Comunità di Sant'Egidio - Napoli 2007 - Per un mondo senza violenza - Religioni e Culture in dialogo Comunità di Sant'Egidio - Napoli 2007 - Per un mondo senza violenza - Religioni e Culture in dialogo
 

Copyright � 2007
Comunit� di Sant'Egidio

23/10/2007 - 09:30 - Aula Magna - Universit� Federico II
PANEL 28 - Violenza diffusa: un interrogativo inquietante

Sylvie Bukhari de Pontual
Attivista per l�abolizione della tortura, Francia

LE RIVOLTE FRANCESI DELL�AUTUNNO 2005

INTRODUZIONE

Le immagini delle rivolte urbane che hanno avuto luogo in Francia alla fine del mese di ottobre 2005 sono state divulgate attraverso le televisioni e nei giornali del mondo intero. Da l� la diversit� delle reazioni, la stampa internazionale ha spesso insistito sul loro carattere insurrezionale, mettendo l�accento con gravit� sul fallimento della politica francese di integrazione delle sue minoranze derivate dall�immigrazione, rinchiuse nei ghetti della periferia, vittime di numerose discriminazioni, ed inoltre in preda a forme aggressive di spirito di appartenenza alla loro comunit�.

Le inquietudini suscitate da queste rivolte non trovarono fondamento, in un contesto europeo in cui, in modo veloce a partire dal Summit di Siviglia del giugno 2002, i paesi membri dell�Unione Europea (UE) hanno optato, seguendo l�esempio della Francia, per un irrigidimento delle loro politiche migratorie, demonizzando gli immigrati �irregolari�, e ci� rinforza in modo inevitabile le discriminazioni subite dall�insieme delle popolazioni straniere o trattate come straniere.

Senza che sia possibile prevedere quando e sotto quale forma ci� succeder�, seguendo l�esempio di quello che � successo per le rivolte nelle periferie francesi durante l�autunno 2005 si pu� ciononostante affermare che in tutte le situazioni in cui si permetter� al disprezzo dei diritti, al razzismo, alla xenofobia verso alcune categorie di persone di prendere piede in maniera strutturale, in quel momento i rancori accumulati in questo modo saranno potenzialmente elementi di rivolta e di disordini pubblici.

Per cercare di evitare che questi eventi si ripetano e che si scateni un ennesimo episodio di violenza, � veramente interessante ricordare lo svolgimento delle violenze urbane dell�ottobre 2005 in Francia (I), provare ad analizzarle per meglio comprenderne le cause (II) prima di avanzare un certo numero di proposte destinate ad evitare che queste si ripetano in futuro (III).

I. CONTESTO STORICO: RICHIAMO DEI FATTI

Le rivolte dell�autunno 2005 nelle periferie francesi sono delle violenze urbane che hanno avuto inizio nella regione parigina il 27 ottobre 2005 , e poi si sono diffuse in un gran numero di periferie povere per tutta la Francia.. la notte del 7 novembre presenter� il bilancio pi� pesante, con 1410 automobili bruciate e circa 400 arresti.

Lo stato di emergenza viene dichiarato l�8 novembre 2005, poi prolungato per una durata di 3 mesi da una legge del 18 novembre 2005, mentre, dal 17 novembre 2005, la situazione � tornata alla �normalit� secondo la polizia (meno di 100 automobili bruciate la notte precedente). Queste rivolte hanno essenzialmente preso la forma di incendi criminali e di lanci di pietre contro le forze dell�ordine, come anche di battaglie che opponevano numerose centinaia di persone nei quartieri della periferia detti �sensibili� contro le forze della polizia francese con a volte dei veri e propri scontri a fuoco contro i poliziotti.

