Il 1° febbraio 2008 le forze ribelli ciadiane hanno attaccato la capitale, N’Djamena, a pochi giorni dall’arrivo della forza europea alla frontiera fra Ciad e Darfour (Sudan). Dopo una settimana di scontri il governo centrale è riuscito a resistere, ma i combattimenti hanno lasciato sul campo centinaia di morti e migliaia di feriti, in gran parte civili.
L’effetto è stato quello di un esodo di massa: in pochi giorni decine di migliaia di ciadiani si sono rifugiati nel vicino Camerun raggiungendolo a piedi, quasi privi di tutto per l’urgenza di abbandonare la propria casa, sotto il tiro dell’artiglieria e degli elicotteri che sparavano sulla popolazione.
Anche alcuni giovani della Comunità di Sant’Egidio a N’Djamena sono dovuti fuggire insieme alle loro famiglie e a numerosi bambini della “scuola della pace”, da loro seguiti ormai da anni. Si tratta di bambini che vivono nelle bidonvilles della capitale e che rischiavano di restare senza aiuto in quelle drammatiche ore, anche per le difficoltà delle loro famiglie ad occuparsi di loro. Il gruppo di è unito ad altre decine di profughi ed è riuscito a rifugiarsi in Camerun, nella città di Kousséri. Lì, insieme agli amici della Comunità di Sant’Egidio del Camerun, accorsi per sostenerli, hanno creato un vero e proprio accampamento spontaneo.
Si tratta di circa 250 persone, che mancano di tutto, in attesa di poter rientrare in Ciad. Si è subito messa in movimento una catena di solidarietà, tra l’Italia e il Camerun, che ha permesso un primo acquisto di riso, zucchero, olio, acqua potabile, coperte per ripararsi dal freddo notturno, zanzariere e stuoie per dormire, in assenza, per il momento, di interventi da parte degli organismi internazionali. Il desiderio è quello di tornare, ma la situazione non lo permette ancora.
E comunque c’è l’incognita di un ritorno tra grandi difficoltà: N’Djamena porta le ferite di violenti combattimenti, molti quartieri sono stati sventrati e sono da ricostruire, le case e i negozi saccheggiati. Parte quindi ora la raccolta per organizzare un secondo invio di aiuti. Il primo obiettivo è quello della sopravvivenza in Camerun, finchè non sarà possibile tornare in Ciad. Il secondo è quello di offrire il necessario per un rientro sicuro e assistere le famiglie una volta rientrate nel loro Paese.
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