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April 30 2015 16:30 | Province of Bari, Council Chamber

Sulla difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente


Mounir Khairallah


Vescovo di Batroun - Libano

La difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente torna in prima pagina, soprattutto dopo il fallimento della cosiddetta "Primavera araba", l’apparizione in forza di al-Qaeda e dello Stato Islamico in Iraq e Siria (Isis, oggi Is) e la  persecuzione dei cristiani in Iraq.

I pochi titoli pubblicati negli ultimi due mesi la dicono lunga sulla tragedia vissuta dai  cristiani in Medio Oriente: 

"I cristiani iracheni di fronte a una crisi di sopravvivenza» (2 luglio 2014). 

"Pulizia religiosa condotta dallo Stato Islamico" (23 luglio). "I cristiani in Iraq. Il mondo non si cura! "" Silenzio ... Si perseguita! ". "Mosul, una città dove la presenza cristiana, vecchia di duemila anni, ha subito l’epurazione etnica. Il Libano serve di nuovo da rifugio quando è già sotto il peso della presenza di rifugiati siriani che contano il 37% della sua popolazione ! "(1 agosto). 

" L’Is si impadronisce di Qaraqosh, la più grande città cristiana in Iraq, che conta 50.000 abitanti ... Decine di migliaia di persone in fuga dai jihadisti" (8 agosto).

"I confini del nuovo Medio Oriente saranno disegnati con il sangue dei cristiani? Questa è la domanda che si pongono tutti i libanesi, fissando la piana di Ninive, dove centinaia di migliaia di cristiani fuggiti ieri, sotto il sole caldo, dall’invasione dei jihadisti e delle forze dell'oscurantismo religioso" (8 agosto). 

"La visita dei Patriarchi a Erbil ha permesso loro di essere testimoni diretti di sradicamento di un popolo" (20 agosto). 

"La grande catastrofe che ha colpito oggi i cristiani in Iraq, quelli di Mosul e dei 13 villaggi della Piana di Ninive, oltre agli yazidi e alle altre minoranze" (27 agosto). 

La situazione in Medio Oriente, soprattutto dopo il deragliamento della cosiddetta primavera araba ha preso una piega molto pericolosa, segnata in particolare da un forte aumento del fondamentalismo islamico. Questa tendenza ha portato alla nascita di organizzazioni terroristiche fondamentaliste come la filiale di al-Qaeda in Siria e il cosiddetto "Isis" ossia lo Stato Islamico in Iraq e Siria. In tutto questo processo, i cristiani finiscono per pagare il prezzo più caro nella lotta di interessi tra potenze internazionali e regionali; e la loro presenza nella regione, risalente al tempo di Cristo, è ora in pericolo.

Desideriamo esporre in questo articolo non esaustivo, prima un cenno storico della presenza dei cristiani in Medio Oriente poi la loro situazione attuale e infine il futuro del ruolo dei cristiani in questa regione e in particolare in Libano. 

1-Breve cenno storico

Noi, cristiani del Medio Oriente, siamo consapevoli dei pericoli che corriamo visto che siamo in questa parte del mondo così tormentato, ma anche della missione di amore, di perdono e di pace che portiamo in nome di Cristo. Siamo anche consapevoli del fatto che stiamo pagando il prezzo di una politica sbagliata dell'Occidente o dei cristiani occidentali nei confronti dei loro fratelli in Oriente, che pretendono di proteggere. E questo fin dall'impero bizantino, vale a dire l'impero romano in Oriente, e l'avvento dell'Islam nel VII secolo, che ha soppiantato i bizantini. 

I Crociati arrivati nel XI secolo per "liberare la Terra Santa" hanno preso il loro tributo. I Mamelucchi venuti dall’Egitto alla fine del XIII secolo per porre fine agli "Stati latini d'Oriente" e inseguire i "Franchi", si sono vendicati contro i cristiani locali che ancora una volta hanno pagato il prezzo più alto. Sto attualmente rileggendo il libro di Amin Maalouf "Le Crociate viste dagli arabi". Ho riscoperto una visione diversa della Storia, necessaria e complementare a quella che avevo imparato nella scuola "occidentale". 

Nel XVI secolo, re Francesco I di Francia (1515-1547)  si alleò, nel corso della sua guerra contro Carlo V, con il sultano ottomano Solimano II, detto "il Magnifico" (1520-1566), e gli ha chiesto il favore di proteggere i cristiani d’Oriente, sudditi dell'Impero. Il Sultano acconsentì. Dopo Francesco I, i cristiani indigeni hanno dovuto ancora una volta pagare un prezzo caro e sopportare le persecuzioni degli Ottomani. 

