Corriere della Sera - Ed. Roma | 15 Gennaio 2015 |
Terrorismo |
«Siamo tutti nigeriani», S.Egidio prega per le vittime di Boko Haram |
Veglia in S. Maria in Trastevere per i 2000 uccisi dai terroristi islamici in Africa. «Mobilitazione contro violenza inaccettabile per ogni cultura, civiltà e religione» |
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ROMA - «Siamo tutti nigeriani»: dopo le stragi compiute dai terroristi islamici di Boko Haram, la Nigeria, come la Francia, non può essere lasciata sola. E’ il monito lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio che invita ad unirsi in preghiera per le vittime del terrorismo nel Paese dell’Africa occidentale. L’occasione è rappresentata dall’iniziativa in programma per giovedì alle 19, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. A presiedere sarà monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia.
«Mai in nome di Dio»
«Un momento di preghiera per ricordare che non si può mai uccidere in nome di Dio», sottolinea la Comunità di Sant’Egidio. Un orrore, quello compiuto in Nigeria, che ha portato alla morte di oltre duemila persone, alla fuga di migliaia di famiglie in cerca di protezione e alla mostruosa utilizzazione dei bambini per effettuare attentati nei luoghi pubblici. La Comunità di Sant’Egidio ha già partecipato alle marce di solidarietà di Parigi e di tante altre città europee dopo gli attacchi della settimana scorsa, manifestando a favore di un’Europa unita nella sua diversità. Di pari passo, però, non si può dimenticare o, comunque, mettere in secondo piano il dramma che stanno vivendo intere popolazioni della Nigeria, sia cristiane che musulmane.
I bambini come kamikaze
«Avere utilizzato bambini e bambine come kamikaze - sottolinea la Comunità di Sant’Egidio - testimonia che si è ormai raggiunto un livello di violenza inaccettabile per ogni cultura, civiltà e religione» La preghiera, che vedrà la partecipazione della comunità nigeriana in Italia e del movimento Genti di Pace, che promuove l’integrazione nel nostro Paese e in Europa, intende rilanciare una mobilitazione a tutti i livelli perché si faccia il possibile per arrestare una tragedia che non sembra avere senza fine. E per denunciare alla comunità internazionale il grave pericolo che costituisce per tutti l’instabilità in Nigeria e nei Paesi del Sahel.
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