| 14 Febbraio 2014 |
Roma 1974 terra di missione |
Anniversario del convegno voluto 40 anni fa dal cardinal Poletti |
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-Il Concilio è arrivato a Roma»- qualcuno disse dopo le giornate tra il 13 e il 15 febbraio 1974. Quarant`anni fa, il Vicariato di Roma radunò i romani per discutere sulle attese di carità e giustizia della città. L'evento fu chiamato il «convegno sui mali di Roma».
Di mali allora ceri erano tanti: il sociologo Ferrarotti parlava, in un suo libro, di Roma da capitale a periferia. Le periferie, piene d`immigrati del Sud, senza lavoro e con tante baracche, erano la parte dolente della cosiddetta "città sacra", una metropoli che perdeva anima e coesione.
Roma aveva una mortalità infantile come il Marocco: ll 26 per 1000 contro il 5,4 italiano di oggi. Per il Vicario, cardinal Poletti, era una città malata: bisognava identificarne i mali e agire. Il cardinale si chiedeva: «Ha la Chiesa qualcosa da dire alla società di oggi?». Rispondeva: «Ha da dire che il mondo attuale è inaccettabile, e che l`uomo ha la vocazione di trasformarlo...». Erano parole che spiazzavano il nutrito dissenso ecclesiale, che contestava l`istituzione ecclesiastica, i suoi legami con la Dc, gli interessi immobiliari (specie dei religiosi), il conservatorismo... Roma era una città povera e conflittuale. Tra l`altro, nelle periferie si preparava l`ondata terroristica.
Poletti conosceva tutto questo. Non era un rivoluzionario: «un piccolo prete» - si definiva - non un nome della carriera ecclesiastica. Ma Paolo VI lo volle nel 1972 alla testa di Roma per cambiare la Chiesa (Marco Impagliazzo ha narrato questa storia ne La diocesi del papa). Nelle sue Memorie Poletti racconta il doloroso impatto con la periferia: «L'animo mio era colmo di amarezza per quanto avevo visto e ascoltato e per le condizioni veramente miserevoli della gente. Tornato a casa, a notte fonda, descrissi, in una lunga lettera a papa Paolo VI, la situazione. Egli ne fu impressionato...».
Poletti incontrava tutti. Il suo ufficio era aperto ogni giorno a chi voleva parlargli. Così tesseva personalmente il senso comunitario. Novarese, amico di Scalfaro, gran lavoratore, operò tra tante resistenze ecclesiastiche. Il «partito romano» non è un`invenzione letteraria, ma un ceto ecclesiastico che non lo amava e lo osteggiava, considerandolo spericolato e distruttore dell`asse tra Chiesa e Dc. Ma Paolo VI voleva cambiare in profondità la Roma ecclesiastica, che non aveva mai amato e considerava fuori dal tempo. Roma non era una Chiesa diocesana a pieno titolo: tante le interferenze, mentre il Vicariato era alla stregua di un dicastero vaticano. Come portare il Concilio a Roma? Il febbraio `74 fu lo strumento per cambiare, raccogliendo il popolo, creando un soggetto ecclesiale, parlando francamente dei dolori di Roma. Nacque la Chiesa locale, postconciliare e contemporanea.
Molto si deve a Poletti. Decisivo fu Luigi di Liegro, convinto della necessità di un approccio diverso alla città.
Ci fu la collaborazione intelligente di Giuseppe De Rita che, con monsignor Clemente Riva e Luciano Tavazza, tenne le relazioni al convegno. Ricordare questo passaggio storico è vitale per guardare al futuro. Papa Francesco parla oggi di "periferia" come sfida. La Chiesa si gioca sempre sulle periferie, mentre subisce la pericolosa attrazione dell`autoreferenzialità, la riduzione all`istituzione e al mondo ecclesiastico. Nel 1974 era difficile chiudersi, perché la Chiesa era contestata dal dissenso e sfidata dal Pci (fattosi carico della voglia di riscatto dei periferici). Oggi è più facile, ma più doloroso, perché non c`è contestazione ma distacco silenzioso. Il febbraio `74 ricorda l`orientamento della storia recente della Chiesa di Roma. Poletti così lo definì: «La comunità cristiana di Roma, per essere segno profetico, si mette nelle condizioni del suo Maestro: condizioni di povertà e di servizio».
Un`indicazione che tanti, preti e laici, hanno successivamente seguito nelle periferie.
La città e l`opinione pubblica si accorsero come mai della Chiesa. Poletti superò la forbice tra contestazione e riduzione ecclesiastica della Chiesa: scelse una Chiesa di popolo (chiunque partecipò al convegno), raccolta per la prima volta a San Giovanni, da allora luogo delle convocazioni diocesane. Furono preparati 320 documenti dalle diverse realtà romane e vennero fatti 740 interventi nelle cinque assemblee. Una riflessione e una partecipazione uniche nella Roma novecentesca.
Naturalmente tanto di questo è caduco, ma resta la sostanza: una Chiesa di popolo, soggetto vivo, eloquente nella città a partire dalle periferie e dai poveri. Fu la scelta personale di Poletti: tutti-egli scrive- «ben presto videro il nuovo cardinale arrivare solo, con la sua auto, senza apparati e senza formalità; primo a tendere la mano nel saluto; sempre lieto di fermarsi e parlare in mezzo alla gente, sorridendo, parlando, stringendo le mani. Credo che questo abbia giovato molto apresentare la Chiesa come popolo e famiglia di Dio...».
Il grande studioso tedesco Mommsen, dopo il 1870, diceva che «non si sta a Roma senza un`idea universale». Ancor più oggi, nel mondo globale. All`epoca del febbraio `74, l`idea di città sacra era naufragata nella modernizzazione romana e nella miseria delle periferie. Il convegno ebbe il genio di leggere Roma con realismo come «città malata»: propose la speranza di una città diversa, soprattutto mostrò che non si doveva essere inerti ma si poteva fare molto per cambiare.
Fu un`idea incredibilmente mobilitatrice e unificatrice, come le vere visioni. Fece riflettere religiosi e religiose, che si coinvolsero e gestirono i loro immobili più in connessione ai bisogni della città (il che, pur con qualche eccezione, non è continuato poi, come mostra la vendita recente di immobili che ha inciso sul volto urbano). Riunì i cattolici, allora divisi e polarizzati, nella visione di un`unica missione nella città. Collegò parrocchie e comunità, tentate da una vita insulare.
Seppe parlare ai romani. Ritornare a quella memoria mostra le risorse di una Chiesa "povera". Riprendere quella passione fa bene e dà speranza oggi.
Andrea Riccardi
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