President of the French Protestant Federation
|
L’argomento proposto è vasto come il mondo. Bisogna perciò trovare un punto d’approccio. Ragionandoci mi sono ricordato che qualche tempo fa si rifletteva su una misura della felicità. Ed effettivamente immagino che la ricerca di Dio abbia qualcosa a che vedere con la ricerca della felicità!
Non è da molto che ci si chiede se il PIL (prodotto interno lordo), un indicatore ben noto, sia sufficiente per giudicare la situazione di un paese e dei suoi abitanti. Un PIL elevato in un paese governato da un tiranno è forse indice di un livello di vita soddisfacente per i suoi abitanti ? Ne possiamo dubitare. Il PIL ignora numerosi elementi che sono determinanti per la vita di ciascuno. D’altra parte, sembra che quando vengono tagliati degli alberi il PIL aumenti! Un passo avanti è stato fatto, ad esempio, quando gli esperti di statistica dell’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), tra gli altri, hanno elaborato un Indicatore dello Sviluppo Umano che tiene conto della speranza di vita e del livello di formazione. Poi è venuta l’idea di cercare un indice mondiale della felicità. Tale indice terrebbe conto della pace e della sicurezza, della libertà e della democrazia, dei diritti dell’uomo, ecc.
La Francia è relativamente mal collocata nella classifica della felicità, perché i francesi non hanno fiducia in niente e nessuno, secondo il libro di Yann Algan e Pierre Cahuc, intitolato : « La società della diffidenza ». Questo libro spiega che la differenza di risultati tra la Francia ed i paesi nordici (Svezia, Norvegia, Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia) nei quali la felicità raggiunge il culmine, viene dal fatto che i francesi non hanno fiducia né nel governo, né nelle imprese, né nei media, né nei sindacati né nella giustizia. In nessuno, in effetti, poiché alla domanda: « E’ possibile avere fiducia negli altri ? », quasi l’ 80 % dei Francesi risponde « no », mentre tra il 60 e il 70 % degli abitanti dei paesi nordici afferma di confidare negli altri.
Voi mi direte che mi sono allontanato dal mio argomento … ma non ne sono poi così sicuro.
I nostri contemporanei non cercano sicuramente solo beni materiali, tecnologia e confort. Vediamo anche l’importanza che può assumere la fiducia nella percezione della felicità. Ma non domandiamo loro se hanno fiducia in Dio!
Gli uomini e le donne di oggi come quelli di un tempo hanno bisogno di pace, libertà, speranza e fiducia… Ci avviciniamo allora al nostro tema. In occidente abbiamo creduto per un periodo che il progresso inarrestabile delle scienze e della tecnica rendesse inutili le religioni. Il XXI secolo dimostra il contrario. La ricerca di Dio ha preso dei contorni a volte discutibili, nei quali venivano messi da parte delle componenti importanti della felicità… come la pace.
Da una parte gli europei moderni hanno dimostrato di non avere bisogno solo dei beni di consumo. Dall’altra la primavera araba, come la definiamo, mostra che la religione non può essere usata per soffocare le fondamentali aspirazioni umane.
Il Dio in cui io credo non mi insegna che la felicità è solo per l’aldilà. Dal libro di Qoelet apprendo che non bisogna assolutizzare la felicità quaggiù. La nostra felicità è limitata, ma reale e donata da Dio.
Il libro di Qoelet è conosciuto per un’affermazione divenuta popolare, tutto è vanità… Anche la felicità… quando viene assolutizzata. Ma ciò non gli impedisce di porre questa domanda: A cosa servirebbe vivere due volte mille anni, senza godere dei propri beni? (6.6) ? La felicità possibile, senza dubbio una piccola felicità, appare un po’ come una caparra. Non si tratta dunque di rinunciare per avere, ma di ricevere per ricevere ancora Dio!
Avere il gusto della felicità è avere il gusto di Dio. E’ scritto in un salmo: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia.”. Salmo 34.9.
Mi sembra che i nostri contemporanei mostrano che non bisogna contrapporre i diritti dell’uomo ai diritti di Dio. Dio non scambia la sofferenza di quaggiù con la felicità dell’aldilà.
Le religioni devono perciò cercare di non sostenere delle tesi che alla fine oppongono Dio e l’uomo. Dio ama il mondo, e ama l’uomo anche se gli uomini non gli rendono sempre il contraccambio.
E’ talmente evidente che la felicità di quaggiù non può essere completa che alcuni dei nostri contemporanei tendono a vivere nella paura. Le catastrofi alimentano la convinzione che la fine del mondo sia prossima.
L’ultima febbre escatologica annuncia la fine del mondo per il 2012, il 21 dicembre. Come soluzione, alcuni hanno suggerito persino di sopprimere questa data dal calendario ! Scherzi a parte, questo genere di predizioni è ben noto, e suscita sempre molti turbamenti. Ciò significa che non verrà mai la fine? Certamente no. Ma ci ricorda che l’umanità che cerca la felicità è anche ossessionata dalla paura del giudizio. Alcuni vedono nel cataclisma la violenza del giudizio, una risposta alle loro angosce. Così l’umanità non è poi cambiata molto. Non c’è niente di nuovo sotto il sole. Spero che le religioni resisteranno alle pulsioni di violenza dell’umanità per favorire il suo gusto per la felicità, che mi pare corrispondere al desiderio di Dio per lei. |