Movimento “Genti di Pace”, Italia
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Con vero piacere prendo la parola in questo Panel dell’Incontro internazionale Uomini e Religioni promosso dalla Comunità di Sant’Egidio.
Il tema scelto per questa conferenza mi coinvolge molto. Faccio parte infatti di una minoranza religiosa comparsa in maniera più consistente negli ultimi 50 anni in molti paesi europei. Sto parlando dell’Islam, sono una donna musulmana credente, sono una cittadina europea in particolare sono italiana e sono una figlia della globalizzazione, come molti immigrati presenti in Europa e in altri contesti mondiali.
Provengo da un paese dove le minoranze religiose quasi non esistono e dove la maggioranza è musulmana, la Somalia.
La Somalia, per quel poco che è rimasto del mio paese, è mono-religioso, i cristiani vengono da fuori, i missionari e gli ebrei non esistono proprio.
L’emigrazione per me, ma qui credo di interpretare i sentimenti di molti miei amici immigrati, è stata una grande scoperta: una dimensione religiosa plurale diversa che convive su uno stesso territorio. Prima di arrivare in Europa oltre 20 anni fa ero convinta che l’unica religione del mondo fosse l’islam, sentivo ogni tanto dire che c’era la religione dei figli di Maria, in Europa ho capito che si trattava dei cristiani.
Vorrei soffermarmi a descrivere quali sono le minoranze religiose in Europa ma con una attenzione all’Italia che conosco da vicino.
L’Europa ha visto crescere la presenza di diverse religioni sul suo territorio grazie all’arrivo dei cittadini stranieri provenienti da molti paesi del mondo. L’emigrazione porta non solo braccia ma anche culture, modi pensare e religioni diverse.
Si stimano in Europa circa 6 milioni di musulmani provenienti da popoli diversi. Le nazionalità più numerose sono i turchi, i marocchini e i pakistani.
L’Italia si inserisce pienamente nel contesto europeo con la peculiarità di avere una notevole molteplicità di nazionalità e quindi anche molte culture e religioni diverse. I Musulmani in Italia sono il 30% degli immigrati, circa 1 milione e trecentocinquantamila persone provenienti da 66 paesi.
Pensando solo alla mia religione è necessario affermare che ci sono vari modi di vivere la stessa religione, c’è differenza tra un musulmano del Bangladesh e uno del Senegal. Le preghiere sono le stesse ma spesso poco ci si comprende quando si ascolta la spiegazione del Corano, l’arabo non è la lingua di tutti i giorni e non tutti coloro che conoscono il Corano sanno l’arabo. Spesso le omelie del venerdì nelle moschee o nelle sale di preghiera a Roma sono in italiano che è la lingua di comunicazione. Si comincia ad intuire come piano piano avvengono delle modifiche che si stabiliscono in una convivenza tra diversi in uno stesso territorio.
La prima volta che ho sentito pregare in arabo dei cristiani, i siro ortodossi, quasi 10 anni fa mi sono spaventata, ho pensato com’è possibile che pregano in arabo, ho pensato quasi che era un peccato, ero profondamente convinta che in arabo potevano pregare solo i musulmani, per mia fortuna ho avuto vicino gli amici della Comunità di Sant’Egidio che mi hanno spiegato che i cristiani arabi erano presenti in Medio Oriente prima dei musulmani e parlano l’arabo da molti secoli. Questo per testimoniare fin nei piccoli particolari quanta incomprensione può crearsi se si è chiusi e non si comunica e quanto invece è importante conoscere.
Globalizzazione e cultura
Ho voluto partire dalla mia esperienza personale, che ritengo condivisa con molti per arrivare a parlare della globalizzazione.
