ROMA. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due Papi canonizzati domenica, «hanno svolto un ruolo decisivo nel riavvicinamento tra le due fedi», e infatti fu grazie a loro, ai loro gesti e ai loro insegnamenti, che i cattolici «hanno riscoperto le loro radici ebraiche». Lo ha ricordato Marco Impagliazzo aprendo ieri il Convegno «Da Giovanni XXIII a Francesco: ebrei e cristiani in dialogo » organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio di cui è presidente. Numerosi e qualificati gli interventi. Il fondatore di Sant'Egidio Andrea Riccardi si è soffermato sulla figura di Giovanni Paolo II, cresciuto nell'ambiente polacco fra le due guerre in cui «l'antisemitismo percorre il mondo cattolico». Ma il giovane Wojtyla, ha spiegato, ne è immune e diventa precocemente un «testimone della coabitazione tra polacchi ed ebrei».
Da Papa, poi, sarà proprio lui a dare il massimo impulso alle relazioni fra cattolici ed ebrei, con la visita al Tempio Maggiore di Roma, con il riconoscimento diplomatico dello Stato d'Israele nel 1993, e il «capolavoro» del viaggio in Terra Santa sette anni dopo. Da parte sua il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha voluto fare un intervento «controcorrente», rievocando anche la discussa questione della restituzione dei bambini ebrei battezzati dalle famiglie che li avevano accolti per risparmiarli dalla persecuzione nazista. Senza negare gli enormi passi in avanti fatti nei rapporti ebrei cattolici con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, Di Segni non ha mancato di parlare di «durezza teologica» che si è manifestata, a suo dire, in alcuni gesti come la famosa frase sui «fratelli maggiori» e la canonizzazione dell'ebrea convertita Edith Stein.
Il rabbino David Rosen, presidente dell'American Jewish Committee, ha manifestato il suo disaccordo su alcune affermazioni di Di Segni e ha sottolineato come il dialogo consista nel «comprendersi l'un l'altro nel modo in cui l'altro comprende se stesso». Nel suo intervento - letto "in absentia", per una indisposizione - il cardinale Walter Kasper, presidente emerito della Commissione per i rapporti religiosi con l'Ebraismo, ha ricordato che dal punto di vista teologico «giudaismo e cristianesimo hanno bisogno l'uno dell'altro e quindi dipendono l'uno dall'altro». Nel pomeriggio i lavori sono stati moderati da monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e presidente della Commissione episcopale Cei per l'evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese.
È intervenuto il cardinale Kurt Koch, successore di Kasper nella guida della Commissione, che ha evidenziato come l'antisemitismo è «un flagello difficile da sradicare anche ai nostri giorni», e per questo «la Chiesa cattolica ha sempre il dovere di scendere in campo contro questo temibile fenomeno come fedele alleata dell'ebraismo ». Il rabbino Oded Wiener, direttore generale del Gran Rabbinato d'Israele, ha parlato dei viaggi dei papi in Israele, mentre Marco Roncalli, ha riferito dei rapporti dello zio Giovanni XXIII con il mondo ebraico. La giornata si è conclusa con l'intervento del rabbino argentino Abraham Skorka, amico di Jorge M. Bergoglio da quando era arcivescovo di Buenos Aires, che ha sottolineato come la visita di papa Francesco in Terra Santa a maggio sarà un «forte segno per la pace». Dal Convegno, cui hanno assistito anche il cardinale burkinabè Philippe N. Ouédraogo e i vescovi ausiliari di Roma Guerino Di Tora e Paolo Selvadagi, è stato fatto arrivare, alla vigilia del suo 99° compleanno, un messaggio di saluto e di augurio ad Elio Toaff, per 50 anni, dal 1951 al 2001, predecessore di Di Segni come rabbino capo di Roma.