi, non orgogliosa, non padrona, non autosufficiente, quella di una donna e di un uomo che riconoscono i loro limiti, sanno quindi stupirsi davanti al mondo e agli altri, che imparano a leggere la storia non a partire da un io solitario, che si definisce non con gli altri ma senza, e talvolta contro gli altri. I primi capitoli della Bibbia sono un’ardita riflessione che cerca di rimettere in sesto un’umanità che pian piano ha perso il senso di Dio e di conseguenza il senso degli altri, perché l’essere umano si è “innalzato” pensando di poter essere come Dio. La scelta di fare a meno di Dio conduce all’eliminazione del fratello, gesto che genera una violenza incontrollabile…. Proprio all’inizio del racconto del diluvio è Dio stesso che constata come la violenza dominava ormai la terra.
Il racconto della creazione di Gen 1,1-2,3 (4a) propone infatti un’idea dell’universo tipica della riflessione sapienziale: la creazione non è solo l’origine degli esseri inanimati e animati del cosmo, ma è soprattutto la loro messa in ordine. Esiste un ordine del cosmo che è parte integrante della creazione come processo in atto. Essa si configura come ordine di elementi contrapposti introdotti nel cosmo mediante separazione. La luce è separata dalle tenebre, il giorno dalla notte (I e IV giorno), le acque superiori da quelle inferiori mediante il firmamento (II giorno). La separazione, all’origine dell’ordine cosmico, è uno dei perni del processo creativo. Essa si ritrova nel quarto giorno, collocato illogicamente al centro della struttura dei sette giorni, poiché proprio nel riconoscimento dell’opera di Dio la creazione si realizza (è lo sabba ebraico, la domenica dei cristiani). All’ordine cosmico corrisponde un ordine anche all’interno degli esseri viventi, secondo cui l’uomo è chiamato a dominare sul regno animale, e un ordine etico nel rapporto tra uomo e Dio e uomo-uomo. Il diluvio non è che la manifestazione cosmica di un disordine che è originariamente etico: “vide pertanto il Signore che grande era la malvagità dell’uomo sulla terra e il proposito del loro cuore era volto al male ogni giorno” (6,5; cf. 6,11-13). La decisione divina è prima che un castigo una constatazione: “E’ venuta la fine di ogni vivente davanti a me perché la terra è piena di violenza a causa loro” (6,13). Il disordine etico provoca il disordine cosmico: le acque superiori si uniscono a quelle inferiori provocando quella fine della vita già insita nel comportamento dell’uomo. E’ l’anticreazione. Il diluvio non è altro che la manifestazione cosmica di un processo anticreativo a livello etico. Gli elementi opposti si mescolano e travolgono la vita.
“Dio si pentì di aver fatto l’uomo” - La reazione divina alla malvagità umana è espressa mediante un sentimento (“pentimento”) e una decisione (“cancellerò”). Esiste in Dio una volontà di male nei confronti dell’uomo e del cosmo? Immagini di un Dio dai tratti violenti popolano il Primo Testamento. Qui Dio di fronte al male “si pente” di aver creato l’uomo, di aver dato inizio a una storia dalle conseguenze disastrose sul piano etico. Di fronte al male Dio reagisce. Altre volte la reazione divina è espressa dall’ira, definita da Heschel “la fine dell’indifferenza”. Il pentimento di Dio per un’azione che ha portato al male assieme alla sua ira sono innanzitutto l’espressione di una profonda dissociazione di Dio dal male, che in questo caso ha intaccato tutta la creazione come un processo irreversibile. Ciò porta Dio alla decisione di eliminare ogni essere vivente. L’intenzione divina è di ricominciare ritornando alla decisione originaria; essa nasce da un’opposizione al male messo in atto all’interno della creazione. La domanda tuttavia rimane aperta: si tratta di un castigo, di una punizione divina? Direi che la decisione di Dio manifesta il processo anticreativo innescato dall’uomo, a cui Dio si oppone nell’intento di ricostruire l’ordine cosmico.
L’intenzione divina è chiara nella scelta di Noè, “che trovò grazia davanti a Yhwh” perché uomo giusto, unico che prende le distanze dalla “malvagità” degli uomini. Con il diluvio si torna al caos primordiale, originato dal caos etico di un mondo senza Dio. Dio interviene rinnovando la benedizione che aveva dato inizio alla storia umana (“perché cresciate e vi moltiplichiate sulla terra”: Gen 8,17; cf. Gen 1,22.28; 9,1-9), perché si ricostituisca l’ordine della creazione. La benedizione del capitolo 9, che segna un nuovo inizio nella storia umana, racchiude una norma etica che salvaguarda la vita dell’uomo dal tornare nel caos. Il testo ribadisce l’idea dell’uomo fatto a immagine di Dio (9,6), fondamento di un umanità che non si può arrogare il diritto di uccidere. Sembra che il testo consideri questa norma come condizione essenziale perché si mantenga l’ordine e la pace cosmica e veda nell’uccisione di Abele l’inizio del caos cosmico. La vita è nelle mani di Dio, perché l’uomo è fatto a sua immagine. Nessuno può eliminare il suo simile. Solo nella salvaguardia di questa norma si realizza la benedizione divina espressa nel comando “crescete e moltiplicatevi”. La storia umana si realizza non solo nella generazione, ma nella salvaguardia della vita.
Il patto tra Dio e Noè sancisce il nuovo ordine della creazione ed è una promessa di pace per l’uomo e per il creato. Per la prima volta in Genesi appare il termine be rit (6,18). Il patto ha qui il carattere di una promessa unilaterale di vita da parte di Dio. Esso è una garanzia del nuovo ordine cosmico ed etico, segna il nuovo corso della storia umana. Questo patto ha alcune caratteristiche: a) Il patto è con Noè, con tutti gli uomini e anche con gli altri esseri viventi. Dio si impegna nella storia a salvare l’uomo; b) Questo patto implica la decisione di non distruggere più l’uomo (vv.11.15); c) Esiste un segno del patto: “l’arco nelle nubi” (vv.13-16). Un’arma, l’arco, è posto come segno di pace. L’alleanza divina elimina, anzi trasforma un segno di guerra in segno di pace. Questa è la volontà di Dio sul mondo e sulla storia. Questo è, potremmo dire, il volto umano di Dio quale si rivela a Israele e all’umanità. Per questo l’uomo, solo se cerca Dio, ritrova se stesso.
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