Praticamente, dal lato governativo, a dominare saranno soprattutto i discorsi e gli atti di chiusura. Mentre Nicolas Sarkozy, allora Ministro degli Interni, si dedica a mettere olio sul fuoco ripetendo pi� volte le parole �plebaglia� e �pulizia con l�idrante�, la macchina giudiziaria repressiva si mette in moto:

- � messa in atto una giustizia sbrigativa e di una severit� sproporzionata:

* i presunti rivoltosi che sono presi sono tradotti davanti alla giustizia con comparizione immediata, cosa che limita i diritti della difesa;

* una circolare invita le procure a �mobilitarsi� e autorizzare ogni qualificazione possibile per perseguire le infrazioni: reato di oltraggio, provocazione alla ribellione, associazione di malviventi, crimini in bande organizzate;

* un numero consistente di minori vengono imprigionati (circa 100);

* le pene di detenzione emesse sono allo stesso tempo numerose, spesso eccessive e emesse senza possibilit� di appello e inoltre (segno di una giustizia �che dia l�esempio�, che in pi� � arbitraria e raffazzonata) molto variabili da un tribunale all�altro e da una regione della Francia all�altra, in funzione del contesto locale.

- viene proclamato lo stato di emergenza:

prorogato fino al 21 febbraio 2006, lo stato di emergenza � una misura eccezionale, che priva delle libert� che apre una via legale all�arbitrariet� amministrativa;

permette come � noto l�instaurazione del coprifuoco, il divieto di adunanza, l�obbligo di domicilio coatto di persone considerate pericolose, le perquisizioni notturne a domicilio, la limitazione del diritto di stampa (il tutto fuori dal controllo della giustizia). Ma non � servito altro che a decretare il coprifuoco in alcuni comuni e a proibire una manifestazione di protesta contro � lo stato di emergenza;

una legge dell�aprile 1955 istituisce lo stato di emergenza, in particolare �in caso di pericolo imminente derivante da gravi minacce all�ordine pubblico�. Questa � stata utilizzata a pi� riprese per la repressione dei movimenti indipendentisti algerini (1955, 1958, 1961) e della Nuova Caledonia (1984). Proprio sotto il regime dello stato di emergenza molte centinaia di manifestanti algerini furono massacrati a Parigi dalla polizia durante la notte del 17 ottobre 1961: questo assassinio collettivo verr� poi a lungo negato dai poteri pubblici;

la problematica dello stato di emergenza ha dunque una forte carica simbolica: agli occhi delle minoranze e dei democrati essa � al contempo sinonimo di repressione coloniale di menzogna e di impunit�; ai figli degli immigrati arrivati dalle vecchie colonie essa ricorda le loro origini e la sottomissione violenta che venne imposta ai loro genitori. Poich� per altro la sua instaurazione non ha avuto alcuna utilit� reale nel 2005, si pu� pensare che questa legge eccezionale sia stata utilizzata consapevolmente per avvelenare una situazione ideologica divenuta deleteria da qualche anno e che abbia preso la forma di un affronto sociale sempre pi� etnicizzato.

- l�indurimento della politica antimmigratoria:

* nel quadro della strategia dell�amalgama minoranze/stranieri, approfittando della situazione, il governo ha annunciato il suo piano di irrigidimento del controllo dell�immigrazione in Francia, che mira a rendere pi� difficili il ricongiungimento famigliare, i matrimoni fuori dal territorio francese e l�ottenimento dello status di studente straniero;

* il termine imposto ai coniugi prima di poter fare richiesta della nazionalit� francese deve essere portato a 4 anni;

* d�altro canto il ritardo di ricorso per i richiedenti asilo rigettati sar� ridotto a 15 giorni, trasformando cos� il procedimento di determinazione relativo allo status di rifugiato in una vera e propria lotteria perdente.

