''Il vostro impegno è un’ispirazione ed un incoraggiamento per tutti coloro che sentono il compito di rendere questo mondo un luogo di pace''. Così Frank Walter Steinmeier, nella visita di questa mattina a Sant’Egidio, dopo l’udienza in Vaticano con Papa Francesco.
Il Presidente della Repubblica Federale Tedesca si è rivolto alla Comunità dopo un lungo colloquio con Andrea Riccardi e il presidente Marco Impagliazzo, sui temi della pace, del processo di unificazione europea, dei migranti e delle povertà in Europa e in Africa.
Nel suo saluto Impagliazzo ha ricordato l'amicizia e la collaborazione tra la Germania e Sant'Egidio, "una Comunità di uomini e di donne, credenti ed impegnati che vuole essere innanzi tutto una famiglia per i senza famiglia". (leggi l'intervento), mentre Steinmeier ha sottolineato l'importanza di una vicinanza umana per risolvere questioni politiche anche complesse. (Leggi l'intervento)
Come già in occasione della visita della cancelliera Merkel, il servizio al rinfresco offerto agli ospiti è stato gestito dalla Trattoria degli Amici, il ristorante gestito dalla Comunità di Sant'Egidio dove lavorano persone con disabilità, che alla fine Steinmeier ha voluto salutare e ringraziare. (Nella foto)
Questa visita segue di poche settimane l’incontro internazionale per la pace organizzato da Sant’Egidio in Germania, nelle città di Münster e Osnabrück, - dove, tra gli altri, era intervenuta la cancelliera Angela Merkel - e viene a consolidare l’ormai collaudato rapporto di collaborazione tra la Germania e la Comunità di Sant'Egidio in diversi campi, dall’impegno per la pace al dialogo interreligioso fino ai progetti di cooperazione per l’Africa nei settori della sanità, della registrazione anagrafica e del contrasto alla povertà.
TESTI
Le parole del Presidente Frank Walter Steinmeier a Sant'Egidio
Lei, sig. Presidente Impagliazzo, ha detto che non vogliamo congedarci dalla storia come europei, e sono molto d’accordo. Ma io non volevo congedarmi da Roma senza visitare la Comunità di Sant’Egidio. Nei miei anni nella politica estera siamo stati fortemente uniti e sono quindi ancora più grato dell’occasione di poter parlare con voi e onorare il lavoro esemplare e importante della Comunità di Sant’Egidio per la pace.
Qualche settimana fa nella stampa tedesca, in occasione dell’incontro internazionale per la pace, che la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato quest’anno a Münster e Osnabrück, si è parlato delle “Nazioni Unite di Trastevere”. E’ un paragone secolare, ma allo stesso tempo molto cogliente: gli scopi della Carta delle Nazioni Unite – Pace e sicurezza internazionale, prevenzione di conflitti, risoluzione di contenziosi internazionali, sviluppo di rapporti amichevoli e alla pari tra popoli e nazioni, e cooperazione internazionale per la risoluzione di problemi economici, sociali, culturali e umanitari -, questi sono scopi che si è posta anche la vostra Comunità.
Con incrollabile ottimismo e impegno concreto portate avanti da decenni il vostro lavoro per la pace –in genere lontano dall’attenzione mediatica e pubblica– e proprio per questo in modo così efficace. Ma non sareste efficaci senza la vostra tenacia, che è necessaria, se si vogliono vincere estraniamento e inimicizia. Il quadro dietro di me ci ricorda l’accordo di pace, firmato in questa sala, la sala della pace, il 4 ottobre 1992, che ha messo fine alla guerra civile in Mozambico. Il successo di questa mediazione chiarisce quanto siano importanti organizzazioni come la vostra – quanto siano importanti in genere le organizzazioni ecclesiali – nei rapporti internazionali. Non è scontato. E ancora molti non l’hanno compreso. Ma proprio lì dove non riesce la politica, a voi riesce di essere percepiti dalle popolazioni come realtà al di sopra delle parti e credibile, lì aprite spazi e possibilità per la riconciliazione, che appartengono alle cose migliori che la diplomazia può fare. Proprio in tempi in cui le religioni vengono coinvolte e strumentalizzate per motivare scontri, inimicizia e violenza, le comunità religiose sono particolarmente chiamate ad essere all’altezza delle loro responsabilità di pace. La Comunità di Sant’Egidio lo fa da decenni nel suo modo silenzioso, ma tanto efficace ed esemplare.
