Orthodox Metropolitan Bishop, Romanian Patriarchate
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Ringrazio gli organizzatori del nostro incontro, la Comunità di Sant’Egidio, per il tema ispirato di questa tavola rotonda: « Cercare Dio per ritrovare l’uomo». Questo sintagma esprime bene una verità fondamentale della fede cristiana, e, credo, di ogni religione. Poiché Dio e l’uomo sono intrinsecamente uniti, non si può separarli : chi cerca Dio ritrova l’uomo e chi si interessa veramente all’uomo scopre in lui il mistero di Dio. Essendo creato « a immagine e somiglianza di Dio », l’uomo racchiude in sé il mistero di Dio stesso ; per questo l’uomo si rivela, si lascia conoscere solo nella misura in cui noi conosciamo Dio, il suo Prototipo, cioè nella misura in cui abbiamo « un’esperienza di Dio ». Qui sottolineo con forza « esperienza di Dio » perché Dio non è soggetto di conoscenza intellettuale o razionale, disincarnata, ma di un’esperienza mistica, esistenziale, che si fa nella preghiera e nella contemplazione. Del resto nel linguaggio biblico « conoscere » significa unirsi alla persona che si vuole conoscere. Così, solo nella misura in cui noi ci avviciniamo a Dio grazie a questa esperienza mistica, ci avviciniamo anche all’uomo, lo conosciamo dall’interno, in maniera esistenziale. E questo ci fa prendere coscienza che siamo di fatto uniti ad ogni uomo, a tutta l’umanità che vive in noi. L’uomo è un microcosmo che ricapitola in sé tutta l’umanità e tutto il creato. Tutto vive nel nostro cuore purificato dalla preghiera e dall’ascesi : gli umani, gli animali, le piante, i minerali, l’universo con le sue galassie e metagalassie. Niente ci è estraneo. San Paolo descrive bene questo mistero quando dice : « Siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri» (Romani 12, 4). E anche : « Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane.» (I Corinzi 10, 17). E ancora : « Se il piede dicesse: «Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo.» (I Corinzi 12, 15). Il grande mistero dell’unità si realizza quindi in colui che è unito a Cristo e fa un tutt’uno con Lui.
Tuttavia il peccato ci impedisce di vivere realmente il mistero dell’unità ontologica di tutta l’umanità e di conoscere l’uomo così com’è. Il peccato, soprattutto quando si ripete e diventa passione, sfigura l’uomo, lo degrada e infine lo distrugge. Il peccato rompe o falsifica la comunione con gli altri e rinchiude l’uomo in se stesso, in un universo irreale, menzognero. L’uomo egoista, schiavo del denaro e dei piaceri di questa vita, trasforma anche gli altri in oggetti o mezzi per soddisfare i propri interessi. E questo appunto perché l’uomo non cerca più Dio, dimentica Dio o si mette lui stesso al posto di Dio. Che è l’estrema follia !
In opposizione all’opera dello Spirito che è la realizzazione dell’unità e dell’armonia interiore, l’opera del diavolo, « padre della menzogna » (ed ogni peccato è una menzogna, una irrealtà che si crede reale, una falsa meta) è proprio distruggere ogni unità, seminare la discordia, il turbamento. Così il cuore, in cui si ricapitolano tutte le potenze psicofisiche dell’essere umano, scoppia e si disperde ; non trova più la pace e non è più capace di sperimentare l’amore che lo lega a tutta l’umanità.
Questo è il motivo per cui tutta la vita cristiana è una lotta per purificare il cuore da ogni passione, affinché la grazia possa agire in tutta libertà e realizzare in noi l’unità interiore sinonimo di santità. E’ prima di tutto una lotta per la preghiera. Perché pregare non è sempre facile, proprio a causa della dispersione del nostro spirito preso dalle preoccupazioni di questo mondo. Facciamo spesso l’esperienza disgraziata della dispersione dello spirito durante la preghiera, e ciò impedisce all’intelletto di scendere nel cuore. Non dimentichiamo che lo spirito o l’intelletto (il nous) è un’energia del cuore, e che trova riposo solamente quando « scende nel cuore » mediante la preghiera. Una preghiera puramente intellettuale, che non impegna il cuore per diventare progressivamente una « preghiera del cuore », resta una preghiera superficiale. Una tale preghiera non ha la forza di trasformare l’uomo, di pacificare il suo cuore, di renderlo sensibile per sentire gli altri vivere in lui.
Anche la lotta dell’ascesi è legata alla preghiera, perché nessuno può pregare con il ventre pieno, dicono i Padri. Bisogna digiunare, bisogna condurre una vita sobria in tutto, per avere la buona disposizione di pregare. Altrimenti lo spirito si disperde nelle cose esteriori e si attacca ad esse, o scende nei sensi e accende le passioni carnali.
Anche lottare contro le cattive passioni che ci assalgono senza sosta fa parte del combattimento per la purificazione del cuore. L’apostolo Paolo ci esorta a lottare contro le nostre passioni fino al sangue. « Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato» (Ebrei, 12,4). Così la lotta ascetica, sostenuta dalla grazia, per la preghiera e la purificazione del cuore da ogni passione cattiva è assolutamente necessaria per ritrovare la libertà interiore e l’unità con i nostri fratelli e sorelle nell’umanità.
Possiamo concludere tornando al titolo di questa tavola rotonda: colui che cerca Dio, trova l’uomo, colui che è unito a Dio è unito anche all’uomo, ad ogni uomo. Non c’è vera comunione tra gli uomini, se non c’è comunione con Dio che è Amore e fonte d’amore per gli uomini. Solo i cuori purificati dalla grazia e dall’ascesi diventano una cosa sola con l’umanità intera e prendono su di sé le gioie e le sofferenze di tutti gli uomini.
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