Parallelamente il governo annuncia un insieme di decisioni che si suppone possano risolvere i problemi sociali delle periferie in particolare sui due fronti:

- dare occupazione ai giovani senza occupazione;

- lottare contro le discriminazioni

Come la maggior parte delle misure che sono state annunciate nel corso degli ultimi vent�anni, queste ultime hanno:

- sia una semplice funzione incantatoria (e, in particolare, in ci� che riguarda l�accesso dei giovani a vere occupazioni esse non saranno seguite da nessuna realizzazione efficace)

- sia per conseguenza di offrire delle risorse supplementare al precariato e alla flessibilit� del lavoro nel quadro della politica ultra-liberale attuale.

Alcune fra queste andranno persino a rafforzare la discriminazione e la segregazione che si sostiene di combattere. Esse seguono o accompagnano delle dichiarazioni a volte violente o ostili verso gli immigrati e i loro figli, in particolar modo verso coloro che provengono dal continente africano. Queste ultime incriminano la loro mentalit� arretrata, il loro rifiuto di imparare o di servirsi della lingua francese, la loro poligamia, i loro costumi, il loro parassitismo e infine la loro incapacit� di integrarsi nella Repubblica Francese.

II.ANALISI DEL FENOMENO

In proporzione all�intensificarsi del fenomeno e al suo propagarsi, i media hanno inoltre presentato queste violenze come l�espressione di un averne le tasche piene delle discriminazioni per l�alloggio, dell�assunzione a giornata��

Per alcuni, esse sono anche state testimonianza di un malcontento generale della politica interna.

Nonostante questo, poich� i bersagli degli incendiari erano a volte delle scuole, delle mediateche o delle palestre, una parte della popolazione ha fatto fatica a capire perch� i rivoltosi se la fossero presa proprio con le strutture che si supponeva avrebbero dovuto aiutarli a meglio inserirsi nella societ�. In effetti questo si opponeva alla versione dei fatti proposta dalla stampa e da una parte della classe politica, quella pi� precisamente che affermava di �capirle�. Si ignorava cos� la radicalit� di una rivolta che pretendeva di distruggere interamente il sistema sociale e politico da cui veniva esclusa: i tentativi di integrazione erano in conclusione avvertiti come una volont� di ammansirli e di convincerli a rimanere nel posto in cui si sarebbe voluto vederli, anche quando l�organizzazione generale del sistema era stata fatta senza di essi.

A. UNO SCONTRO CULTURALE��

Per Hugues Lagrange i disordini sono scoppiati essenzialmente in zone urbane sensibili che ospitavano una grossa proporzione di famiglie africane con pi� di sei figli. Questo ricercatore ha esaminato le caratteristiche dei quartieri toccati. La maggior parte si trovano in zona urbana sensibile.

Ma sono soprattutto le citt� che dispongono di un reddito medio molto inferiore a quello del resto del comune quelle che sono state incendiate. I contrasti sociali hanno semplicemente alimentato la ribellione, tutto come la presenza di numerosi giovani. In queste citt� rappresentano a volte fino al 40% della popolazione. E paradossalmente � proprio l� dove importanti operazioni di rinnovamento urbano erano state lanciate che il fuoco � divampato. Poich� per demolire grandi palazzi, alle famiglie vengono assegnati alloggi provvisori, e ci� sembra destabilizzare i pi� fragili, spiegano ancora i sociologi.

Senza essere delle sommosse etniche, poich� sono state interpellate persone di ogni origine, gli incendi di novembre hanno messo in luce le difficolt� di integrazione di una parte di figli di origine africana ma di nazionalit� francese per il 95%, generati da quest�ultima onda di immigrazione.

Lo scontro � anche di natura culturale. Le famiglie africane sono principalmente originarie di un ambiente rurale. Per tradizione, il padre occupa la posizione centrale nell�organizzazione familiare: egli incarna la legge. La trasposizione brutale di codice culturale in un contesto urbano occidentale allo stesso tempo confinato e brutale fa vacillare i punti di riferimento di queste famiglie fino a scardinarli.

