ROMA - Nella splendida cornice dei giardini vaticani, con lo sfondo della maestosa cupola della Basilica di San Pietro, si è svolta la storica preghiera per la pace in Terra Santa e nel Medio Oriente voluta dal papa. Il presidente israeliano Peres e quello dell'Autorità Palestinese, Abbas, insieme a papa Francesco e al patriarca ecumenico Bartolomeo, hanno ascoltato preghiere delle tre religioni abramitiche ritmate da un ringraziamento per la creazione, una richiesta di perdono e un'invocazione per la pace.
Le parole delle antiche Scritture ebraiche, cristiane e musulmane sono risuonate nel cuore del Vaticano insieme per la prima volta. Da lì sono rimbalzate nel mondo intero, specialmente in Medio Oriente. Ringraziamento a Dio per la creazione, richiesta di perdono e invocazione di pace sono state il filo rosso che ha caratterizzato l'incontro vaticano. Il papa, nel suo discorso conclusivo, ha riproposto la via tracciata da san Giovanni XXIII: cercare ciò che unisce e mettere da parte ciò che divide. Ha parlato di un cammino da compiere per spezzare la spirale della violenza e finalmente riconoscere l'altro come fratello. E ha aggiunto con forza: «Per fare la pace ci vuole coraggio!».
La preghiera e l'impegno dei credenti, dunque, sono stati proposti come energie capaci di bonificare quel terreno di ostilità che può favorire lo sviluppo dei conflitti, cosa come volle Giovanni Paolo II con lo «spirito di Assisi», dal 1986. La preghiera, nel rispetto delle diversità, ha assunto anche il significato di abbreviare le distanze e di favorire l'impegno a estirpare, nelle diverse culture di appartenenza, le radici d'incomprensione. L'incontro vaticano è apparso come l'indicatore di una ricerca e di volontà «altre», rispetto all'evoluzione storica di questi ultimi sessant'anni, che non ha trovato nella politica e nella diplomazia una risposta adeguata allo scontro e spesso alla guerra, di cui i figli dei due popoli, l'israeliano e palestinese, sono ormai «stanchi e sfiniti», come ha detto il papa.
L'invocazione a Dio come atto di suprema responsabilità ha anche il significato di aiutare le comunità religiose a superare il bivio tra la manipolazione dei sentimenti religiosi per dividere e opporre e, l'antica e nuova tensione universalistica e unitiva per cui l'uomo, creatura di Dio, è fratello del proprio simile. Ieri, in Vaticano, la ricerca di Dio e del fratello è stata invece al cuore dell'incontro. Figli di Abramo e fratelli l'uno dell'altro: questa è stata l'immagine emersa dalla serata vaticana, mostrando chiaramente come in tutte le tradizioni religiose - a partire dai loro libri sacri - è scritto il valore della pace.
Se le religioni non hanno la forza politica per imporre la pace, hanno invece la capacità di trasformare l'uomo dal di dentro, invitandolo a distaccarsi dal male e guidandolo verso un atteggiamento di pace del cuore. Ogni religione ha la sua strada. Niente è uguale. Negli uomini e nelle donne di fede c'è la convinzione della forza morale. Tutti, non sempre, ne sono all'altezza. Ma ogni comunità religiosa, composta di uomini e donne come tutti e quindi limitati, mostra un volto umano e misericordioso, soprattutto nel tempo della difficoltà. Questa è stata l'intuizione di papa Francesco: provare a sbloccare una situazione di conflitto con la preghiera e l'umanità di un incontro.
Le religioni hanno una responsabilità decisiva nella convivenza: il loro dialogo tesse una trama pacifica, respinge le tentazioni a lacerare il tessuto civile, a strumentalizzare le differenze religiose a fini politici. Ma questo richiede audacia e coraggio. Richiede di abbattere con la forza morale, con la pietà, con il dialogo, i muri. Grande può essere il compito delle religioni nell'educare all'amore dell'arte del convivere. Grande è anche il compito delle religioni nel ricordare che il destino dell'uomo va al di là dei propri beni terreni- come molte insegnano -, che si inquadra in un orizzonte universale, nel senso che tutti gli uomini sono creature di Dio.
Nell'icona rappresentata dall'incontro di ieri ci sono le indicazioni per ritrovare la misteriosa unità del genere umano, e le risorse per decidere della coabitazione pacifica dei popoli e dei gruppi. Preghiera, amicizia, conoscenza, stima reciproca, coraggio, resistenza al «demone del conflitto» - come lo ha definito il papa -, sono le piste aperte per un cammino, forse lungo, ma che se fatto da persone coraggiose, potrà portare finalmente alla pace.
Marco Impagliazzo
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