| 9 Novembre 2012 |
La marcia anticamorra |
Chiese in campo per non dimenticare le vittime innocenti |
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Non era mai successo a Napoli. Per la prima volta i principali esponenti delle chiese cristiane si ritrovano insieme per manifestare pubblicamente contro la violenza della camorra e per esprimere vicinanza alle vittime innocenti della criminalità organizzata. Cattolici, ortodossi, protestanti assieme alle associazioni e ai movimenti ecclesiali, oggi pomeriggio sfileranno per le vie del centro di Napoli, proprio a pochi passi dal luogo dove solo qualche giorno fa è avvenuto l’ultimo omicidio.
Questo singolare corteo, a cui sono invitati tutti i napoletani di ogni credo e religione, vuole risvegliare la città, rassegnata e umiliata da una feroce guerra tra i clan che dominano zone e settori della vita cittadina. Una guerra che non sembra avere né vincitori né vinti, ma certamente tante vittime innocenti. Come Nicola Nappo, operaio di Poggiomarino estraneo alla malavita, che ha dovuto subire anche la beffa di essere considerato un boss emergente, fino a quando uno dei fiancheggiatori del delitto ha confessato che si era trattato di un tragico scambio di persona. A condannarlo non è stato il tentativo di una fulminea scalata al vertice del clan, ma solo la sorprendente somiglianza con il vero obiettivo dell’agguato. “La vita a Napoli non vale niente” ha scritto l’Indipendent dopo l’omicidio di Pasquale Romano, ucciso a 30 anni lo scorso 15 ottobre con 14 colpi di pistola. Un lungo rosario di dolore che conta oltre 150 esistenze stroncate per errore dalla mano assassina della camorra.
Le comunità cristiane quando si sono unite per resistere al male hanno rappresentato una grande forza, capace di scuotere coscienze rassegnate e di far scorgere nuovi orizzonti di speranza. E’ la storia che ha percorso i sentieri più bui del Novecento, nei gulag sovietici e nei campi di concentramento nazisti, dove preti cattolici, pope ortodossi e pastori evangelici sostenendosi l’un l’altro, hanno dato vita a quell’”ecumenismo della carità”, che sosteneva Giovanni Paolo II “è forse il più convincente”.
Il cardinale Crescenzio Sepe, nell’intervista rilasciata qualche settimana fa al settimanale diocesano Nuova Stagione, ha affermato che l’eresia dei cristiani di questo tempo è la paura. Qui non si tratta di diventare eroi solitari, piuttosto di credere nel riscatto di Napoli investendo la propria vita e le proprie energie in scelte quotidiane che diano coraggio e speranza a chi si sente sopraffatto dal male. Don Peppe Diana e padre Pino Puglisi furono uccisi dalla camorra e dalla mafia perché parlavano alle coscienze dei giovani di Casal di Principe e del quartiere Brancaccio di Palermo. Cercavano di sottrarre nuove leve alla mentalità violenta del crimine, indicando le ragioni per sperare in una vita diversa.
Nella chiesa di Napoli e in tante zone della provincia come Castellammare, Torre Annunziata, Giugliano, molti sacerdoti lavorano e operano nel silenzio, per liberare giovani e adulti dalla seduzione del potere camorrista e dal fascino che esercita lo sfruttamento illecito della ricchezza. I modelli del guadagno facile, della vita lussuosa, e del potere esercitato con la violenza attirano tanti nel mondo della delinquenza. Bisogna anche sottolineare la funzione aggregante esercitata dalle comunità presenti nel nostro territorio da più tempo (greco-ortodossi, luterani e valdesi) e da quelle scaturite dalle recenti immigrazioni (ortodossi russi, rumeni e srilankesi), nonchè il lavoro svolto dalle realtà evangeliche in alcuni quartieri caratterizzati da un forte disagio sociale.
Oggi molti cittadini di Napoli si sentono stranieri. Non riconoscono propria questa terra e queste strade. I quartieri della periferia sembrano fortini inespugnabili, mentre alcune piazze del centro della città sono occupate dai clan che esercitano traffici illeciti come il racket dei parcheggi abusivi. Attività che sono visibili a tutti, ma su cui nessuna Istituzione interviene con la necessaria determinazione. I credenti guidati dai loro pastori possono riappropriarsi della loro terra riscoprendo quell’identità e quel senso di appartenenza a quei valori che devono fare della nostra metropoli una capitale dell’accoglienza e della convivenza. La manifestazione promossa dalle chiese cristiane vuole raccogliere le attese e le speranze della Napoli migliore, e invita a guardare con fiducia al domani, perché è possibile liberare la nostra città dalla camorra e dalla violenza.
Mattone Alberto
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