La differenza tra la norma familiare e la realt� della societ� attorno � quindi spesso sia molto dolorosa che profondamente ostacolante. Alcuni giocano su questo per sfuggire ad ogni autorit� �Nel sistema tradizionale africano, ricorda a giusto titolo Lagrange, tutti gli adulti intervengono. In Francia questi figli vivono una rottura tra il discorso parentale e le regole esterne. Per� la parola adulto funziona quando tutti la rafforzano.� La maggior parte di queste famiglie non hanno molte relazioni con la scuola. Per rispetto spesso ma anche per timore di fronte a un�istituzione che quasi non comprendono. I genitori non delegano l�autorit� effettiva agli insegnanti. Per terminare, alcuni adolescenti negano qualsiasi tipo di autorit� ai professori.

B. MA NON UNO SCONTRO ISLAMICO�..

La Francia ha un problema con i suoi musulmani ma non � quello che essa crede. L�incendio dei quartieri periferici dell�ottobre �novembre 2005 cos� come l�ondata di arresti negli ambienti jiadisti hanno riportato l�Islam al centro delle preoccupazioni francesi e hanno dato respiro a coloro che brandiscono la minaccia di un mondo musulmano organizzandosi a partire dall�islamismo politico. Eppure � tutto il contrario: paradossalmente � l�affanno dell�islamismo politico pi� che la sua radicalizzazione ci� che spiega le violenze a predominanza musulmana ed � la depoliticizzazione dei giovani musulmani molto pi� la loro supposta ricomunitarizzazione su basi radicali che dovrebbe inquietare. Per minimizzare i rischi della sommossa e del militarismo jiadista bisognerebbe cercare di risolvere i problemi socio-economici di cui soffrono le citt� ridurre le violenze che si esercitano contro di esse e favorire la partecipazione politica di coloro che vi risiedono.

Fino ad oggi l�organizzazione politica di queste popolazioni � sistematicamente fallita. L�esaurimento della sfera di influenza islamista politica coincide con l�ascesa del salafismo, movimento missionario che, invocando i pii antenati dell�Islam, predica uno scritturalismo rigoroso, si concentra sulla morale e la condotta individuale, e chiama alla rottura con le societ� occidentali. Il salafismo trova le sue radici nella diluizione della portata contestataria dell�islamismo e di esaurimento dei movimenti dei giovani musulmani. Il suo successo rende molto pi� la preoccupazione individualista, il ripiegamento su di s� e la rinuncia politica che un progetto di comunitarizzazione o di confronto con la societ�.

Mentre l�islamismo politico e le organizzazioni di giovani musulmani non occupano pi� il terreno dell�inquadramento associativo e della contestazione, e mentre la forza religiosa in ascesa, il salafismo, se ne disinteressa, regna un vuoto politico, soprattutto in seno alla giovent� senza occupazione delle periferie.

La rivendicazione politica si radicalizza allora attorno a due assi, il salafismo jihadista e le rivolte, e si nutre di condizioni sociali precarie, a livello di lavoro come di alloggi, della discriminazione sociale e della stigmatizzazione dell�Islam.

Il jihadismo � chiaramente affare di politica, e anche di politica trasnazionale. Mentre in passato gli attentati in Francia si inscrivevano in un processo di estensione dell�attivismo dei movimenti islamo-nazionalisti radicali dei paesi stranieri, l�attivismo violento dalla seconda met� degli anni �90 non � pi� una realt� importata: riguarda degli extracomunitari francesi e mobilita a partire da un discorso anti-imperialista �islamizzato� e drogato dalle questioni palestinese e irakena sul piano internazionale come dalle discriminazioni in Francia. La lotta cambia natura: non riguarda pi� la presa di potere e l�istituzione dello Stato islamico in un dato paese, ma un confronto pi� largo con i nemici di una comunit� musulmana (oumma) decisamente trasnazionale. Non � l�Occidente �licenzioso� che pone il problema, ma l�Occidente �imperialista�.

