Comunità di Sant'Egidio - Napoli 2007 - Per un mondo senza violenza - Religioni e Culture in dialogo Comunità di Sant'Egidio - Napoli 2007 - Per un mondo senza violenza - Religioni e Culture in dialogo
 

Ignazio Sanna - Arcivescovo cattolico, Italia

Copyright � 2007
Comunit� di Sant'Egidio

22/10/2007 - 09:30 - Sala Dione - Stazione Marittima
PANEL 5 - Le religioni e la ragione

Ignazio Sanna
Arcivescovo cattolico, Italia

Le religioni e la ragione

Vorrei presentare il rapporto religione-ragione secondo il punto di vista della teologia cattolica, servendomi di un documento pontificio, l�encilcica Fides et Ratio, che ha dedicato a questo tema le riflessioni pi� significative degli ultimi anni. Esamino tale rapporto declinando in modo particolare il ricorso alla ragione nell�attivit� della ricerca e considerando la destinazione dell�uomo alla ricerca nel contesto storico-filosofico, in quello religioso in genere, in quello cristiano in specie.

1. Anzitutto, la destinazione dell'uomo alla ricerca � caratteristica di tutti gli uomini. In ogni cultura e tradizione si riscontra questa attivit� umana e questo cammino verso la verit� e la conoscenza di se stessi. Ogni uomo, in quanto uomo, � un "conoscitore di se stesso", scrive Giovanni Paolo II (FR, 1), e le domande di fondo che caratterizzano il percorso dell'esistenza umana sorgono nelle diverse parti della terra, segnate da culture differenti, come negli scritti sacri di Israele, nei Veda e negli Avesta, negli scritti di Confucio e Lao-Tze, nella predicazione dei Tirthankara e di Buddha, nei poemi di Omero e nelle tragedie di Euripide e Sofocle, nei trattati filosofici di Platone ed Aristotele. L'uomo, prima ancora che il cristiano, � colui che cerca la verit� (FR, 28). La domanda di senso non conosce orizzonti geografici politici o culturali, ma solo umani. L'uomo di tutti i tempi e di tutte le razze e di tutte le religioni si interroga, e "la" domanda pu� persino costituire il punto di partenza di ogni riflessione sulla natura umana, come documenta la filosofia heideggeriana e la teologia rahneriana. La domanda � la costante della vita umana, dal primo perch� sul significato del suo sorgere all'ultimo perch� sull'inevitabilit� del suo declino. "L'uomo � l'unico essere in tutto il creato visibile che non solo � capace di sapere, ma sa anche di sapere, e per questo si interessa alla verit� reale di ci� che appare"(FR, 25).

Le domande fondamentali: chi � l'uomo? chi sono io? chi sei tu? che cos'� il dolore, il male, la morte, che, malgrado ogni progresso, continuano a sussistere? che cos'� il progresso? c'� speranza per il futuro dell'umanit�? ci sar� un'altra vita dopo questa?, direttamente o indirettamente, sono incluse in ogni svolta della nostra vita ed in ogni scelta decisiva (GS, 10; FR, 1). Chi cerca qualcosa cerca anche se stesso, chi cerca la verit� di qualcosa cerca anche la verit� di se stesso, ed infine, chi cerca la verit� su Dio, in Dio, cerca anche la verit� su se stesso. "E' Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verit� e, in definitiva, di conoscere Lui perch�, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verit� su se stesso" (FR, incipit). La sincerit� delle domande sul senso della vita � garantita dalle concrete situazioni esistenziali di ogni uomo, anche se non sempre � garantita la verit� delle risposte, che talvolta possono essere improprie, incomplete, inadeguate. Chi pu�, infatti, rispondere alla domanda sul senso della vita? Chi deve rispondere? Come deve rispondere? Finch� si tratta di domande in seconda o in terza persona, si ha a che fare con problemi che non ci toccano direttamente. Ma quando le domande sono in prima persona, allora si � coinvolti personalmente e si passa dalle domande alla domanda. Per la domanda personale sul senso della propria vita, in ogni caso, non basta una risposta qualsiasi, ma si richiede la risposta.

