Le Frontiere del Dialogo: |
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Meeting Internazionale Uomini e Religioni - Barcellona 2-4 settembre 2001 |
Luned� 3 Settembre 2001 |
Nella sua prima enciclica (Ecclesiam Suam), Paolo VI invitava tutti i credenti non cristiani al dialogo e ripeteva questo appello nei suoi viaggi a Bombay e negli incontri personali con i capi spirituali dell�India. Giovanni Paolo II riprende a sua volta questo messaggio che amplia, arricchisce e diffonde di persona nei quattro angoli della terra. Nei suoi peripli l�accompagna una attenzione vigilante e acuta per la Terra Santa, per le lacerazioni dei Figli di Abramo e per le sofferenze che essi vivono da mezzo secolo ad oggi. La storia sar� debitrice a Giovanni Paolo II del fatto di aver preso in pugno, accelerato, con energia inaspettata, il progresso del tempo verso il futuro della riconciliazione universale dove portano le sue aspirazioni evangeliche. L�incontro interreligioso che ha organizzato ad Assisi sara� il segno di una anticipazione profetica di questo progetto. I musulmani vi hanno partecipato con entusiasmo. Essi non dimenticheranno i suoi gesti di accoglienza, di sostegno, i suoi consigli, la sua presenza nei loro paesi arabi: in Maghreb, Egitto, Palestina, Libano e il suo ingresso nella moschea dei Omayyadi in Siria. Questi interventi generosi e puri avranno senza dubbio fatto progredire il dialogo e migliorare le relazioni Islamo-cristiane in questo senso e nello spirito ecumenico. Ma ostacoli politico-religiosi continuano ad emergere. La loro gravit� varia a seconda del paese, dal Sudan all�Indonesia, ... arrivando persino all�uso delle armi. Cos� vengono ricordati e rinnovati gli odiosi conflitti che sono durati pi� di un millennio tra musulmani e cristiani. Il rapporto islamo-cristiano ne era uscito compromesso in Africa, in Medio oriente, in Asia. Tutti gli spazi comuni sono stati modificati. Se la sede di Roma � rimasta storicamente in terra cristiana, la seconda Roma, Costantinopoli, citt� del trionfo cristiano, ha avuto un� altra sorte nel 1453. Le tre altre sedi apostoliche, Gerusalemme, Antiochia, Alessandria vennero prese fin dalle prime invasioni islamiche. Il quadro tracciato dei tempi passati e� troppo nero. Sarebbe ingiusto non notare in questo quadro i legami pacifici, di tolleranza e i momenti luminosi: Damasco. Bagdad, Cordova, Salerno, .... Non sono che alcuni resti di un passato oscuro che giustamente si invoca per darsi coraggio e fiducia e sperare una possibile riconciliazione interreligiosa, in particolare Islamo-cristiana, che contribuisca a promuovere l�unit� del mondo moderno e a proteggerlo dal militarismo ateo e dissacrante. La Chiesa � pronta e attiva. L�Islam pure, nel suo complesso. Lo si vede dai fatti: dalle reti di amicizia, dagli incontri ufficiali di capi religiosi, dalle riviste d�informazione specializzate, dai colloqui che si moltiplicano tra Cristiani e Musulmani. Il bilancio che si puo� ricavare fino ad ora � ancora modesto, sotto l�aspetto teologico. Non ci si deve stupire che la tradizione religiosa non sia in alcun modo negoziabile da una parte e dall�altra. (Notiamo che la porta che conduce a quello che la Chiesa chiama l�evoluzione teologica � nell�Islam di difficile accesso sin dal X secolo). Il dialogo sul piano teologico sembra quindi praticamente stazionario, salvo qualche tentativo di intellettuali universitari franco-tiratori, o sotto la forma di monologhi che i partecipanti ascoltano con attenzione e rispetto � a meno che un lapsus critico non susciti reazioni di rettifica. Ma ci sono per fortuna ad altri livelli dei progressi reali positivi e sono numerosi, quando gli scambi riguardano valori religiosi comuni come la professione dell�unicit� divina, le Sacre Scritture, i profeti, ecc, oppure i rapporti umani, in particolare la dignit� dell�uomo, la giustizia, la tolleranza, l�accoglienza dell�altro. Nella dichiarazione sui rapporti tra la chiesa e le religioni non cristiane (Nostra Aetate) il Concilio Vaticano II riprende, guardando con stima i musulmani, quello che li avvicina al cristianesimo. Non si fa alcun commento sulla rappresentazione che essi hanno di Dio, n� li si invita a dialogare su questo tema delicato della fede; la dichiarazione si mantiene ad un altro livello immediatamente pi� accessibile, esprimendosi in questi termini: �Se nel corso dei secoli numerosi dissensi e inimicizie si sono manifestati tra cristiani e musulmani, il Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a sforzarsi sinceramente verso la comprensione reciproca come pure a proteggere e a promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libert��. Questa esortazione discreta e densa � senza dubbio, nella situazione di oggi, la via pi� saggia da seguire; se