Editor of “La Croix”, France
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Guerra e media, informazione e disinformazione: è un tema antico ! Pensiamo al dispaccio di Ems , che ha scatenato la guerra del 1870 tra Francia e Prussia. Più conosciuta la celebre battuta attribuita a William Randolph Hearst, magnate della stampa, proprietario segnatamente del New York Journal, l’uomo che ha ispirato “Quarto potere “ di Orson Welles. Quando si aprirono le ostilità fra gli Spagnoli e i Cubani, Hearst mandò l’illustratore Frederic Remington a Cuba perché disegnasse immagini del conflitto. Accorgendosi che non stavano accadendo fatti particolari, Remington inviò un cablogramma a Hearst nel gennaio 1897: “Tutto è tranquillo. Non ci sono problemi qui. Non ci sarà nessuna guerra. Intendo ritornare”. Hearst avrebbe risposto: “ Per favore, rimani. Tu fammi avere le immagini e io provvederò alla guerra”. Ciò che è strano (in relazione al tema di questa mattina) è che si sarebbe trattato di una frase apocrifa…. Un sito Internet specializzato nella scoperta di storie inverosimili, ha concluso che questo scambio di telegrammi non è mai esistito.
Tuttavia,è risaputo che i giornali di Hearst contribuirono alla crescita della tensione e che questa tensione sfociò in un conflitto armato da aprile ad agosto del 1898 fra gli Stati Uniti e la Spagna. Esso terminò con l’indipendenza di Cuba (almeno nei confronti della Spagna).
In altre parole, questa famosa battuta ,“Io provvederò alla guerra”, non sarebbe del tutto priva di fondamento. Essa può ricollegarsi alla categoria dei motti professionali che noi amiamo molto: “Se non è vero, è bello”, “Non rovinare una bella storia con i fatti”, “Datemi un osso, vi darò un diplodoco”
Adesso, bisogna passare alle cose serie e al presente. La verità – si dice- è la prima vittima della guerra. Lo sappiamo da tempo. La grande difficoltà è che, oggi, il problema si è terribilmente complicato.
Quattro dimensioni:
- Noi viviamo “in un tempo di sovraccarico di informazioni e al ritmo pauroso dell’istantaneo” (François-Bernard Huyghe). Con Internet , i social network, la moltiplicazione dei canali di informazione a ciclo continuo , il ritmo dell’informazione si è incredibilmente accelerato (pensiamo al caso Aylan) . La nostra capacità critica è stata oltrepassata molto rapidamente.
- Noi viviamo in un’epoca segnata “dalla moltiplicazione delle versioni disponibili della verità” (François-Bernard Huyghe). Grazie a Internet,ogni specie di teoria viene illustrata su Internet. Tanto più facilmente , dal momento che la tecnica si è banalizzata (per esempio per truccare le foto). Si tratta di teorie che si caratterizzano per la ricerca di complotti e di cospiratori.
Neanche questa è una novità .L’Italia ha forgiato la parola “dietrologia” molto prima dell’esistenza di Internet. “Big Brother”! “Grande vecchio”! Ma ciò ha assunto proporzioni considerevoli. Il complottismo comincia bene (scetticismo) , ma finisce male perché conclude sempre che l’autentica verità è nascosta e noi siamo sempre manipolati.
Ciclo infernale: accusa, prova, confutazione della prova, confutazione della confutazione, accuse reciproche di manipolazione…..
- Noi viviamo in un tempo segnato (in ogni caso in Francia) dalla crescita della derisione, per cui niente viene preso sul serio… Ciò induce un forte relativismo e indebolisce la credibilità di coloro che hanno responsabilità.
- Il fenomeno della manipolazione dell’informazione nei conflitti è tanto più difficile da seguire oggi, in quanto le guerre sono frazionate e multidimensionali. Ad esempio, papa Francesco parla di guerra mondiale a pezzi. E’ significativo che il premio Bayeux per corrispondenti di guerra sia stato attribuito a un reportage sulla crisi migratoria vista dagli abitanti di Lampedusa.
Che fare?
Credere che la verità esiste e che la si può cercare. Sviluppare l’educazione all’informazione. Slow food/slow media. Una citazione di Raymond Aron: “ I miei colleghi de L’Express, quando arriva una notizia importante, dicono: muoviamoci a parlarne nel giornale. Io dico a me stesso: se è importante, prendiamo il tempo di rifletterci sopra”. E’ per questo che noi siamo qui, questa mattina.
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