Ma l'idea di proteggere i cristiani d'Oriente è rimasta viva tra le Grandi Potenze occidentali, molto più per difendere i propri interessi che per amore di questi cristiani. All’indebolimento  dell'Impero Ottomano – definito l’" uomo malato" - nella prima metà del XIX secolo, le potenze europee ritornarono alla carica ed entrarono nel Medio Oriente sotto il pretesto di proteggere i loro fratelli cristiani d’Oriente. È vero che hanno introdotto i benefici del Rinascimento permettendo alle popolazioni della zona di usufruire delle conquiste culturali, ma hanno introdotto pure  i loro conflitti e controversie politiche, tra cui quelli tra Francia e Inghilterra. Durante questi conflitti si cominciò a parlare in Occidente della "Questione orientale", e ogni potenza prese in protezione una determinata comunità. E di nuovo i cristiani dovettero pagare il prezzo e subire la vendetta degli Ottomani, espressa nel massacro dei cristiani del Monte Libano e di Damasco nel 1860. Questa situazione durò fino alla fine della Prima guerra mondiale e la caduta dell'Impero ottomano (1918) che aveva dominato l'Oriente, e persino una parte dell'Europa orientale, per 400 anni! 

Oggi siamo di fronte agli stessi problemi e ci troviamo a confronto, contro la nostra volontà, con l'Islam e i musulmani, soprattutto dopo l'intervento militare in Iraq da parte dell'Amministrazione del presidente George Bush. Quest'ultimo utilizzò, in uno dei suoi discorsi, il termine "crociate". Le reazioni dei fondamentalisti islamici non si sono fatte attendere e gli attentati si susseguirono con delle violente reazioni che portarono alla formazione di organizzazioni integraliste, come l’Isis. 

2-Situazione attuale

L'allarme lanciato dal patriarca caldeo Louis Sako ha aperto gli occhi e scosso le coscienze. Nella sua lettera del 5 agosto scorso a papa Francesco, ai patriarchi, vescovi e presidenti delle Conferenze episcopali ha detto che è a rischio “la sopravvivenza stessa” dei cristiani iracheni: 

"I cristiani sono di fronte a un’enorme tragedia. I cristiani di Mosul, inorriditi, hanno lasciato la città per fuggire lo Stato islamico portando via soltanto i vestiti che avevano addosso. Le loro chiese sono state profanate. Un esodo di massa ha avuto luogo in altri villaggi e città della Piana di Ninive ... tante persone sono state massacrate ... La Chiesa, che si trova abbandonata più che in qualsiasi altro momento, chiede che i suoi leader reagiscano prima che sia troppo tardi esercitando la necessaria pressione sulla comunità internazionale, così come su coloro che detengono il potere decisionale, per trovare soluzioni radicali a  questi crimini oltraggiosi. 

Va notato che tutti questi omicidi accusano come motivazione il desiderio per ciò che è nascosto sotto terra, come petrolio, gas ... Come si potrebbe altrimenti spiegare questa curiosa guerra radicalizzata secondo un piano premeditato senza prendere in considerazione i destini dei popoli ?

Siamo altrettanto scioccati dalla mancanza di una forte presa di posizione dei musulmani e dei loro capi religiosi, pur sapendo che queste fazioni costituiscono una minaccia per i musulmani stessi ... 

Facciamo appello alla comunità internazionale, tra cui le grandi potenze che detengono la soluzione. Ci rivolgiamo vivamente alle loro coscienze affinché  rivedano i loro accordi e rivalutino l'impatto della situazione attuale ... 

I nostri cristiani hanno un bisogno vitale di assistenza umanitaria urgente e hanno bisogno di una protezione vera, efficace e permanente capace di  rassicurarli affinché non cesserà la loro esistenza, la cui origine è profondamente radicata in Iraq". 

Lo stesso patriarca aveva già avvertito il 2 luglio che "le truppe dell’Isis regnano a Mosul e in gran parte dell'Iraq occidentale. I tamburi di guerra si annunciano pesantemente ... i rifugiati sono milioni ... ". 