C. PIUTTOSTO UNA CRISI DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA

Ma pi� che la tentazione jihadista, � attraverso la rivolta che si esprime la rivendicazione politica quando mancano gli inquadramenti cittadini. L�incendio delle periferie di ottobre e novembre 2005 � stato fatto senza attori religiosi e ha confermato che gli islamici non occupano questi quartieri.

Mentre essi avevano ogni interesse a calmare il gioco per mostrare la loro capacit� di controllo, fu largamente l�insuccesso: nessun agente provocatore barbuto dietro l�incendio, n� �fratelli maggiori� dietro per spegnerlo.

Nonostante numerose iniziative miranti a ristabilire la calma, gli islamici non hanno svolto il loro ruolo atteso di operatore di controllo sociale, mostrando bene che essi non controllano n� le rivolte n� i quartieri.

Quanto alle grandi organizzazioni dell�Islam di Francia, esse hanno mostrato la loro carenza di presa sugli eventi e sulle popolazioni implicate. Non si pu� che deplorare che la presenza di un Islam tranquillo e sotto controllo non abbia ostacolato n� la tentazione radicale, n� la dinamica rivoltosa.

In un contesto di affanno delle organizzazioni di giovani e di notabilizzazione dell�islamismo politico e in assenza di intermediari politici laici efficaci, la rivendicazione tende a riposizionarsi sul terreno della violenza, che sia jihadista o rivoltosa.

La violenza islamica, proprio come le rivolte delle periferie, � prima di tutto la conseguenza di una crisi della rappresentanza politica delle popolazioni musulmane e delle citt� che suppone, al di l� delle soluzioni autoritarie o socio-economiche, un trattamento politico.

In effetti, le rivolte di novembre 2005 mostrano che al di l� dei gruppi di giovani implicati in queste violenze, c�� in questi quartieri una parte significativa della popolazione che si trova nell�abbandono, nella perdita di riferimenti, nella disperazione, nella mancanza di prospettive per l�avvenire, nella perdita di riconoscimento, di rispetto, di ascolto.

Queste rivolte hanno ricordato il grave malessere dei giovani � spesso francesi ma di origine immigrata � e la loro mancanza di posto nella societ�. Malessere accentuato dalle loro difficolt� di esprimersi e di comunicare. La chiusura e l�isolamento nel quale essi si trovano, l�assenza di riconoscimento dei loro potenziali, della loro cultura e di quella dei loro genitori, rinforzano il loro sentimento di ostilit� e di abbandono da parte della collettivit�.

Se queste rivolte appaiono �senza capo e senza programma�, esse non sono senza rivendicazione. C�� ben una rivendicazione sottesa a queste rivolte: questi giovani non accettano l�assenza di prospettive professionali e sociali. Alcuni rivendicano un avvenire pienamente da francesi, altri si rifugiano nell�etnicizzazione e nell�atteggiamento di �vittima�.

Alcune dichiarazioni ufficiali hanno chiamato in causa la responsabilit� delle famiglie, le loro carenze educative e la poligamia. Eppure in numerosi quartieri, gli adulti hanno svolto un ruolo di pacificazione durante le violenze, alcuni gruppi di genitori, di cittadini si sono mobilitati per placare le cose grazie al dialogo e interponendosi tra le forze di polizia e i giovani. Questa dimensione cittadina deve in particolare essere rilevata.

I comuni che hanno un tessuto associativo o delle personalit� sulle quali appoggiarsi, hanno conosciuto un ritorno alla calma pi� rapido. Da cui l�importanza di favorire l�espansione di queste associazioni, di incoraggiare il �vivere insieme�.

D�altro canto, l�ideale di integrazione nasconde sempre meno bene l�ineguaglianza nei fatti. Come la societ� francese ha finito per ammettere alla fine degli anni �90, i figli dell�immigrazione subiscono un insieme di discriminazioni nei settori chiave della vita: habitat, istruzione, occupazione, svaghi.

