I due papi proclamati domenica santi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, hanno inciso profondamente nel dialogo tra cristiani ed ebrei. Il primo salvò la vita a moltissimi ebrei, durante la persecuzione nazista; il secondo fin dall'infanzia ha sviluppato un rapporto di amicizia con il popolo "eletto" che lo ha portato, una volta diventato Papa, a scelte e gesti inediti. E oggi c'è Papa Francesco «appassionato della fede, con una grande audacia spirituale e convinto che dobbiamo camminare insieme per costruire un mondo migliore», dice il Rabbino e amico argentino Abraham Skorka. E stata la Comunità di Sant'Egidio, il giorno dopo la canonizzazione di Roncalli e Wojtyla, a promuovere un incontro su questa eredità lasciata dai due Papi. «Il rapporto tra Giovanni Paolo II con il mondo ebraico è stato qualcosa di straordinario in rapporto ai cattolici del suo tempo e ai Papi in genere», ha ricordato il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi. «Non è stata solo una posizione intellettuale, ma un fatto che coinvolgeva la sua esistenza».
Riccardi ha ricordato che per lui i sei milioni di ebrei uccisi nella shoah erano santi. «Era un rapporto profondo, carnale, quello tra Wojtyla e gli ebrei», dice Riccardi. Il Rabbino capo di Roma Riccardo di Segni evidenzia come i due Papi abbiano «migliorato in modo significativo» il rapporto tra cattolici ed ebrei ma ha anche evidenziato che c'è «una montagna di durezze teologiche da superare dall'una e l'altra parte» e in questo «più che la teologia sarà importante il rapporto tra le persone». Ma comunque - ha aggiunto dal canto suo il Rabbino David Rosen dell'American Jewish Commette - «è stata percorsa una strada che era inimmaginabile cinquanta anni fa». Ora bisogna prendere l'eredità e andare avanti perché ci sono anche oggi sfide da affrontare insieme, come combattere «il flagello dell'antisemitismo», ha detto il cardinal Kurt Koch, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo. Secondo il cardinale Walter Kasper, presidente emerito della stessa Commissione, «i rapporti di buona cooperazione e di stabile amicizia » che si sono stabiliti fra cristiani ed ebrei sono più importanti dei volumi di documenti pubblicati sul dialogo e il mutuo riconoscimento.
E la storia di oggi è infatti l'amicizia fraterna tra Papa Francesco e l'ebreo Skorka che dice: «lo non ho bisogno di vedere documenti negli archivi», come per Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, «perché la nostra è una storia viva, di cose fatte insieme». E ora un sogno in comune: quello che il viaggio del pontefice in Terra Santa possa «lasciare un impronta, un segno forte per la pace».