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Comunit� di Sant'Egidio

22/10/2007 - 09:30 - Sala Italia - Castel dell�Ovo
PANEL 4 - Europa, immigrazione, futuro

Jean Claude Petit
Presidente del Centro Nazionale della Stampa cattolica Francese

Signore e Signori

Cari amici

Permettetemi di collocare il mio intervento sotto il patronato del grande e rimpianto papa Paolo VI e sotto la luce della sua enciclica profetica Populorum progressio, di cui festeggiamo quest�anno il quarantesimo anniversario. Come ha ricordato il mio amico Andrea Riccardi al terzo incontro ecumenico europeo di Sibiu, Paolo VI scriveva nel 1967: �bisogna promuovere un umanesimo planetario� e osservava: �il nostro mondo � malato. La sua malattia, pi� che nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di qualcuno, risiede nella mancanza di fraternit� tra gli uomini e tra i popoli�. Ma, perch� questo umanesimo planetario si affermi nel nostro mondo malato, lo stesso Paolo VI sapeva che bisognava prendere in considerazione delle condizioni imperative e mettere in opera importanti cambiamenti sociali. E� per questo che aveva scritto con lo stesso slancio: �la questione sociale � divenuta mondiale�. Tra le condizioni pi� rilevanti, vorrei citarne due che riguardano esattamente l�oggetto della nostra riflessione. La prima �, secondo l�espressione dello stesso papa, �lo sviluppo dell�uomo e di tutti gli uomini�. D�altronde lo sviluppo integrale gli sembrava cos� importante che egli lanci� quella frase, che ha poi fatto il giro del mondo: �Lo sviluppo � il nuovo nome della pace�. La seconda condizione pi� importante per l�avvento di un umanesimo planetario riguarda, cito di nuovo Paolo VI, �i diritti dei lavoratori emigrati colpiti dalla miseria, che vivono in condizioni spesso disumane, e l�ardente obbligo per i popoli pi� favoriti di accoglierli come fratelli ed amici�.

Lo sviluppo. I diritti dei migranti. Dopo 40 anni: quale attualit�! Ma anche, dopo 40 anni: quale triste, quale tragica, quale inquietante constatazione! Il nostro mondo � sempre malato. Sfortunatamente oggi, senza dubbio pi� ancora di ieri. Rinascono i nazionalismi. Aumentano le disuguaglianze. La proliferazione nucleare e il terrorismo minacciano una pace sempre pi� fragile. E la paura si impadronisce di noi: Ma, diciamolo ugualmente ad alta voce, ricnosciamolo con lucidit�: i rimedi preconizzati da Paolo VI per guarire il malato non sono stati vermante applicati. Il profeta non � stato ascoltato, e tuttavia non era solo. Tre anni dopo la Populorum progressio, l�Organizzazione delle Nazioni Unite aveva invitato tutte le nazioni ricche a consacrare lo 0,7 % del loro prodotto interno lordo allo sviluppo dei paesi del terzo mondo. Non soltanto questa preoccupazione non � stata rispettata, ma gli aiuti pubblici allo sviluppo sono, quasi dappertutto, in diminuzione. Quanto ai migranti e ai rifugiati che errano sulle strade del mondo o che cercano di superare gli oceani su imbarcazioni di fortuna, essi sono sempre pi� numerosi e sempre meno accolti. Constatazione severa, ma difficilmente contestabile.

E� in questo contesto che occorre affrontare il problema dell�immigrazione in Europa e del suo trattamento presente e futuro.