In particolare, oggi, la discriminazione del mercato del lavoro � talmente forte che se un giovane che risponde ad un�offerta di lavoro � domiciliato in un �quartiere difficile� (di quelli dove si bruciano le automobili, ad esempio), possiede un nome arabo, o proviene da un indirizzo scolastico giudicato non nobile, non ha praticamente nessuna possibilit� di essere assunto. Poich� � difficile fornire la prova e poich� la legge quasi non � applicata, questa situazione perdura.

Altre due discriminazioni sono ugualmente sentite molto male:

- da una parte, il divieto (illegale ma frequente) che viene fatto loro di frequentare certe discoteche;

- d�altra parte, i controlli di polizia �alla facies� (ugualmente vietati) dei quali essi sono senza sosta vittime nella strada e nei trasporti pubblici, in ragione del loro aspetto fisico che li rende sospetti.

A giusto titolo, tutto ci� � vissuto come un razzismo onnipresente: da questo punto di vista, le rivolte urbane sono una risposta disordinata a questo disordine tollerato dalla societ� dominante del paese.

Le minoranze derivate dall�immigrazione sono cos� allo stesso tempo invitate ad integrarsi e costantemente richiamate alla loro condizione inferiore: � ci� che alcuni chiamano una �ingiunzione paradossale�, e si tratta di una maniera di trattare le persone che � fonte di grande instabilit� psichica, potendo scatenare delle reazioni assimilabili alla follia. Insomma, si � instaurata per queste minoranze una distorsione strutturale e durevole tra il reale (segregazione, discriminazioni, esclusione) e l�immaginario (uguaglianza dei diritti e delle opportunit�), ci� che fa s� che l�integrazione repubblicana funzioni come un discorso vuoto di senso, che si aggiunge alle ingiustizie.

In Francia, per giunta, un fattore che ha senza dubbio contribuito notevolmente a creare una situazione strutturalmente esplosiva � l�insediamento di un contraddittorio permanente tra i giovani e la polizia, in conformit� con l�orientamento repressivo delle politiche sociali. Sembra che i poteri pubblici, e anche numerosi specialisti, abbiano completamente trascurato i rischi insurrezionali contenuti in questi innumerevoli controlli senza motivo, esercitati selettivamente contro una giovent� individuata attraverso il colore della pelle o l�attaccatura dei capelli, nei luoghi pubblici, sul proprio territorio, davanti a tutti, e ci� per mezzo di uomini armati di arnese che possono provocare la morte. Al momento dei numerosi incidenti conseguenti a queste provocazioni, che si concludevano a volte con la morte di un giovane, i poliziotti hanno come consegna di dichiararsi minacciati da pericolosi delinquenti, e solamente la loro parola � giudicata degna di fede. Questa ingiustizia � forse recepita tanto grave come tutte le altre: contro quella di un poliziotto, la parola di un giovane figlio di immigrati non vale niente � sarebbe come dire che la societ� stabilisce che qualsiasi cosa sia successa, � un bugiardo.

Infine, per comprendere i comportamenti apparentemente irrazionali dei rivoltosi, come bruciare le auto degli abitanti della loro citt�, incendiare le scuole, attaccare degli autobus, converrebbe guardare dal lato dei processi psichici che vengono scatenati dal contraddittorio con la polizia: fenomeni come l�umiliazione, il sospetto, la paura, la vergogna, mostrerebbero senza dubbio come la squalifica permanente, deliberata, gratuita e a volte sadica, di tutta una giovent�, viene a sovrapporsi inutilmente alla disuguaglianza e al separatismo quotidiani che essa subisce a causa delle sue origini. Per giustificare questi controlli, viene spesso addotto il fatto che alcuni tra loro sono dei �boss�, ladri o trafficanti, lasciando in questo modo che si sviluppi la condanna di un intero gruppo sociale, che in pi� � individuato dall�appartenenza etnica. � senza dubbio perch� si � potuto rilevare che le rivolte hanno coinvolto un importante numero di giovani, ben al di l� dei delinquenti comuni, e hanno incontrato la simpatia da parte dei non partecipanti, in particolare le ragazze, perfino i genitori.