A questo lavoro per la pace appartiene il dialogo con e tra le Chiese a livello mondiale, così come lo scambio fiducioso su questioni che ci riguardano tutti e condizioneranno la nostra vita futura. Non penso solo ai cambiamenti climatici e alla distruzione dell’ambiente, ma anche alle ondate migratorie provocate da sottosviluppo e povertà. Un tema centrale nei dibattiti politici europei. Un dibattito che ha contribuito a cambiare l’Europa, non certo in meglio. Questo mi preoccupa molto. Organizzazioni con un fondamento religioso possono rendere possibile un discorso che coinvolga tutta la società in questioni che invece spesso polarizzano e hanno il potenziale di dividere le società.
Vi sono particolarmente grato per il vostro impegno nella questione dei rifugiati, animato da una ragionevolezza concreta e da solidarietà. Con l’apertura dei corridoi umanitari avete mostrato una via, che permette a molti tra i più deboli nel mondo, di ottenere protezione e accoglienza in Europa, senza che debbano consegnarsi nelle mani di trafficanti di uomini senza scrupoli. Anche la Germania, negli scorsi anni, ha permesso, attraverso programmi di accoglienza nei Land, un ingresso legale in Germania a quasi 50.000 persone. Ciò che caratterizza in modo particolare i vostri corridoi umanitari è il forte accompagnamento dei profughi una volta accolti. Attraverso il vostro programma di sponsorship si assicura l’accompagnamento con successo all’integrazione. Questo è un modello, dal quale noi in Germania possiamo imparare.
Della diplomazia si dice spesso che si muove in sfere astratte. Voi siete il miglior esempio del contrario. Un motivo per il successo del lavoro per la pace di Sant’Egidio è senza dubbio la vicinanza alle persone. Fin dall’inizio, quando avete cominciato ad occuparvi dei bambini di quartieri poveri con le “scuole della pace”, avete acquistato una sensibilità per ciò che opprime e intimorisce gli uomini e le donne. Voi, come pochi altri, comprendete dove gli uomini e le donne attingano nuova speranza e trovino la capacità di superare fossati di sfiducia e vecchie inimicizie. Al centro di ogni negoziato nel vostro lavoro per la pace c’è una dimensione tutta personale e molto umana. Ciò ci ha nuovamente uniti anche nel sostegno al processo di pace in Colombia
Per questo dico anche per esperienza personale: questo potenziale di pace scaturito dalla vicinanza ad ogni persona è degno di grande considerazione in ogni suo aspetto. Il vostro impegno è un’ispirazione ed un incoraggiamento per tutti coloro che sentono il compito di rendere questo mondo un luogo di pace
Vi ringrazio per il vostro impegno grande ed importante. Mi auguro che anche nel mio nuovo ruolo restiamo in contatto e naturalmente ringrazio anche della vostra ospitalità oggi.
Saluto di Marco Impagliazzo al Presidente Steinmeier
Signor Presidente, Signora Büdenbender,
cara signora Schavan e caro signor Steinlein,
Benvenuti in questa casa dei poveri, della pace e della preghiera, dove chi aiuta e chi è aiutato si confondono e diventano un solo abbraccio. Una casa di amicizia dove siamo lieti di accoglierla in nome dell’amicizia tra Sant’Egidio e la Germania, molto cresciuta in questi anni. Il nostro auspicio è che tale nostra alleanza si ponga obiettivi ambiziosi per l’Europa, per l’Africa, per il mondo.