2. Nella tradizione storico-filosofica � l'uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi che � chiamato a realizzare se stesso, non secondo un copione che gli � stato interiorizzato nell'animo o proposto dall'esterno, ma rispondendo alla sfida continua di un mondo tutto da umanizzare e di un'avventura tutta da affrontare e scoprire. L'uomo, dotato di intelligenza e di libert�, � in continua ricerca delle vie pi� adatte per realizzare il suo progetto di esistenza, per migliorare le sue condizioni di vita, per sentirsi sempre pi� a casa sua nell'universo creato. Con l'opera incessante della sua ricerca l'uomo trasforma il mondo da un ambiente ostile, da un luogo di lotta per la sopravvivenza, da una estensione sconfinata per registrare successi e delusioni, avanzamenti tecnici e oscillazioni morali, in una casa accogliente, nella quale vive in compagnia con le altre creature. All'interno di questa casa, egli nutre i suoi affetti, progetta il suo futuro, esprime la sua sensibilit� religiosa. In questo suo realizzarsi nel tempo e nello spazio, egli non parte mai da zero, ma ha dei punti di riferimento quali la tradizione culturale della sua nazione, la sua persona fisica, le sue appartenenze sociali, politiche, religiose, e anche delle prospettive quali un futuro da riempire con la sua creativit� e da impostare con la sua libert� e la sua fantasia. "L'uomo, infatti, non � fatto per vivere solo. Egli nasce e cresce in una famiglia, per inserirsi pi� tardi con il suo lavoro nella societ�. Fin dalla nascita si trova immerso in varie tradizioni, dalle quali riceve non soltanto il linguaggio e la formazione culturale, ma anche molteplici verit� a cui, quasi istintivamente, crede"(FR, 31).

L'uomo � nato per realizzarsi nella ricerca del vero, perch� l'oggetto proprio del suo desiderio di sapere � la verit�; del bene, perch� con il proprio agire etico la persona, operando secondo il suo libero e retto volere, si introduce nella strada della felicit� e tende verso la perfezione (FR, 25); del bello, perch�, secondo Platone, la ricerca del bello, che � splendore del vero, � una dimensione essenziale del filosofare, e, secondo Dionigi lo Pseudoareopagita, la bellezza � uno dei nomi di Dio, in quanto "l'uomo � creato secondo il modello eterno, l'Archetipo della Bellezza" (De Ecclesiastica Hierarchia, III, 7). Un frammento di Senofane, agli albori della stagione ellenica, dice: "Non tutto da principio gli dei hanno manifestato agli uomini, ma cercando nel corso del tempo trovano il meglio". E Aristotele, nel testo riportato anche dall'enciclica, afferma: "Tutti gli uomini per natura desiderano sapere" (Metafisica, I,1; cf FR, 25). Epitteto scrive: "Cerca e troverai: la natura infatti ti ha ben provvisto per scoprire la verit�" (Diatriba IV, 1, 51).

In questo versante storico-filosofico proprio della cultura classica, la ricerca ha una prevalente dimensione noetica. L'approccio dell'uomo alla divinit� �, quindi, di taglio intellettualistico. Secondo gli stoici, l'uomo pu� cercare Dio, perch� esiste una parentela tra Dio e l'uomo e perch� l'uomo, essendo fornito di ragione, � per natura pi� vicino a Dio, che � la ragione universale. Pensatori greco-romani come Dione Crisostomo, Lucano, Giamblico affermano che l'uomo pu� cercare Dio e che Dio si lascia trovare dall'uomo. Ma sono soprattutto Cicerone e Seneca che nelle loro opere filosofiche trattano del tema della ricerca di Dio da parte dell'uomo. Cicerone (106-43 a.C.), nel libro II del De natura Deorum, nel Somnium Scipionis e nell'Hortensius, d� largo spazio al finalismo dell'universo. Seneca (4-65 a.C.) concepisce la filosofia come una ricerca della verit�, un desiderio del bene, un'aspirazione verso Dio, causa prima e generale del cosmo. Egli esalta la grandezza dell'uomo che pu� elevare la sua intelligenza sino alle cose divine (De Beneficiis VI, 23, 6). L'uomo pu� conoscere Dio e pu� cercarlo non solo nell'universo creato, ma anche nella propria ragione, che � una particella della divinit�. La ragione stabilisce la parentela tra Dio e l'uomo e rende possibile e facile la "ricerca di Dio: "Ratio vero diis hominibusque communis est; haec in illis consummata est, in nobis consummabilis".