Tutto era cominciato, secondo un testimone di Mosul, il 9 giugno. "Lo Stato islamico, avendo per complice il partito Baath, ha iniziato la sua offensiva contro la città di Mosul. Essa è composta essenzialmente di sunniti con delle minoranze sciite e cristiane. La città, però, era sorvegliata da centinaia di migliaia di soldati del regime... Il 26 giugno, la milizia si mosse verso Qaraqosh, una città di cinquantamila cristiani. L'offensiva, durata dieci giorni, finisce con la sconfitta dello Stato islamico in seguito all'intervento dell'esercito curdo (sostenuto dalla aviazione americana). È stata questa sconfitta a generare l'odio contro i cristiani ... Il 15 luglio siamo fuggiti. Non ci hanno lasciato nemmeno il tempo di fare le valigie e di abbandonare la casa ... Siamo stati sottoposti a quattro scelte: lasciare la città a mani vuote, convertirsi all'Islam, pagare un tributo (la jizya, ndr), o morire ". 

Si rimane però perplessi dal fatto che gli Stati Uniti hanno finalmente usato la loro potenza di fuoco e i loro droni una volta che i fanatici di Isis hanno raggiunto i confini del Kurdistan ! Una settimana prima, Qaraqosh avrebbe potuto essere salvata con i suoi 50.000 cristiani gettati sulla strada da un ritiro sorpresa, di notte, dei peshmerga che ne garantivano la sicurezza ! 

Il 20 agosto 2014, una delegazione di patriarchi cattolici orientali, cattolici e ortodossi, presieduta dal nostro Patriarca Cardinale Beshara Raï, arriva a Erbil per una visita di solidarietà con i cristiani "espulsi dalle loro case e privati dei loro beni". Questa visita ha permesso ai patriarchi di essere testimoni oculari dello "sradicamento di un popolo".  

Il 27 agosto, i patriarchi si sono incontrati nella sede patriarcale maronita di Bkerké intorno al nostro Patriarca Cardinale Raï per discutere della situazione dei cristiani nella regione e chiamare i leader della comunità internazionale ad assumersi le proprie responsabilità nello  sradicare i movimenti terroristici e stigmatizzare i "crimini contro l'umanità" commessi da Isis. Sono stati raggiunti poco dopo dal nunzio apostolico in Libano e gli ambasciatori dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonché il rappresentante personale del Segretario generale delle Nazioni Unite. 

Nel comunicato stampa che hanno pubblicato alla fine dell’incontro, i patriarchi considerano che "l'aggressione contro i cristiani nel mondo di oggi prende una svolta grave che  minaccia la presenza cristiana in diversi paesi, tra cui il mondo arabo, e in particolare l’Egitto, la Siria e l’Iraq. I cristiani di questi paesi sono vittime di aggressioni e crimini odiosi che portano loro a emigrare arbitrariamente dai loro paesi di cui sono autentici cittadini da duemila anni. Le società islamiche e arabe vengono così private di un importante patrimonio umano, culturale, scientifico, economico e nazionale. Questo è molto doloroso, ma ancor di più lo sono il silenzio degli organismi regionali di fronte a quello che accade e la timida posizione internazionale.

La grande catastrofe ha colpito oggi i cristiani iracheni, quelli di Mosul e dei 13 villaggi della Piana di Ninive ... Il loro numero prima dell'esodo era 120.000; 60.000 di loro sono ora dislocati nella mohafazat (regione) di Erbil e 50.000 nella provincia di Dohuk. Chiediamo con urgenza alla comunità internazionale di intensificare gli sforzi per garantire un ritorno degno di questi cristiani nella loro terra e proteggere i loro diritti e la loro sicurezza da cittadini. 

Gli stati, in particolare arabi e islamici, non possono rimanere silenziosi e immobili di fronte  allo “Stato islamico " e alle organizzazioni terroristiche e takfiri simili che portano un danno considerevole all'immagine dell'Islam nel mondo. Essi sono chiamati a spingere la comunità internazionale a sradicare questi movimenti terroristici con tutti i mezzi consentiti dal diritto internazionale. 

La comunità internazionale è anche responsabile  dello sviluppo dello Stato islamico e altri movimenti terroristici takfiri. A questi due doveri, si aggiunge la necessità di fare pressione con la forza, da parte della comunità araba e internazionale, sui finanziatori di questi gruppi, i trafficanti di armi e coloro che li aiutano, siano essi paesi o gruppi, per tagliare le fonti di violenza terroristica takfiri". 