Dalla mia prospettiva far parte di una minoranza ritengo sia una grande opportunità e allo stesso tempo la globalizzazione una grande chance per il mondo. Lo penso sottolineando l’importanza dell’emigrazione come un valore che spinge ad uscire da un contesto conosciuto per andare verso l’ignoto. Vivere in un mondo che è in continuo movimento e cambiamento può provocare una reazione di paura e di chiusura. Essere disorientati e trovarsi con valori non condivisi, con consuetudini diverse, fossero solo i cibi e le abitudini alimentari. Nonostante le difficoltà che si possono incontrare nella vita quotidiana, nell’emigrazione c’è qualcosa di estremamente positivo: il confronto continuo con il diverso. E’come uno stimolo costante a rimettersi in gioco, a modificarsi nel confronto. Cambiare non vuol dire perdere le proprie radici culturali e religiose ma significa al contrario valorizzarle, ricomprenderle e arricchirle. In questo io ho avuto un grande aiuto che è stato l’incontro con alcuni amici della Comunità di Sant’Egidio attraverso la scuola di lingua e cultura italiana. Negli anni ho compreso l’importanza del rispetto, della tolleranza verso tutte le religioni e verso tutti. Ho appreso anche la vicinanza spirituale verso mondi diversi. Mi sono ritrovata con gli stessi valori, a condividere sentimenti, idee, che mi hanno reso una donna libera. Sono giunta in Italia con l’idea che tutti potevano convertirmi, che dovevo essere attenta a tutto. Racconto sempre la paura di tutti i musulmani di entrare in una chiesa perché convinti di essere convertiti per il solo fatto di entrare nel luogo fisico dei cristiani. Oggi sono fiera e orgogliosa di dire che sono una musulmana di Sant’Egidio. Ho appena finito il Ramadan. Vivo con molti altri lo Spirito di Sant’Egidio mi ritrovo ogni anno come una cercatrice di Pace nelle preghiere per la Pace. A Roma sostengo l’incontro, la conoscenza con tanti poveri. Favorisco e sostengo la comprensione tra diversi attraverso Genti di Pace. Mi ritrovo spesso a parlare con chi giunge per la prima volta in Italia e ha paura. Spiegare, sostenere o rassicurare è molto importante.
Attraverso l’amicizia con tante persone diverse ho conosciuto mondi religiosi diversi anche dal mio piccolo universo culturale, penso ai Sick provenienti dall’India che vivono in Italia. Per la prima volta ho visitato un tempio nelle vicinanze di Roma.
Ma tra le scoperte più interessanti che ho vissuto è stato l’incontro con altre minoranze storiche presenti in Italia penso agli ebrei e ai rom.
Gli ebrei, se mio padre mi vedesse come sono in amicizia con alcuni ebrei romani e con il rabbino, resterebbe sorpreso e anche preoccupato, ma non importa. Ho appreso la storia di sofferenza che ha accompagnato la vita di tante famiglie ebree , ho visitato i campi di concentramento in varie occasioni. Ho con piacere visitato diverse sinagoghe anche con altri musulmani. Mi ha sorpreso vedere la sedia della circoncisione e ritrovare nella religione dei gesti simili. Ho visitato Gerusalemme e ho visto il Muro del Pianto. Gli ebrei sono una importante minoranza europea che fa parte della storia dell’Europa, allo stesso tempo gli ebrei sono anche gli artefici della Pace che l’Europa sta vivendo da molti anni. Vedo con molta preoccupazione gli episodi di violenza che in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia ritornano ad emergere. Solo pochi mesi fa è avvenuto il tragico episodio a Tolosa dove un musulmano ha ucciso degli ebrei. E’ necessario ritrovarsi solidali e resistere al male che ci vorrebbe separati e nemici. Ogni volta che c’è un brutto episodio nei confronti di una minoranza esprimo la mia personale e comune solidarietà.
Rom, Sinti
I rom e sinti sono la più numerosa minoranza europea, alcuni dicono che sono i veri europei perché non hanno una loro terra di appartenenza. Noi somali siamo i nomadi africani, il mio cognome in somalo significa nomade, forse originariamente la mia famiglia era nomade. Sono molto felice di essere a Sarajevo per molti motivi uno di questi è anche quello di conoscere finalmente la terra dei miei amici rom bosniaci che da anni ho conosciuto. I rom sono tra le minoranze i più disprezzati e i meno amati ma vedere i bambini, la loro simpatia e la loro povertà è qualcosa che chiede a me e ad ognuno di noi di difendere la loro esistenza e i loro diritti. La minoranza rom non ha mai ottenuto alcun riconoscimento culturale da parte dei governi, spesso sono messi all’indice e invitati a lasciare il territorio ove stanziano. Molte sono state le azioni intraprese dai governi, rimpatri dietro compenso economico, o dai comuni locali, decentramento dei campi nomadi dalle città in luoghi periferici e malsani, per favorire l’abbandono del territorio.
La diffidenza verso queste comunità è molto diffusa e comune a tutte le nazioni europee e a tutti gli strati sociali delle popolazioni che le compongono. Penso che è mio dovere aiutare e sostenere la minoranza rom. I rom sono pacifici non hanno mai fatto la guerra, e anche nella guerra della Ex-Yugoslavia si sono rifiutati di combattere. I primi rifugiati giunti in Italia nel 1991 furono i Rom bosniaci giunsero con i miei fratelli somali che scappavano nello stesso anno dall’inizio della guerra.
- E’ possibile vivere insieme mi piace dirlo qui in questa città che sofferto per la guerra e per le divisioni. E’ importante dirlo oggi con forza e sostenere la bellezza delle minoranze come una possibilità di convivere in pace e di ritrovarsi costruttori di una nuova Europa, cristiani, ebrei, musulmani e le altre religioni.
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