L'uomo, dunque, � in ricerca. Ma in ricerca di che cosa? Risponde l'enciclica: "Nel pi� profondo del cuore dell'uomo � seminato il desiderio e la nostalgia di Dio...In differenti modi e in diversi tempi l'uomo ha dimostrato di saper dare voce a questo suo intimo desiderio. La letteratura, la musica, la pittura, la scultura, l'architettura ed ogni altro prodotto della sua intelligenza creatrice sono diventati canali attraverso cui esprimere l'ansia della sua ricerca. La filosofia in modo peculiare ha raccolto in s� questo movimento ed ha espresso, con i suoi mezzi e secondo le modalit� scientifiche sue proprie, questo universale desiderio dell'uomo" (FR, 24). Sulla base dell'enciclica, perci�, nonch� delle testimonianze di Senofane e dello stesso San Paolo, l'uomo cerca il suo meglio, un Dio ignoto, un qualcosa e un qualcuno che lo aiuti a vivere in pienezza, nella felicit�, nella salute, nella pace con s� e con il prossimo. Spesso l'oggetto della ricerca non � tematizzato espressamente, si confonde con un'aspirazione, con un desiderio, con una inquietudine. Altre volte esso si concretizza in forme inadeguate di vita, in scelte parziali, in orientamenti approssimativi, nella continua tensione verso qualcosa che appaghi la richiesta di benessere materiale e morale. L'immenso campo della cultura umana altro non � se non lo spazio in cui l'uomo pensa, ama, vive e d� forme concrete al suo pensiero, al suo amore, alla sua vita.

La finalit� della ricerca umana � espressa molto bene anche dal noto ideale platonico: "diventare, per quanto � possibile ad un uomo, simili a Dio" (Republica, X, 613a). Tra Dio e l'uomo, infatti, secondo la concezione platonica, c'� una parentela. L'anima ha una certa connaturalit� con il divino, chiamata syngh�neia. Questa syngh�neia � il fondamento per cercare Dio e per trovarlo senza troppa fatica. Basta che l'uomo sollevi lo sguardo indagatore sull'universo e ne contempli la meravigliosa teleologia, le bellezze e l'armonia, perch� subito si renda conto della divina realt� ad esso immanente ed in esso sempre operante.

Proprio a partire dalla parentela divina dell'uomo, lo scopo della ricerca � l'assimilazione dell'uomo alla divinit� o hom�iosis. Le due nozioni di synghen�ia e di hom�iosis sono distinte e complementari allo stesso tempo. Syngh�neia indica uno stato di fatto, un possesso, indipendentemente da ogni iniziativa personale. Hom�iosis esprime una dimensione e un dinamismo etici, un'azione da compiere. La prima � semplice virtualit�, punto di partenza; la seconda � prospettiva e progetto. Tra la synghen�ia e l'hom�iosis, nella tradizione platonica, si gioca la vita dell'uomo. Secondo l'ideale della vita spirituale, l'unica cosa necessaria � sforzarsi di ricongiungere il divino in noi con il divino in s�. Il compimento della synghen�ia mediante l'hom�iosis � il ricongiungimento della vita terrena, che � solo un'immagine dello spirituale e dell'intelletto, con la vita divina. Porfirio ha documentato la realizzazione di questo ideale nella vita del filosofo Plotino e di lui scrisse che: "Egli si sforzava di ricondurre il divino che era in lui al divino che � nel Tutto".

Questo strutturare la vita umana come un itinerario di assimilazione, di avvicinamento della copia all'originale, all'archetipo, non � un orientare il cammino dell'uomo all'indietro, un privilegiare il passato rispetto al futuro, un collocare nel passato l'ideale da raggiungere o la meta da conquistare. Gi� con Senofane, infatti, si lascia da parte il mito dell'et� dell'oro e si privilegia la categoria del futuro. La verit� dell'uomo sta nel futuro. Alla nostalgia del passato, dell'et� dell'oro, si sostituisce la prospettiva del nuovo e della ricerca. "La certezza nessun uomo la vide...Su tutte le cose non si ha che opinione" (Fr B 34). Quanto l'uomo possiede non � frutto di una elargizione divina, di una benevolenza degli dei, bens� conquista della sua ricerca, del suo lavoro. Secondo Anassagora, l'uomo � il pi� intelligente degli animali, perch� ha le mani. Per Sofocle: "Molti sono i prodigi/ e nulla � pi� prodigioso dell'uomo/ e apprese la parola/ e l'aereo pensiero/ impulsi civili/ D'ogni risorsa � armato, n� inerme/ mai verso il futuro si avvia.../ Rimedi ha escogitato a morti immedicabili/ scopritore mirabile/ d'ingegnose risorse...".

