Escritor, director general de "Fraternité Matín". Costa de Marfil
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Dilaniata tra democrazia e dittatura, liberalismo e socialismo, elezioni, colpi di Stato e rivoluzione, nazionalismo esasperato e secessione, carestia e ricerca di una autosufficienza alimentare, islam e cristianesimo, tradizione e modernità, chiusura su se stessa e apertura al resto del mondo, il meno che si possa dire è che l’Africa si cerca. Politicamente, economicamente, spiritualmente. E tutto ciò dà del continente africano un’immagine di grande disordine. Dalla scorsa primavera il nord è scosso da rivoluzioni più o meno sanguinose, mentre nel sud le elezioni si svolgono raramente senza la loro dose di violenza, come nel mio paese, la Costa d’Avorio, come la Nigeria e la Guinea hanno recentemente mostrato. E come rischiano di fare anche il Cameroun, il Senegal e tra poco la Repubblica Democratica del Congo. In questo stesso momento migliaia di bambini, di uomini e donne, in ostaggio di uomini armati, muoiono di fame in Somalia, mentre le navi che passano al largo di questo paese sono prese d’assalto da pirati. In Nigeria esplodono regolarmente delle bombe, mentre diverse comunità si uccidono a vicenda, a intervalli regolari, nel centro del paese. Altre bombe sono esplose anche l’anno scorso in Uganda, dove bambini vengono rapiti e costretti a commettere le peggiori atrocità. Occidentali vengono regolarmente rapiti o sono vittime di attentati in Mauritania, in Mali, nel Niger, o talvolta vengono sgozzati. Il Sudan si è appena diviso in due dopo una guerra lunga e devastante. Nel frattempo l’AIDS, la malaria, il colera, la poliomelite e ogni tipo di malattia sconosciuta altrove nel mondo continua a fare strage tra le nostre popolazioni.
Tra ricerca materiale, ricerca politica e ricerca spirituale, l’Africa si cerca. Violentemente. Che ruolo assume o dovrebbe assumere la religione nelle convulsioni che attraversano il continente ?
L’Africa è divisa, forse un po’ sbrigativamente, tra un sud cristiano e un nord musulmano, dimenticando l’esistenza delle religioni tradizionali, che molto spesso sono molto più ancorate nelle nostre anime e nei nostri vissuti delle religioni importate, che sono spesso soltanto delle vernici che si scrostano rapidamente. Ma la visione di un’Africa divisa quasi esclusivamente tra cristiani e musulmani è così ben radicata negli spirito degli analisti stranieri che i nostri conflitti, qualunque essi siano, sono sempre valutati con questo metro. La guerra che ha straziato il Sudan è stata considerata per molto tempo una guerra tra musulmani e cristiani. E in occasione della cristi post-elettorale che ha rischiato di travolgere la Costa d’Avorio, alcuni analisti hanno tentato di vedere anche qui uno scontro tra un sud cristiano e un nord musulmano. Allo stesso modo gli scontri che affliggono regolarmente la città di Jos in Nigeria sono intesi come opposizione soprattutto di persone di queste due confessioni. Se tutto ciò non è completamente vero, e le cause dei nostri conflitti sono molto più complesse di semplici scontri tra due religioni, non si può neppure spazzar via le religioni dalla maggior parte dei nostri conflitti. Allora si sarebbe tentati di chiedersi se il ruolo delle religioni nelle nostre terre non sia quello di esacerbare i conflitti o piuttosto di placarli, se non di aiutarci ad evitarli.
In principio le religioni, quelle rivelate o no, hanno per vocazione, a mio avviso, in un primo tempo di permettere all’uomo di avere risposte a domande esistenziali del tipo “da dove vengo?”, “chi ha creato il mondo?”, “qual è il senso della mia presenza in un questo mondo?”, “cosa succede dopo la mia morte?” e poi di permettere all’uomo di vivere in armonia con gli altri. A mia conoscenza, tutte le religioni raccomandano l’amore del prossimo, la misericordia, la pace, il perdono delle offese.