Due giorni dopo, il patriarca Raï era a Roma per parlare a nome dei Patriarchi d'Oriente e esporre, al convegno annuale della " Rete Internazionale dei legislatori Cattolici”, presieduta dal cardinale Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna, la situazione dei cristiani in Medio Oriente e i pericoli che devono affrontare e che costituiscono "una minaccia per la presenza cristiana in molti paesi, e in particolare nella regione araba, cioè l'Egitto, la Siria e l'Iraq". 

"Sotto gli auspici della primavera araba, dice il patriarca Raï, i cristiani sono attaccati e costretti a lasciare i loro paesi, dove hanno vissuto, come cittadini originali e autentici,  per 2.000 anni. Questo esodo priva la regione di grande ricchezza umana, culturale, scientifica, economica e nazionale, e contemporaneamente offre un'immagine distorta dell'Islam presentandolo al mondo come una religione che rifiuta la diversità e perseguita chi è diverso".

"Consideriamo, aggiunge, che la comunità internazionale ha una parte di responsabilità nella crescita delle organizzazioni terroristiche e la drammatica situazione dei paesi del Medio Oriente. Tutti sanno che questi paesi sono vittime della lotta internazionale motivata da interessi politici, economici e strategici legati al petrolio e al gas in questi paesi ". 

Proprio mentre scriviamo (l'11 settembre), giorno simbolico e fatale per gli americani, si tiene a Washington un summit intitolato "In Difesa dei Cristiani" in cui il patriarca maronita espone, a nome dei suoi colleghi Patriarchi d’Oriente che l'accompagnano, le stesse lamentele e propone le stesse soluzioni: 

1 - "Mettere fine alle organizzazioni terroristiche. I Paesi islamici non possono rimanere osservatori silenziosi, semplicemente guardando lo Stato islamico  e tutte le organizzazioni terroristiche che stanno causando gravi danni all’Islam stesso. I leader religiosi sunniti e sciiti devono emettere delle fatwa per condannare gli attacchi contro i cristiani e vietare la violazione delle loro chiese, le loro case e le loro proprietà.

2 - Creare una forza militare sotto l'egida delle Nazioni Unite e il Consiglio di sicurezza per fermare l'invasione delle organizzazioni terroristiche. Questo è ciò che è stato deciso ieri 10 settembre dal presidente americano Obama che ha presentato la sua strategia di "lotta contro lo Stato islamico e distruggerlo. 

3 - Oltre alle due richieste menzionate, la pressione deve essere esercitata dalle comunità arabe e internazionali su quelli che finanziano queste organizzazioni o le aiutano con armi e addestramento, per tagliare le fonti di violenza e di terrorismo. Questo è ciò che è stato fatto poi dalla Lega Araba che ha deciso in una riunione dei ministri degli Esteri al Cairo il 7 settembre, di "prendere le misure necessarie per affrontare i gruppi terroristici militarmente e politicamente, compreso lo Stato islamico.

4 - Sostenere la presenza cristiana al fine di salvaguardare il dialogo interreligioso e la coesistenza pacifica tra culture e civiltà ", della quale il Libano rappresenta un esempio e un modello. 

3- Il futuro dei cristiani in Medio Oriente dipenderà da quello dei cristiani del  Libano 

Al di là di queste situazioni critiche, i cristiani d’Oriente mantengono fisso lo sguardo verso il Libano, che rimane per loro la "qibla" (direzione di preghiera dei musulmani, ndr), la meta e il simbolo di una presenza cristiana attiva ed efficace. I cristiani del Libano sono effettivamente riusciti, nonostante tutte le difficoltà, a vincere la grande sfida, vale a dire, fondare con i loro fratelli musulmani ed ebrei, nei primi anni del XX secolo, uno Stato democratico, pluralista e multi-confessionale in cui ognuna delle diciotto comunità  (dodici cristiane, cinque musulmane e una ebraica) mantiene la propria specificità e la propria diversità religiosa e culturale nell’unità nazionale. È l'idea del "Paese-Messaggio" – messaggio di convivialità, di libertà, di dialogo, di apertura e di  rispetto delle diversità - formulata da Papa Giovanni Paolo II, che aveva colto l'importanza capitale della pionieristica esperienza dei cristiani del Libano. Nella sua Esortazione Apostolica post-sinodale "Una speranza nuova per il Libano" (1997), aveva invitato i "libanesi, cristiani e musulmani, a intensificare il dialogo e la cooperazione tra di loro e con i musulmani di altri paesi arabi, di cui il Libano è parte integrante. Si tratta infatti di un destino comune che lega i cristiani e i musulmani in Libano e in altri paesi della regione ... Il dialogo e la collaborazione tra cristiani e musulmani in Libano possono aiutare a promuovere, in altri paesi, la  stessa pratica "(n. 92, 93). 