Dunque, per i filosofi dell'antichit�, il futuro non � pi� degli dei, ma dell'uomo e della sua capacit� di ricerca, la quale � limitata solo dall'eventualit� della morte, perch� l'uomo "solo nell'Ade/ scampo non trover�" (Antigone, vv.361-362), e dalla possibilit� di fare cattivo uso della propria opera. La verit� dell'uomo non sta nel passato, ma nel futuro; la storia � l'espressione del cammino progressivo dell'umanit�; il bene � in un eschaton, cui si � destinati per essenza.

3. Se dal contesto strettamente filosofico della cultura classica si passa, ora, a quello religioso della Bibbia, si constata che in quest'ultima la ricerca umana di Dio ha una dimensione cultuale e morale, e consiste soprattutto nel trovare la legge e i comandamenti divini, nel conoscere la volont� di Dio. Essa esprime un'adesione della volont� umana a quella divina, che include la fede in Dio e l'amore verso di lui.

Nella bibbia ebraica, la ricerca di Dio � espressa dai verbi biqqesh, darash, sha'al. Il verbo biqqesh ricorre 220 volte e pu� significare sia la ricerca di una cosa nascosta, sia un atteggiamento della volont�, come desiderare o bramare, sia l'azione generica di appoggiarsi a Dio e di abbandonarsi a lui. Il verbo sha'al ricorre circa 185 volte e ha i significati di interrogare, chiedere, desiderare, documentare, consultare Dio. Questo verbo esprime non tanto la ricerca di Dio, quanto piuttosto la ricerca del responso di Dio, della decisione di Dio. Queste decisioni e questi responsi venivano dati istituzionalmente dagli "uomini di Dio", i profeti, e dai sacerdoti, mediante l'uso delle sorti sacre. Il verbo darash ricorre 160 volte ed esprime la ricerca di Dio nei diversi casi della vita quotidiana. Esso esprime la preoccupazione di compiere la volont� di Dio, la pratica del suo culto, l'osservanza della sua legge. Nel Deuteronomio e nel Salterio si aggiunge talora la raccomandazione che Dio deve essere cercato "con tutto il cuore" (Deut 4, 29; Sal 119, 10). Chi non "cerca Dio", si rivolge agli idoli e disprezza le leggi di Dio. Il libro nel quale ricorre pi� spesso questo termine, quasi 40 volte, � quello delle Cronache. In questo libro la ricerca di Dio equivale in modo particolare alla ricerca della conservazione dell'alleanza sinaitica (2 Cron 11, 16; 12,14; 14,4).

Nella bibbia greca, ossia nella versione greca della bibbia ad opera dei LXX, viene usato il verbo zet�in, che traduce oltre 15 parole ebraiche ed aramaiche, tutte gravitanti intorno al concetto giudaico di "cercare". Il significato pi� comune � sempre quello di "aderire a Dio", con un'adesione che si concretizza nella custodia del patto e nell'osservanza dei doveri cultuali ed etici da esso derivanti. Nei libri sapienziali, tuttavia, ritorna l'elemento classico dell'ellenismo, e cio� quello della ricerca intellettuale. Questo aspetto ellenistico � stato gradatamente assorbito dall'ortodossia ebraica. La sapienza � divenuta l'oggetto della ricerca dell'uomo.

Nel discorso di Paolo agli ateniesi, il cercare Dio � legato specificamente alla contemplazione della creazione, cio� al primo passo elementare della ricerca, che non coinvolge ancora la risposta morale, e che pu� fare chiunque, perch� chiunque pu� ammirare la bellezza del creato. Il libro della Sapienza afferma che gli uomini in quanto tali e non solo gli israeliti a partire "dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia possono conoscere il loro autore" (Sap 13, 5). In pratica, poi, questi "ricercatori" di Dio possono anche sbagliarsi e non approdare a un vero ritrovamento di Dio; possono rimanere abbagliati dalla bellezza del creato, contemplare in esso le vestigia di Dio, ma non arrivare a Dio stesso. Il Deuteroisaia, pur affermando che Dio � "misterioso" e "nascosto" (Is 45, 15), afferma che egli non ha "chiesto ai discendenti di Giacobbe di cercarlo nel nulla" (19), non "ha parlato di nascosto o in qualche angolo oscuro", ma ha creato il cielo e ha plasmato e reso stabile la terra. La natura, quindi, � il libro che ogni sapiente pu� leggere, anche se non � garantito che il frutto di questa lettura sia una conoscenza o un ritrovamento del Dio cristiano. "Viene quindi riconosciuto un primo stadio della Rivelazione divina, costituito dal meraviglioso "libro della natura", leggendo il quale, con gli strumenti propri della ragione umana, si pu� giungere alla conoscenza del Creatore. Se l'uomo con la sua intelligenza non arriva a riconoscere Dio creatore di tutto, ci� non � dovuto tanto alla mancanza di un mezzo adeguato, quanto piuttosto all'impedimento frapposto dalla sua libera volont� e dal suo peccato" (FR, 19).