III. PROPOSTE PER EVITARE LA VIOLENZA NELLE CITT�

Questo mostra bene che la giusta risposta deve posizionarsi nel campo politico:

- diminuzione delle pratiche repressive nelle citt�;

- nuove forme di rappresentanza politica credibile di giovani musulmani in particolare, compresi i grandi partiti politici nazionali;

- infine, serio sforzo da parte del mondo occidentale in generale a rivolgersi ai grandi dossier che alimentano il movimento jihadista: la questione palestinese e quella dell�Irak in primissimo luogo.

Si tratta di:

- diminuire la presenza coercitiva dello Stato nelle periferie:

Insistendo sulla formazione della polizia, compreso attraverso l�applicazione di sanzioni forti verso gli abusi di potere, in particolare di natura razziale;

Ricostruendo forme di mediazione non autoritaria tra le autorit� e la popolazione, ad esempio ridinamizzando l�animazione sociale e ripensando la polizia di �proximit�.

- Ridurre la discriminazione sociale e in particolare:

Rivedere l�erogazione di alloggi sociali vigilando sul mescolamento etnico;

Assicurare una ripartizione pi� equa degli alloggi sociali tra i vari comuni;

Realizzare delle campagne decise e costanti contro la discriminazione razziale ed etnica.

- Modificare le forme di rappresentanza politica della popolazione musulmana, e in particolare:

Rinunciare all�idea che l�istituzionalizzazione del culto musulmano possa ostacolare la tentazione jihadista;

Definire con chiarezza le funzioni del Consiglio francese del culto musulmano come organo di gestione del culto e non come organo rappresentativo dei musulmani di Francia;

Frenare le politiche di natura clientelare e comunitaria a tutti i livelli dello Stato;

Privilegiare a livello locale e regionale il dialogo con gli attori pi� �autoctoni� dell�Islam di Francia, vale a dire le mobilitazioni dei giovani nati sul suolo francese;

Adottare un atteggiamento costruttivo rispetto alle forme di affermazione politica suscettibili di nascere nel prolungamento della sommossa delle periferie del 2005.

- Dinamizzare il tessuto associativo, e in particolare:

Tornare su riduzioni consistenti dei finanziamenti delle associazioni dal 2002 e non trascurare le associazioni con obiettivi direttamente politici a vantaggio di associazioni pi� socio-culturali;

Fare finanziamenti a lungo termine;

Controllare meglio l�uso che viene fatto di questo denaro.

- Rivitalizzare l�impianto politico nelle periferie rese precarie:

Rispondendo alle domande di partecipazione dei giovani musulmani, vedendovi una possibile forma di secolarizzazione del loro impegno militante;

Mobilitando i sindacati sul fronte della lotta contro le discriminazioni, in particolare quelle che si interessano di occupazione e di alloggi.

- Accrescere le possibilit� di mobilitazione dei giovani musulmani nei partiti politici e nelle associazioni per fare concorrenza al salafismo e al jihadismo, ci� che implica:

Di sviluppare delle strutture militanti ai musulmani nati in Francia, compreso a livello dirigenziale, e sviluppare un discorso collocato nelle realt� della periferia;

Di favorire il re-impegno delle associazioni nell�azione sociale, di farle re-intervenire nei quartieri e di continuare a rinforzare i partenariati oltre agli attori che si riferiscono all�Islam.