applicata essa porterebbe a quel futuro di pace e di comprensione reciproca al quale il popolo dei credenti aspira dal profondo della propria anima e della propria coscienza. E� gi� in questo clima di speranza che vive contro i venti e le maree la maggior parte degli abitanti misti dei paesi arabi, in particolare quelli del Libano, questo paese eccezionale che per natura, per il contributo culturale e per le sue confessioni forma un areopago per un dialogo permanente. Centro di accoglienza aperto sul Mediterraneo del Sud e del Nord, sulle ricchezze spirituali e materiali dell�Europa, cittadella di rifugio dei transfughi, dei proscritti, di ospiti o invasori, il Libano costruisce una personalit� complessa, strana, a partire da questo cumulo di entit� culturali e confessionali che si articolano su due concezioni fondamentali e totalizzanti, quella cristiana e quella musulmana, con le loro molteplici varianti. Questa densit� di differenze etniche e religiose ha destinato il Libano ad essere un campo di sperimentazione e un laboratorio di sintesi. L�avventura era fin dall�inizio tanto pericolosa quanto promettente; gli elementi presenti potevano in qualsiasi istante provocare le peggiori esplosioni o portare alle migliori sintesi. La forza e la fierezza di questo paese sono quelle di avere mantenuto, a dispetto di tutte le prove subite, una solidariet� di base che i libanesi avevano fondato, fin dall�avvio dell�indipendenza nel 1943, su un�idea generosa, quella del Patto. Questa parola prestigiosa, che appartiene al vocabolario pi� sacro delle Scritture giudeo-islamo-cristiane, significa al tempo stesso contratto, fiducia e persino legame, laccio alle mani e ai piedi, quasi a saldarli l� uno all� altro. Musulmani e cristiani si sono cos� trovati trasportati, costretti da questa logica di patto a liberarsi da qualsiasi vincolo identitario che rinnegherebbe quello della loro libanesit� acquisita, della loro libert� e uguaglianza, mentre lo spirito e le porte si aprivano a ci� che di meglio vi � in Oriente ed Occidente. A questo livello il dialogo Islamo-cristiano supera tutte le forme di scambio, di incontro, di dialogo o di colloquio, che esso integra in questo atto di volont� ferma e precisa: quello di vivere insieme liberi, uguali, aperti e democratici. Questa � la singolarit� esemplare che fa l�orgoglio del Libano nella storia, questa � anche la ragione per cui il Santo Padre ha detto del Libano che era pi� di un paese, che era un messaggio di dialogo e di civilt� sia per l�Oriente che per l�Occidente. L�importanza dell�esperienza umana e culturale di questo paese lo rende influente, positivamente o negativamente, sull�avvenire del dialogo islamo-cristiano nel mondo intero e in particolare nei tre continenti, Asia, Europa, Africa all�incrocio dei quali esso si trova. Se noi potessimo vedere qui come la sorte stessa dell�umanit� e il suo sviluppo politico dipendano dal ravvicinamento spirituale e culturale tra musulmani e cristiani a partire dalla soglia di questo nuovo millennio! I credenti di entrambe le religioni costituiscono pi� o meno la met� dell�umanit�. Essi sono spesso chiamati in numerose regioni del mondo a costituire delle societ� comuni, a costruire insieme degli Stati o a promuovere su grande scala una collaborazione economica o sociale. Ma per riuscire a vincere queste grandi sfide, musulmani e cristiani devono conoscersi maggiormente, al di l� dei pregiudizi ereditati dal passato, devono purificare rispettivamente la loro memoria facendo assegnamento sull�educazione aperta delle nuove generazioni. Occorre in futuro consacrarsi al servizio dell�uomo in qualsiasi essere umano, chiunque egli sia e qualsiasi sia la sua appartenenza. Musulmani e cristiani sono oggi invitati ad abbandonare definitivamente qualsiasi velleit� di ritorno alle guerre di espansione o all�idea di escludere altri dalla comunione umana o da ogni insieme consociativo. Non si chiede loro di rinunciare alla dimensione missionaria delle loro religioni, ma di accettare ciascuno la missionariet� dell�altro, cio� di provocare tra di loro una cooperazione universale, di servire i valori comuni che possono edificare una societ� internazionale solidale. Ne va del loro interesse comune, dell�interesse stesso dell�intero genere umano. Possa questo colloquio essere il segno e il motore di una rinnovata speranza che il dialogo sostituisca qualsiasi altra forma di rapporto tra le culture e le religioni del mondo. Che noi, cristiani e musulmani, possiamo portare insieme le nostre responsabilit� nel riavvicinamento di tutti i nostri fedeli. Il futuro luminoso dell�umanit� passa dai nostri dialoghi continui, rafforzati e riusciti. E perch� non dirlo, i credenti facendo il bene non sono soli, il cielo li colma, ci colma, di ogni benedizione. |