Negli scritti di Qumran, in cui ricorrono le radici drs e bqs, l'oggetto della ricerca pu� essere il diritto (1 QS 6,7) i comandamenti divini (1 QS 5,7) la volont� di Dio (1 QS 55,9) la Torah (1QS 6,6), Dio stesso. Il titolo del libro della regola qumranica � molto eloquente: "Libro della Regola della Comunit� per cercare Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima" (1 QS 1,1). Va precisato, comunque, che questo "cercare Dio" qumranico si colloca sul piano pratico e morale, quasi legalistico, di fedelt� ai precetti della legge.

Filone Alessandrino (30 a.C. - 50 d.C.), infine, introduce nel linguaggio filosofico e religioso greco la locuzione tecnica zet�in the�n. L'oggetto della ricerca possono essere "le cose invisibili" (dec. 1; migr. Abr. 89), la "verit�" (dec. 65; spec. leg. 164), "l'inizio della creazione" (leg. alleg. III, 78), la "virt�", la "natura degli esseri", il "Creatore", il "vero Dio". Secondo Filone, "nulla � preferibile alla ricerca del vero Dio, anche quando la scoperta di lui sfuggisse alla capacit� umana" (spec. leg. I, 36). Infatti, "� certamente difficile concepire e comprendere il Padre e Signore di tutte le cose, ma ci� non � una ragione per rinunciare a mettersi alla sua ricerca" (ib. 32). "Con gli amici di Dio che si elevano alla ricerca dell'essere, anche se non lo trovano mai, noi ci rallegriamo, perch� per se stessa la ricerca del Bello � sufficiente a dare gioia in abbondanza, anche quando lo scopo non � raggiunto" (leg. alleg. III 47b). La ricerca in quanto tale � per il filosofo alessandrino una propriet� essenziale dell'uomo, � un fatto razionale. "Coloro che non desiderano n� la scoperta n� la ricerca alterano gravemente la loro ragione" (fug. 121).

4. Sul versante pi� specificamente cristiano la ricerca acquista una dimensione rivelativa. Il continuo rincorrere Dio, anche se non lo si conosce, non � una gnosi e non � neppure uno sforzo ascetico. E' un atteggiamento che rientra nella sfera della gratuit�. Dio si rivela, arriva all'improvviso, come nella conversione di San Paolo, o come nella notte di fuoco di Pascal. Non c'� continuit� logica tra la ricerca di Dio e l'approdo al Dio di Ges� Cristo. Dio si rivela liberamente nella natura e si rivela liberamente nella storia della salvezza. La Fides et Ratio ha esteso il termine di "rivelazione" anche per il meraviglioso libro della natura, "leggendo il quale, con gli strumenti propri della ragione umana, si pu� giungere alla conoscenza del Creatore" (FR, 19), mentre sia il Vaticano I nella Dei Filius che il Vaticano II nella Dei Verbum avevano riservato questo termine di rivelazione solo a Dio (DS 3004; DV 3, 6).

Ai filosofi epicurei e stoici che cercano e desiderano sapere e conoscere la nuova dottrina (At 17, 19-20) e agli ateniesi "timorati degli dei " (At 17, 22) Paolo annuncia che "Dio ha creato l'uomo, perch� abiti su tutta la faccia della terra e perch� cerchi Dio (At 17, 26-27). Il fine per cui Dio ha creato l'uomo, perci�, � che questi cerchi Dio, come abbiamo gi� visto, anche nella bellezza della natura e nelle opere della creazione. Questa ricerca di Dio "paolina", tuttavia, non si deve ridurre ad un'attivit� della ragione umana, ad una ricerca puramente naturale. Essa ha dei connotati del tutto particolari che vanno presi in attenta considerazione. Per San Paolo, la problematica cristiana della ricerca di Dio si gioca tutta nella apparente contraddizione esistente tra l'affermazione negativa contenuta in 1Cor 1,21: il mondo non ha conosciuto Dio, e l'affermazione positiva di Rm 1,21: gli uomini hanno conosciuto Dio.