Una prima verit� si impone: il mondo scoppiato ed incerto in cui viviamo, il difficile decollo economico dei paesi meno avanzati, la povert� che non cessa di crescere in intere regioni del mondo, tutte queste ragioni sommate insieme fanno s� che l�Europa, terra di benessere, di libert� e di pace, appaia alla moltitudine dei poveri come un paradiso. Non � sorprendente che essi si mettano in cammino verso di essa, anche a rischio della loro vita. Soltanto che, scossa essa stessa dalla caduta del comunismo sul suo fianco Est e destabilizzata dalla mondializzazione economica, resa timorosa dal terrorismo, l�Europa della riconciliazione franco-tedesca non ha pi� la capacit� di essere il laboratorio mondiale del vivere insieme, come potrebbe e dovrebbe essere. Il realismo, nel senso pi� nobile del termine, le impone oggi di governare i flussi migratori. Con il rischio, se l�Europa non lo fa, di essere lei stessa afferrata dai nazionalismi rinascenti.

Ma da questa prima verit� ne discende una seconda, e cio� che c�� governo e governo dei flussi migratori. Governare non significa n� punire n� stigmatizzare, n� chiudersi in una qualsivoglia fortezza. Ora, nella maggior parte dei paesi europei oggi, e in particolare nel mio, questa Francia che amo che, in questi giorni mi rende desolato fino alla vergogna, il governo dei flussi migratori si sostiene sulla paura dello straniero. Ecco il colpevole! Ecco l�africano che porta la poligamia e l�agente che trasmette cattivi odori denunciato da un presidente della Repubblica francese. Ecco l�arabo, per di pi� musulmano, a causa del quale il terrorismo � diventato una minaccia quotidiana! Ecco il Rom o l�operaio polacco, mano d�opera clandestina a buon mercato che permette di non aumentare i salari! Ecco le prostitute dell�Est, che minacciano i nostri pudori ipocriti. La stigmatizzazione dello straniero � al suo culmine. E soprattutto non pensiate che io esageri. Nella loro essenzialit� le cifre confermano questa diagnosi inquietante. Nella nostra Europa in cui, come dice ancora Andrea Riccardi: �La pace � una benedizione di Dio e un dono santo�, il razzismo e l�antisemitismo aumentano da diversi anni in maniera esponenziale. La prova ci � data dalla crescita delle forze politiche di estrema destra nazionalista in diversi paesi, dall�Austria ieri alle Fiandre o alla Polonia oggi, passando per la Francia, l�Italia o la Svizzera. Da questa constatazione ne deriva che � una tentazione per i responsabili politici di ogni lato quella di utilizzare lo straniero come capro espiatorio per spiegare la disoccupazione, l�insicurezza, o le violenze urbane. Dalla tentazione al passare alle vie di fatto, non c�� che un passo; l�immigrazione diviene allora uno strumento nelle loro mani.

E� cos� che si usa, come in Francia, dare la caccia ai clandestini, chiedendo ai Prefetti di �fare le quote�, come si fanno le quote in una unit� di produzione. Cos� si usa, come accade sempre in Francia, rendere difficili all�estremo le condizioni per il ricongiungimento familiare nel paese di accoglienza, comprendendo persino ed esigendo i test genetici per verificare ed autenticare i membri di una famiglia. E se la grande associazione Emmaus protesta, dicendo che �gli stranieri sono degli esseri umani e non degli oggetti di produzione�, non se ne fa niente. I vescovi osano dire che �misure sempre pi� restrittive contro i migranti sono concessioni a un�opinione pubblica dominata dalla paura� ma anche loro non sono meglio ascoltati. N� dai politici, n� da un�opinione pubblica che viene intrattenuta dai grandi media audiovisivi nella semplificazione manichea e nella distrazione dello spettacolo, che producono, l�una e l�altra, maggiori audience pubblicitarie.

Una terza verit� si impone allora. Davanti ad un�opinione pubblica europea sempre pi� inquieta e sempre pi� fredda, per la maggior parte dei responsabili politici del nostro continente si deve indirizzare un messaggio di fermezza piuttosto che risolvere un problema. Ma, quarta ed ultima verit�: la chiusura di un paese non � altro che un�esca per le allodole, quando d�altra parte si circola liberamente all�interno delle frontiere europee e quando, d�altra parte, si entra facilmente nell�Unione. In altre parole, nello spazio di Schengen, il governo dei flussi migratori � di fatto e indiscutibilmente un affare europeo e non un problema nazionale, come troppi governi dell�Unione fanno intendere nella speranza di trarne vantaggio.