Sant’Egidio è casa di pace. In questa sala della pace dove l’accogliamo si è lavorato per la pace in Mozambico firmata proprio 25 anni fa, il 4 ottobre 1992. Successivamente in tanti sono venuti da molto lontano per cercare strade di una pace perduta, e pazientemente ripercorrerle. Ne sono nati accordi politici ormai noti nella diplomazia internazionale, come lei ben sa per la sua esperienza di Ministro degli Esteri.
Sant’Egidio è anche uno spazio di libertà per chi è straniero. Sappiamo quante polemiche solleva oggi in Europa l’arrivo di rifugiati e migranti. Qui abbiamo cercato –controcorrente allo zeitgeist contemporaneo- di creare e ricreare concretamente la culture del convivere, che è il nostro comune destino. Qui abbiamo pensato e lanciato i corridoi umanitari, una ragionevole e realistica soluzione ad un problema del nostro mondo.
In Europa, nonostante la grande evoluzione politica, sociale ed economica del continente molti hanno paura. Come lei ha dichiarato: “sono sorti nuovi muri, meno visibili, senza filo spinato. Muri sono l'estraniamento, la delusione e la rabbia. Dietro questi muri viene alimentata la diffidenza profonda nei confronti della democrazia e dei suoi rappresentanti".
La democrazia è sfidata mentre la maggioranza dei nostri concittadini teme il futuro e la storia. Molti iniziano a pensare che la democrazia sia troppo debole mentre nuovi modelli autoritari paiono avere successo. Ma le democrazie europee sono nate nella fornace della guerra, grazie ad immensi sacrifici fatti dai nostri padri e oggi l’Unione deve rappresentarle con più forza e ambizione. La stessa costruzione europea sembra infatti divenuta poco convincente, tutt’al più un’operazione tecnocratica con alcuni meriti, ma che non fa sognare. Come diceva il prof. Andrea Riccardi durante la cerimonia di premiazione del Carlo Magno, l’Europa sembra qualcosa di nebbioso e lontano, non più un’ananké, una necessità per i tempi presenti, come lo fu per i padri fondatori dopo l’abisso della guerra mondiale.
Signor Presidente,
cosa può fare in questo contesto una Comunità di uomini e di donne, credenti ed impegnati in più di 70 paesi del mondo?
Sant’Egidio vuole essere innanzi tutto, in tempi in cui tutto pare sfilacciarsi, anche la società, una “famiglia per i senza famiglia”: per i poveri, gli stranieri, gli abbandonati, gli anziani, i bambini... C’è bisogno di ricreare ogni giorno il legame sociale, quel tessuto delicato ma indispensabile per la tenuta della comunità civile, laddove la politica non arriva.
Sant’Egidio è anche un luogo di riflessione in tempi turbinosi, dove il fermarsi a pensare sembra inutile: tutto va così veloce! E’ necessario invece riflettere sul nostro mondo e trovare concreti rimedi. Noi crediamo –con papa Francesco- che bisogna partire dagli ultimi, il sensore più delicato della nostra società. Non si tratta di una scelta ideologica: se si parte dagli ultimi si capisce meglio la realtà. Dagli ultimi e dalle periferie abbiamo imparato tanto.
Ma soprattutto, Signor Presidente, abbiamo imparato tanto dall’ascolto della Parola di Dio. Ogni sera –qui come in tante città d’Europa e del mondo- si prega assieme. La preghiera è l’unica arma dei poveri, dei disperati, di quelli che nessuno ascolta. A loro ci uniamo, Signor Presidente, per non vivere solo di noi stessi e per noi stessi, ma per vegliare. Cerchiamo di non essere europei rassegnati a “congedarci dalla storia” –come disse preoccupato papa Benedetto, ma crediamo alla “forza storica della preghiera che muove i popoli e le nazioni”, come diceva La Pira, una forza che cambia e che trasforma.
Grazie per la Sua visita!” |