La prospettiva della Lettera ai Romani � cosmologica e afferma l'effettiva raggiungibilit� di Dio, ma solo della sua potenza e della sua divinit�. Quella della Prima Lettera ai Corinzi � soteriologica e afferma la non raggiungibilit� del tipico Dio cristiano, quale si rivela nella croce di Cristo. Sia l'una che l'altra prospettiva, poi, sono presenti in Gal 4, 8-9: "un tempo, ignorando Dio, eravate sottomessi a divinit� che in realt� non sono tali, ma ora che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi ai quali di nuovo come un tempo volete servire"?

Secondo Rm 1, 21 � possibile alla ragione umana conoscere qualche aspetto della natura divina, perch� gli uomini con la loro intelligenza possono vedere nelle cose che egli ha fatto le sue qualit� invisibili, ossia la sua eterna potenza e la sua natura divina (1,20). "Alla ragione dell'uomo, scrive l'enciclica, viene riconosciuta una capacit� che sembra quasi superare gli stessi limiti naturali: non solo essa non � confinata entro la conoscenza sensoriale, dal momento che pu� riflettervi sopra criticamente, ma argomentando sui dati dei sensi pu� anche raggiungere la causa che sta all'origine di ogni realt� sensibile. Con terminologia filosofica potremmo dire che, nell'importante testo paolino, viene affermata la capacit� metafisica dell'uomo" (FR, 22). Ma questa conoscenza naturale di Dio non conduce automaticamente alla riconoscenza verso di Lui. Anzi, essa non ha impedito che "coloro che pretendono di essere sapienti" siano impazziti e siano giunti alla divinizzazione di realt� cosmiche, adorando "immagini dell'uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi e di rettili, invece di adorare il Dio glorioso e immortale" (1,22). "Gli occhi della mente, commenta il documento pontificio, non erano ormai pi� capaci di vedere con chiarezza: progressivamente la ragione � rimasta prigioniera di se stessa" (FR, 22). Se questa conoscenza e ricerca di Dio rimane sul piano puramente naturale � improduttiva e non approda ad un esito positivo. Essa � una non-ricerca, tanto che si pu� ripetere con il Salmo 14, che Paolo cita liberamente, che "tutti hanno traviato, sono tutti corrotti, pi� nessuno fa il bene, neppure uno" (Sal 14, 3).

Secondo 1Cor 1,21 la sapienza nel mondo pu� arrivare ad una interpretazione filosofico-speculativa di Dio, ma non ad una sua vera conoscenza. Questa sapienza porta alla presunzione, alla pienezza di s�, all'autosufficienza intellettuale, alle divisioni all'interno della comunit� cristiana. La potenza di Dio che si rivela ora, infatti, non � quella della bellezza e della meraviglia del cosmo, accessibili anche alla ragione e all'intelligenza, ma � quella della croce di Ges� Cristo, raggiungibile solo dalla fede. "La sapienza della Croce, dunque, supera ogni limite culturale che le si voglia imporre e obbliga ad aprirsi all'universalit� della verit� di cui � portatrice. Quale sfida viene posta alla nostra ragione e quale vantaggio essa ne ricava se vi si arrende! La filosofia, che gi� da s� � in grado di riconoscere l'incessante trascendersi dell'uomo verso la verit�, aiutata dalla fede pu� aprirsi ad accogliere nella "follia" della Croce la genuina critica a quanti si illudono di possedere la verit�, imbrigliandola nelle secche di un loro sistema. Il rapporto fede e filosofia trova nella predicazione di Cristo crocifisso e risorto lo scoglio contro il quale pu� naufragare, ma oltre il quale pu� sfociare nell'oceano sconfinato della verit�. Qui si mostra evidente il confine tra la ragione e la fede, ma diventa anche chiaro lo spazio in cui ambedue si possono incontrare" (FR, 23).

San Paolo, quindi, non nega che esista una capacit� di ricerca umana di Dio, perch� questa � connaturale alla stessa essenza dell'uomo, nega per� che questa sola ricerca umana possa raggiungere lo specifico Dio cristiano, che viene scoperto e trovato da quelli che non lo hanno cercato e si � manifestato a quelli che non si sono rivolti a lui (Rm 10,20=Is 66,1). Per trovare il Dio di Ges� Cristo � necessaria una ricerca della fede che consiste in un movimento che prende le mosse dal pneuma del battesimo (1Cor 2,10), qualifica la normale esistenza del cristiano in questo mondo, orientandolo in ogni suo momento verso Dio (Col 3, 2). Per l'Apostolo, � lo "Spirito che indaga ogni cosa, anche le profondit� di Dio" (1Cor 2,10), non la ragione umana. In base, infatti, al principio classico per cui il simile si conosce solo per mezzo del simile, il Dio spirituale della fede cristiana � conosciuto solo dall'uomo spirituale, reso tale dalla presenza in lui dello stesso Spirito di Dio. Quindi, per un verso, il soggetto della ricerca non � l'intelletto umano ma lo Spirito di Dio, e, per un altro verso, l'oggetto della medesima ricerca non � l'essenza di Dio, ma il suo piano salvifico. Questo piano salvifico � rivelato da Dio ai fedeli "mediante lo Spirito" (2Cor 2, 10).

