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La gratuità nel tempo del mercato globale
E' un privilegio e una gioia partecipare di nuovo a questa conferenza di Sant’Egidio e far parte di questo panel su un tema che trovo personalmente impegnativo. Quando guardo indietro alla mia vita, scopro quanto ho ricevuto senza poter ricambiare - da famiglia e amici, dalla chiesa e dalla società, nell’incontro con persone di altre culture, da Dio. La vita stessa è un dono gratuito, dono della grazia di Dio, ed è così la salvezza in Cristo e vivere in comunità e di amicizia con gli altri. Pertanto io mi sento messo in discussione, vivo io- viviamo noi- la stessa gratuità?
Questa mattina intendiamo riferirci alla gratuità nel tempo del mercato. Nell'Europa medievale il mercato è stato il centro vibrante di una comunità, che rifletteva la sua vita, il suo destino e le sue attività, di solito con una chiesa accanto. Oggi il termine "mercato" ha assunto un significato diverso, come il luogo della finanza e del commercio, e i vecchi mercati si stanno spostando verso i centri commerciali, non sono più le espressioni della comunità, ma del consumismo e dell'individualismo. Io non sono un nostalgico del Medio Evo, ma mi preoccupano gli effetti del consumismo sulle nostre vite e comunità, come anche sulla mia vita personale.
L'elemosina è uno dei pilastri dell'Islam, è un comandamento nella tradizione ebraica, e la Bibbia mostra una preoccupazione particolare per i poveri e gli stranieri, gli orfani e le vedove. E' triste osservare come i governi e politici in molti paesi europei oggi tentano di limitare e vietare la presenza di mendicanti e persone senza fissa dimora in luoghi pubblici. Ci siamo rattristati e siamo rimasti scossi quando un nutrito gruppo di Rom poco tempo fa è stato espulso dalla Francia.
Tuttavia, la gratuità al tempo del mercato non è una questione concernente solo un settore della società. Nel contesto in cui vivo, il nord Europa, la cultura consumistica ha portato alla frammentazione della società. Non è solo fare i ricchi più ricchi e i poveri più poveri, ma essa ci rende prigionieri di una dittatura disumana che scaccia via i valori che legano le persone insieme e danno un significato più profondo alla vita. La gratuità al tempo del mercato concerne il tessuto della comunità, la dignità umana e un più profondo orizzonte di vita umana e di fraternità. Ma i poveri e i senzatetto sono i primi a sperimentare la sua assenza.
C'è una storia nel Nuovo Testamento che parla di un mercato, nel recinto esterno del Tempio di Gerusalemme, dove Gesù rovesciò i tavoli dei cambiavalute. Più tardi ha avuto luogo una conversazione tra Gesù e gli scribi a proposito della tassa dovuta a Cesare. Ricordiamo come Gesù ha chiesto loro di mostrargli una moneta con l’effige di Cesare, a proposito della quale disse: "Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio "(Lc 20,25). Ora, il significato nella risposta di Gesù si trova nella tensione che sorge tra l'immagine di Cesare sulla moneta e il dare a Dio ciò che è suo. Dove si trova l'immagine di Dio che dovrebbe essere interamente donata a lui? Tra le righe di questa conversazione emerge la sacra immagine dell’uomo, di ogni essere umano - senza distinzioni creato da Dio e che a lui appartiene.
In questi ultimi anni un’intuizione di base si è notevolmente approfondita nella mia vita attraverso il contatto con Sant 'Egidio. Essa ha a che fare con l'amicizia con i poveri, non con la convinzione che i poveri sono un "peso", ma che ogni essere umano porta in sé l'impronta della dignità e ha qualcosa con cui contribuire. Pertanto questa enfasi è sull’amicizia - sull’idea che apparteniamo tutti a Dio, e che condividiamo la dignità che egli ha impresso come un'impronta sulla nostra vita, e su ciò che egli ha dato a noi in questo mondo.
All'inizio del 2008 ho ascoltato il professor Riccardi parlare della gioia della fede e della gioia della comunità. "La gioia non è una cosa facile da raggiungere in questo nostro mondo ", ha detto e ha continuato:" Il consumismo ci rende tristi, perché sentiamo costantemente bisogno di avere di più per comprare ... Il consumismo, come un maestro occulto, ha plasmato la nostra società con la tristezza". Riccardi ha parlato di una rivolta della gratuità e della gioia di dare, citando Gesù che disse: "C'è più gioia nel dare che nel ricevere." (At 20,35) Vorrei qui aggiungere che il riconoscimento di questa gioia non è qualcosa che raggiungiamo facilmente, è una gioia che dobbiamo costantemente riscoprire ed imparare ancora e ancora. Suppongo che è stata la ragione per cui Andrea Riccardi ha chiamato tale rivolta una rivolta controculturale.
Con questo convegno abbiamo espresso il nostro desiderio di vivere insieme in un momento di crisi. Qualcuno deve rompere l'illusione di felicità che ci viene presentata da una cultura consumistica che frammenta le nostre società e ci rende tristi. Sarebbe un contributo significativo da Barcellona se insieme possiamo incoraggiare le nostre diverse comunità religiose ad unirsi e dare voce e azione a tale rivolta di gratuità.
Credo fermamente che, come cristiani, musulmani ed ebrei condividiamo un terreno comune per questo compito- nel comandamento duplice dell'amore: amare Dio con tutto il cuore e il nostro prossimo come noi stessi. Questo terreno comune non ci invita a riscoprire insieme la gioia di Dio e della sacra immagine di ogni essere umano, quindi anche la gioia del dono e la gioia dell’amicizia?
Io non sono un esperto di mercato del commercio e della finanza, ma non ci vuole molta immaginazione per vedere gli effetti dello sfruttamento della terra e dei settori poveri della società globale. Se l'obiettivo delle Nazioni Unite di sconfiggere la povertà globale deve essere raggiunto, esso richiede un radicale riconoscimento della nostra interdipendenza e una rivolta di gratuità che faccia la differenza. Per noi in quanto credenti è richiesta una protesta attiva contro le forze e le politiche che frammentano le nostre società ed escludono quelli che non hanno soldi per comprare. Ma più di questo, tale protesta dovrebbe dimostrare la gioia del dono, la gioia della fede e una comunità che dà spazio sia al forte che al debole e dà spazio alla condivisione. Non è solo una sfida ad attraversare i confini tra le nostre comunità religiose, ma che insieme invitiamo e includiamo coloro che altri tendono a escludere.
Nel riflettere sulla nostra vita credo che noi tutti riconosciamo come siamo veramente tanto dipendenti gli uni dagli altri, nonostante l'ideale e l'illusione di essere "self-made man". Ciò ha implicazioni per i macro-e micro- sistemi che formano il tessuto della nostra società, ed è un riconoscimento che dovrebbe informare il nostro modo di vivere. Come persone di fede, abbiamo anche la profonda consapevolezza di non vivere per noi stessi, ma per Dio e grazie alla sua misericordia. Per me come cristiano questa visione morale è radicata nel Vangelo, e nella grazia travolgente di Dio rivolta a noi in Cristo, il che implica una vita liberata di amore per ogni essere umano e per tutte le creature che portano l'impronta di Dio. E noi vogliamo insieme scoprire ancora che "C'è più gioia nel dare che nel ricevere ".
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