Ma allora, come fare? Come assicurare un governo europeo dei flussi migratori, cio� un governo fondato su quella Europa della giustizia e della pace che, sin dal 1945, i nostri gloriosi predecessori han fatto nascere e sviluppare? Io vorrei proporre, in questa ultima parte della mia riflessione, quattro obiettivi pi� importanti, ai quali possiamo, gli uni e gli altri, dare un contributo secondo le nostre competenze e i nostri talenti.

Primo obiettivo: ottenere da tutti gli Stati dell�Unione Europea che ratifichino finalmente la �Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie� adottata dall�ONU il 18 dicembre 1990 ed entrata in vigore il 1 Luglio 2003. Trentasette paesi nel mondo l�hanno ratificata, ma nessun paese dell�Unione europea, malgrado numerose interrogazioni al Parlamento di Strasburgo.

Secondo obiettivo: elaborare e mettere in opera una vera politica europea delle migrazioni, fondata sull�esperienza di interdipendenza dell�Unione e sul modello del vivere insieme di cui essa � portatrice, Il parlamento europea vi si impegna, mentre i governi resistono per ragioni che ho tentato di spiegare. Il grande sociologo tedesco Ulrich Beck giustifica cos� questo obiettivo: �La societ� mondiale del rischio, ci mette davanti ad una nuova logica storica: nessuna nazione pu� trovare la soluzione da sola per i suoi problemi, in particolare sul problema delle migrazioni e del riscaldamento climatico� Uno dei pi� grandi successi dell�Unione europea � quello di aver strasformato i nemici in vicini pacifici. Questo miracolo � stato realizzato costruendo e sviluppando ad ogni livello delle interdipendenze. Questa visione cosmopolita consiste nel far proprio il punto di vista dell�altro e trovare una prospettiva comune�.

Terzo obiettivo: intraprendere un lavoro di Lobby, nei media, soprattutto audiovisivi, perch� si assumano di pi� le loro responsabilit�, professionali ed etiche, nei confronti della diversit� delle persone dei gruppi e delle esperienze di vita nell�Europa di oggi, nei confronti delle solidariet� che gi� esistono, nei confronti del dialogo interculturale e interreligioso che si costruisce sotto i nostri occhi. E� il loro compito, per vocazione, di lavorare a una cultura di pace e non di dissolversi in una cultura di violenza.

Quarto obiettivo: far sentire con pi� forza, pi� persuasione, pi� tenacia e in maniera ecumenica, il messaggio evangelico dell�accoglienza prioritaria ai pi� poveri. Incoraggiare, in maniera pi� intensa, i cristiani europei a unirsi alle organizzazioni di accoglienza ai migranti. Domandare alle �nostre chiese di riconoscere che gli immigrati cristiani non sono soltanto i beneficiari di accompagnamento religioso, ma che essi possono giocare un ruolo attivo e pieno nella vita della Chiesa e della societ�. Che le chiese offrano un migliore accompagnamento pastorale per i migranti, coloro che chiedono asilo e i rifugiati, e che esse promuovano i diritti delle minoranze etniche in Europa�

Conclusione. E� per questo che si pu� dire che una vera politica europea dell�immigrazione obbliga, sin da oggi e per domani, i cittadini europei ad arricchirsi e a riprendere gusto ai valori di giustizia e di pace che hanno fatto l�Unione europea, esperienza unica nell�umanit�. Questa politica obbliga inoltre tutti i cristiani, in fedelt� alla Populorum progressio, a lavorare pi� che mai �alla destinazione universale dei beni� e a dare la preferenza assoluta a quei poveri del loro continente che sono oggi i migranti.