I cristiani non sono pi� interessati ormai a cercare il senso della propria esistenza nei valori di questo mondo corruttibile e pagano, ma guardano le cose di lass� (Col 3,2), cercandole e individuandole nelle cose di quaggi�, cio� nella vita quotidiana sia individuale che familiare e sociale. La ricerca umana "riceve una trasposizione di piano, perch� il Cristo con il suo mistero di morte di risurrezione propone di propria iniziativa un modo inedito di concepire Dio e di rapportarsi a lui"(628). Si stabilisce cos� una "originale dialettica tra ricerca e scoperta, che abbraccia tre momenti. Un primo momento consiste nello sforzo umano di cercare Dio, che non � per� coronato da un approdo positivo. Il secondo momento � rappresentato dalla rivelazione autonoma di Dio che supera e sconfigge l'a priori della ricerca umana, facendosi vedere ben pi� grande dei suoi presupposti e delle sue possibilit� sia intellettuali che ascetiche. Infine, il terzo momento rivela che la scoperta donata di Dio non � un punto di arrivo, un traguardo, ma un punto di partenza per una vita di fede che si gioca tutta all'ombra del mistero di Dio insondabile e ininvestigabile (Rm 11,33), � vero, ma sempre l'ambiente vitale in cui viviamo ci muoviamo ed esistiamo".

5. In definitiva la Fides et Ratio mette in risalto il dato della fede cristiana secondo cui Dio ha creato l'uomo come homo capax Dei, ed � proprio come capace di Dio, ossia come un essere aperto all'Assoluto, che l'uomo realizza la sua vocazione di persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio. L'impostazione generale del Catechismo della Chiesa Cattolica � una rilevante conferma di questo fatto, perch� premette all'esposizione dei contenuti della fede cristiana il capitolo primo, che ha per titolo, appunto, l'affermazione che l'uomo � capace di Dio. Nella fede e nella tradizione cristiane non trova posto l'alternativa "o Dio o Prometeo". Marx aveva definito Prometeo il grande santo del calendario laico; ma si pu� senz'altro affermare che c'� posto per Prometeo anche nel calendario cristiano, nella misura in cui lo si intenda come artefice della scienza e della tecnica, che promuovono la condizione umana. N� il Dio della Bibbia � la divinit� ellenica, gelosa e rivale dell'uomo, n� l'uomo della Bibbia � il concorrente di Dio, ma la sua immagine e, in quanto tale, il suo collaboratore nell'opera della creazione.

In base alla visione cristiana dell�uomo, questi non � una "passione inutile", un ricercatore deluso, un progettista frustrato. Egli � colui "che solo pu� l'impossibile". Nietzsche aveva preconizzato l'et� dell'"ultimo uomo", senza qualit�, incapace di volere, annullato nella propria singolarit�; un'et� in cui l'uomo non avrebbe gettato pi� al di l� degli uomini il dardo del suo desiderio, e la corda del suo arco pi� non avrebbe saputo vibrare; un tempo in cui l'uomo non avrebbe potuto pi� generare alcuna stella. Ma questa et� � rimasta nell'immaginario disperato di Nietsche, perch�, nella realt� dei fatti, l'uomo ha continuato a nutrire desideri d'infinito, a percorrere sentieri di ricerca della verit�, a generare speranza assoluta. In realt�, scrive l'enciclica, "la sete di verit� � talmente radicata nel cuore dell'uomo che il doverne prescindere comprometterebbe l'esistenza. E' sufficiente osservare la vita di tutti i giorni per costatare come ciascuno di noi porti in s� l'assillo di alcune domande essenziali ed insieme custodisca nel proprio animo almeno l'abozzo delle relative risposte" (FR, 29).

