| 4 Марта 2016 |
Andrea Riccardi / Religioni e civiltà |
Sia chiaro, il futuro è una società meticcia |
La "negoziazione", sosteneva Eco, è la difficile via per gestire l'immigrazione. Serve una visione chiara. E l'integrazione dei leader islamici con le istituzioni |
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Nei giorni scorsi, molti sono intervenuti su Umberto Eco, dopo la sua scomparsa: un grande umanista italiano di livello internazionale, espressione coerente della cultura italiana, ma anche figura rara ai nostri giorni. Mi vorrei solo soffermare su un aspetto - non il più noto - della sua riflessione: gli immigrati.
Nel 2012 ero ministro della Cooperazione e integrazione nel governo presieduto da Mario Monti. C'era stata in quei mesi un'indiscutibile evoluzione nell'opinione pubblica sul modo con cui si dibatteva sugli immigrati, con l'abbandono di paure («parlarne fa perdere i voti») o di stereotipi, come l'invasione. Restava la domanda centrale sull'integrazione.
Chiesi sostegno a Umberto Eco. Era il novembre del 2012 ed Eco intervenne in un convegno, organizzato dal mio ministero e dall'Università per Stranieri di Perugia. Avevamo dinanzi la crisi del modello francese d'integrazione (assimilazionista) e di quello britannico (multiculturale).
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Andrea Riccardi
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