CONCLUSIONE: SENSO DELLE RIVOLTE URBANE FRANCESI E RISPOSTE DA FORNIRE LORO

Sono coesistiti due tipi di analisi:

- una ha puntato il ruolo dei �boss� e dei giovani delinquenti nell�organizzazione delle violenze urbane e raccomandato conformemente il ritorno alla calma via dichiarazione dello stato di emergenza con possibile ricorso al coprifuoco e via trattamento giudiziario degli atti commessi dai rivoltosi fermati;

- l�altra ha messo l�accento sulle radici sociologiche di questa esplosione di violenza e ha rilevato il sentimento di ingiustizia generato dalla disoccupazione e dalla precariet�, la segregazione urbana e scolastica, le discriminazioni di cui sono vittime gli abitanti dei quartieri sensibili, e in particolare i giovani di origine maghrebina o subsahariana che sono stati nel cuore del movimento. Questa analisi ha dunque raccomandato di rispondere ai problemi in termini di misure socio-economiche di urgenza: apprendistato a 14 anni, ridefinizione della politica degli ZEP (Zona di Educazione Prioritaria), creazione di nuove zone franche, di una Agenzia della coesione sociale e delle pari opportunit�, sblocco dei crediti per le associazioni di quartiere, misure per l�occupazione e contro le discriminazioni �

Ma queste due analisi e le soluzioni che ne scaturiscono sono state contestate in particolare da alcuni sociologi che fanno ricadere sull�assenza di polizia di �proximit� e sulle pratiche attuali della polizia la responsabilit� dello scoppio delle violenze e sono seccati che l�analisi puramente sociologica della crisi ne mascheri la dimensione politica.

La violenza � un modo di relazione che funziona male :

1. Un modo di esprimersi: i giovani sanno raccontare, sanno parlare dell�azione, dichiarare una volont�; essi non sanno esprimere dei sentimenti. I pi� violenti sono spesso i pi� insicuri, quelli che soffrono di pi� senza saperlo esprimere.

2. Un modo di interpellare: la provocazione: �voi siete obbligati a tenere conto di me� - e bisogna anche constatare che questo modo di esprimersi � efficace.

3. Un modo di agire, per ottenere qualcosa, che sia attraverso il racket o convincendo un eletto a rispondere favorevolmente a un�esigenza.

Allo stesso tempo, i giovani non si rendono conto della sofferenza causata dai loro atti; del resto alla tv, nella pubblicit�, gli atti di violenza sono molto numerosi senza apparentemente causare n� dolore n� sofferenza. E la nostra societ� legittima la violenza (vedi la tolleranza verso le manifestazioni degli agricoltori per esempio).

Come reagire?

Moltiplicando i mezzi di espressione, ascoltando: scuole di teatro, di musica, grandi pannelli di espressione murale. In caso di dramma (morte di un giovane), avere come prima reazione la compassione e non un discorso di legittimazione.

Di fronte alla provocazione, occorre reagire su un altro registro � di fronte alla piccola provocazione, l�umorismo (diverso dall�ironia) � un buon argomento.

Di fronte alla violenza come modo di agire, bisogna vietarla; nulla deve potersi ottenere attraverso la violenza; occorre ritrovare la fermezza e reagire fin dalla prima manifestazione. Pagare degli svaghi ai violenti, � incoraggiare la violenza. Dai quattro anni, concedere delle caramelle a un ragazzino che strilla dopo avergli detto di no, � incoraggiarlo a ricominciare e a domandare sempre di pi� � eppure, nei supermercati, quanti sguardi di adulti rimproverano ai genitori di rifiutare un capriccio ai loro figli! Molto si gioca dai quattro anni. La barriera dei 13 anni, et� della maggiore et� penale, non ha alcuna giustificazione da un punto di vista pedagogico. La reazione abituale della giustizia �non � grave se � la prima volta� � deplorevole.

I giovani hanno bisogno di adulti che ascoltino e non cedano.

Il filosofo Ren� Girard lega la gestione della violenza al sacro: laddove il senso del sacro si attenua, la violenza non ha limiti. Perch� in effetti rispettare la vita se essa non � sacra? Cosa fonda il carattere sacro della vita?

In questa prospettiva, i cristiani hanno dunque veramente un messaggio da far vivere.