Papa Benedetto XVI, visitando il Libano il 14 Settembre 2012 per firmare l'Esortazione apostolica 'La Chiesa in Medio Oriente', ha riconfermato il ruolo del  Libano, sottolineando che "la felice convivialità libanese deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all'interno di una nazione può esistere una cooperazione tra le varie chiese, e allo stesso tempo la convivialità e il dialogo rispettoso tra i cristiani ei loro fratelli di altre religioni ".   

I Patriarchi Orientali nella loro dichiarazione del 27 Agosto 2014 hanno ribadito che: " cristiani e musulmani vivono insieme da 1400 anni. I cristiani sono sempre stati, nei loro paesi, i vettori di rinascimento culturale, sociale, economico e nazionale e hanno diffuso una cultura della diversità, dell’apertura e del rispetto per l’altro, della cooperazione con lui, e dei valori della cittadinanza, e hanno consolidato le libertà civili e i diritti umani ". 

Il 6 settembre, su iniziativa di Muhammad Sammak, co-presidente del Comitato nazionale libanese per il dialogo islamo-cristiano, consigliere politico e  religioso del Mufti della Repubblica libanese, ospite speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, un centinaio di personalità musulmane libanesi hanno firmato un appello in cui hanno condannato "i crimini contro l'umanità commessi da Isis" definiti come "i peggiori abusi rivolti  all’Islam stesso" e il "peggior pericolo che ha dovuto affrontare fin dall'inizio del XXI secolo ". "I cristiani sono vittime, in alcuni paesi arabi, tra cui Siria e Iraq, di una campagna di persecuzione senza precedenti nella storia delle società arabe. Sradicare i cristiani dalle loro città e villaggi, il risultato di questa repressione, la confisca delle loro case e delle loro proprietà, e la violazione dei santuari delle loro chiese e monasteri, costituiscono crimini contro l'umanità, contro la religione e contro la nazione ". 

Lo stesso signor Sammak aveva scritto il 5 gennaio 2011: 

"E' un dovere civico dei musulmani per aiutare la presenza cristiana a ritrovare la sua credibilità e il suo ruolo, e che non rimanga una mera presenza in sé, in modo che il Medio Oriente ritorni ad essere quello che è stato nel corso dei secoli, culla della religione, della cultura e della civiltà ... Gran parte della sofferenza cristiana in Medio Oriente è dovuta alla diminuzione del ruolo cristiano in Libano, che si ripercuote negativamente sui cristiani nel resto della regione. Promuovere la presenza cristiana in Medio Oriente deve necessariamente partire dal Libano, che è un Paese Messaggio di convivenza civile tra musulmani e cristiani. Nei limiti delle nostre possibilità, cerchiamo di sensibilizzare i musulmani alla grave perdita che comporterebbe per il Medio Oriente la fuga e l'emigrazione dei cristiani. A causa di questo esodo, l'Oriente sta perdendo la sua identità, la sua pluralità, lo spirito di tolleranza e di rispetto reciproco ". 

conclusione 

I cristiani del Libano - come i loro fratelli in altri paesi del Medio Oriente - hanno pagato un caro prezzo per questa qualità di presenza, nel corso dei secoli; non vogliono, in nessun caso e per nessuna ragione, perdere i benefici oggi. 

E’ nostra profonda convinzione. E’ la nostra missione. 

Come eravamo nel nostro Medio Oriente, nei secoli XVIII, XIX e XX, i  campioni del Rinascimento - religioso, culturale, politico ed economico - vogliamo essere nel XXI secolo i paladini dei diritti dell’uomo, i referenti della convivialità nella libertà e nel rispetto della diversità, e i promotori della cultura,  del dialogo, del perdono e della pace. 

A contare non devono essere i nostri dati demografici , né la nostra forza militare, ma piuttosto la qualità della nostra presenza e la nostra capacità di servire e amare i nostri fratelli. Quindi dobbiamo cambiare strategia, vale a dire superare la psicosi della paura e uscire da qualsiasi posizione difensiva per testimoniare Gesù Cristo, Dio fattosi uomo per amore degli uomini, crocifisso e morto per salvare tutti gli uomini. 

Noi siamo qui, e qui rimarremo impegnati nella nostra missione, lievito nella pasta di un Medio Oriente in costante ricerca di una pace giusta e duratura. 

Questo è il nostro futuro!

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