Ma le bombe che hanno insanguinato l’Uganda l’anno scorso, che insanguinano ogni giorno la Nigeria, l’Algeria, il Marocco, gli uomini sgozzati nel nord del Mali e del Niger, tutto ciò si dichiara compiuto in nome di una religione, nel nome di un Dio che viene chiamato misericordioso. In Uganda i bambini rapiti, le bambine violentate, i crimini odiosi commessi sulle popolazioni avvengono nel nome di un altro Dio il cui regno si vorrebbe stabilire nel paese. Joseph Ngoni pretende di instaurare il regno di Dio sulla terra. Quelli che in Somalia impediscono ai soccorsi di arrivare alla popolazioni affamate si dichiarano appartenenti ad un Dio dell’amore e della compassione. Nella Repubblica Democratica del Congo, dei bambini vengono abbandonati, esclusi dalla società, talvolta uccisi, perché accusati di stregoneria da uomini che si qualificano “uomini di Dio”. Due mesi fa in Costa d’Avorio, una bambina di dodici anni è stata bruciata viva dai membri di una setta cristiana che la accusavano di aver fatto una stregoneria ad un neonato, per aver giocato con la sua bambola. Non si conta più nel nostro paese il numero di crimini odiosi commessi dagli adepti delle diverse sette cristiane venute da oltre Atlantico, o che abbiamo creato noi stessi. Nel nome delle nostre religioni tradizionali, centinaia di bambini, uomini e donne, soprattutto vecchi, sono assassinati ogni anno, con l’accusa di stregoneria, il mezzo più comodo che abbiamo trovato per sgravarci di ogni responsabilità di ciò che ci accade.
La crisi che la Costa d’Avorio ha attraversato in questi ultimi mesi è dovuta unicamente al fatto che un uomo che era al potere da dieci anni si è rifiutato di lasciarlo, e si è perciò opposto alla scelta del popolo sovrano. Non ha esitato per questo a strumentalizzare dei giovani per farne degli assassini che hanno ucciso o bruciato vivi esseri umani, stuprato donne, saccheggiato beni pubblici e privati. Ma dato che l’elezione presidenziale opponeva un candidato cristiano ad un avversario musulmano, dei dignitari religiosi non hanno esitato a schierarsi unicamente in funzione delle religioni professate dai due protagonisti, senza preoccuparsi della verità. Quanti pastori hanno alimentato l’illusione di colui che aveva perso le elezioni presidenziali e che voleva opporsi alla democrazia, facendogli credere che era stato eletto da Dio per regnare sulla Costa d’Avorio e che il suo avversario era stato inviato dal diavolo? Luoghi di culto sono stati incendiati, religiosi uccisi, mentre la crisi ivoriana non aveva alcun fondamento religioso. La volontà di certi attori della crisi ivoriana di trasformarla in guerra religiosa era evidente. Ma proprio perché l’origine della crisi era troppo evidente, la manovra non è riuscita. Ma se la crisi non fosse stata rapidamente risolta, essa avrebbe potuto benissimo scivolare in una guerra religiosa.
Che ruolo dovrebbero svolgere le religioni in quest’Africa che si cerca così dolorosamente, per permetterle di cambiare? Forse assolvere al loro primo ruolo che è quello di permettere ai fedeli di mettere le loro anime in contatto con il loro Dio e limitarsi a questo. Ma questo è soltanto il pio voto di un miscredente, perché da molto tempo, per non dire da sempre, i praticanti di alcune religioni ritengono che, essendo la loro l’unica verità, chiunque non vi aderisca semplicemente non merita di vivere, mentre altri, più moderni e in grado di gestire a meraviglia le leggi del marketing e della comunicazione di massa, hanno visto nelle religioni un affare molto redditizio, soprattutto in paesi come i nostri in cui la miseria materiale ha portato alla miseria morale e intellettuale.
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