D'altra parte si sa che l'uomo � un incompiuto per costituzione essenziale, � un essere disperatamente disadattato e di una sorprendente mediocrit� biologica. Dal punto di vista morfologico, a confronto con gli altri mammiferi superiori, egli ha delle enormi carenze strutturali: non ha mezzi propri, non � specializzato, non ha grandi istinti. Per� egli recupera tutti questi limiti e questo suo essere incompiuto, per mezzo dell'azione. Il "dono dell'azione" di cui � dotato azzera il deficit originario e lo libera dai limiti che ipotecano cronicamente le azioni degli altri esseri viventi. L'uomo rimedia alle sue carenze naturali con il suo impegno, con la sua prassi, perch� � dotato di una capacit� di trasformazione dei condizionamenti naturali in opportunit� vitali, proprio per mezzo della prassi.

L'incompiutezza organica e il disadattamento biologico costringono l'uomo ad andare oltre il suo mondo naturale, ed a costruirsi in qualche modo un nuovo mondo culturale. La cultura � per l'uomo la sua seconda natura, poich� l'essere umano, in ultima analisi, � pi� cultura che natura. Basta pensare al fatto che il periodo della formazione della vita naturale, dei suoi presupposti biologici, dura appena nove mesi, e cio� il periodo della vita intrauterina. Quello, invece, della formazione culturale dura tanto quanto dura la vita dell'uomo. Non appena l'uomo abbandona la vita intrauterina perde la sua dipendenza biologica e comincia la sua autocostruzione umana attraverso la cultura, che durer� sino alla sua morte. L'uomo, in quanto colui che ricerca incessantemente la verit�, � proiettato verso il futuro, � alla continua scoperta di se stesso e del suo mondo, � in continua tensione per raggiungere livelli sempre pi� alti di progresso civile, religioso, umano. Egli, per natura, pi� che un nostalgico che �ncora il suo ricordo al passato � un profeta che lancia la sua memoria verso il futuro. Memoria futuri, la memoria del futuro, non � un paradosso logico, ma una realt� essenzialmente religiosa. Il poema sacerdotale della creazione offre una teologia della storia, che rompe il circuito magico di un tempo eternamente ricorrente, che non conosce fine perch� non conosce inizio, che non conduce a nessun luogo preciso, perch� non viene da nessun luogo determinato. Contro questa rappresentazione della storia, l'autore ispirato oppone una lettura della realt� nella quale la perfezione non � all'inizio, ma alla fine, il tempo non misura un processo di allontanamento dal principio fontale, una degenerazione, ma un processo di costruzione progressiva del mondo. Quando Dio, al settimo giorno, porta a termine il suo compito di Creatore, ci� non significa che l'opera creatrice sia definitivamente conclusa, bens� che sono state poste le basi di un edificio, nella cui costruzione occupa un posto di rilievo l'uomo, creato ad immagine di Dio. L'attivit� umana, perci�, sar� un prolungamento di quella divina. L'uomo � il concreatore del suo mondo.

Per S. Agostino lo stesso vivere � cercare Dio, cos� come il morire � trovare Dio. Il Vescovo di Ippona si domandava: "che altro desidera pi� ardentemente l'anima, se non la verit�? Di che cosa dovr� essere avido l'uomo, a quale fine dovr� desiderare che il suo interno palato sia sano nel giudicare il vero, se non fosse per saziarsi della sapienza, della giustizia, della verit�, della vita immortale?" Perci�, finch� l'uomo vive, cerca direttamente o indirettamente il regno di Dio, e in quanto cerca il regno di Dio vive la sua vita in autenticit� e pienezza. E' naturale, quindi, per l'uomo, aspirare alla conoscenza della verit� e, in quanto capax Verbi divini, realizzare la sua potenzialit� umana nella conoscenza di Dio.

In ultima analisi, la ricerca della verit�, che inizialmente � esercizio della libert�, per il cristiano, alla fine diventa un autentico esercizio della piet�. Sant'Agostino, al brillante intellettuale platonico Celso, che nel 180 aveva scelto il Sermo verax per accusare i cristiani di essere ignoranti e di "non cercare", rispose con la sentenza lapidaria: "melior est fidelis ignorantia quam temeraria scientia". Ma come questa "fidelis ignorantia" non ha impedito ad Agostino di dedicare la sua vita alla ricerca di Dio, fino a quando il suo cuore inquieto non giunse alla pace con lo stesso Dio, cos� essa non impedisce al cristiano di tutti i tempi di dedicare la sua intelligenza e la sua libert� alla ricerca della Verit�. La ricerca � la via dell'umanit� e il cristiano � il pi� sicuro e assiduo pellegrino di questa via.