Chancellor of the German Federal Republic
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Egregio Cardinale Marx, egregio Prof. Riccardi, Prof. Impagliazzo, Eccellenze, Eminenze,
cari ospiti di questo incontro,
Sono venuta molto volentieri e sono felice di prendere parte a questo incontro di pace della Comunità di Sant’Egidio che quest’anno si svolge nell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga, per la seconda volta in Germania.
Vorrei ricordare che la tradizione di questo incontro ha 25 anni. Se torniamo con la memoria all’anno 1986, il mondo era profondamente diverso da oggi. Attentati terroristici come quelli che abbiamo vissuto l’11 settembre 2001, di cui ieri ne abbiamo ricordato il decimo anniversario, allora erano impensabili. Però esisteva l’ordine della Guerra Fredda, una divisione apparentemente insuperabile tra Est e Ovest. Tutto il mondo doveva sottoporsi all’imposizione di queste due grandi sfere di potere. I fronti di questa Guerra Fredda attraversavano la Germania e l’Europa. Il fatto stesso che io, nata nella parte orientale della Germania, sia oggi qui in qualità cancelliera della Repubblica Federale Tedesca, mostra quante cose siano cambiate.
Il 1986 è l’anno d’inizio della Giornata di Preghiera per la Pace di Assisi. È stato un segno di speranza. Rappresentanti di religioni diverse erano venuti da tutti i paesi del mondo nella città di San Francesco su invito del papa Giovanni Paolo II. Volevano mandare alle nazioni del mondo un messaggio di riconciliazione. Questa è divenuta ormai una tradizione. Da lì, grazie al movimento di laici di Sant’Egidio che ha continuato questo percorso, è scaturito un durevole messaggio di riconciliazione, . Ancora oggi i suoi incontri portano lo spirito di Assisi nel mondo, quel messaggio e quello spirito a cercare sempre nuovamente la convivenza di uomini e donne di fede diversa. Il fatto che noi oggi ci incontriamo in un’Europa unita dimostra che lo spirito di Assisi ha portato già frutti evidenti, anche se resta ancora molto da fare nel mondo. La Cortina di Ferro appartiene da lungo tempo al passato. Dal 1989, con la caduta della Cortina di Ferro, abbiamo visto che il coraggio e la tenacia possono superare le divisioni. Il messaggio che noi Europei possiamo diffondere alle altre parti del mondo è il seguente: si può sperare!
Perché sperare? Per le nostre convinzioni fondamentali, le idee comuni di giustizia e partecipazione e i tanti contatti che nonostante tutti gli ostacoli sono stati mantenuti. Le Chiese hanno avuto sempre un ruolo chiave per superare queste barriere, anche perché i loro insegnamenti sono una base importante dei nostri valori condivisi in Europa, noi europei non possiamo dimenticarlo. Mentre si discuteva della costituzione europea era nostro desiderio, almeno del mio partito, inserire il riferimento a Dio nei nostri trattati.
Dobbiamo sempre ricordarci delle nostre radici. Gli uomini vivono di religione, vivono della convinzione che noi siamo creature di Dio e che come tali dobbiamo vivere la nostra vita sulla terra. Per questo siamo contenti della visita di papa Benedetto XVI che avverrà fra pochi giorni in Germania. Proprio lui ha sempre sottolineato che la secolarizzazione in Europa e la divisione fra Chiesa e stato non ci devono mai far dimenticare che noi senza la fede in Dio ci sopravvalutiamo e dimentichiamo il fine della nostra vita. Qui sono presenti tanti rappresentanti di religioni diverse. Nelle parole e nella politica odierna noi dobbiamo sempre essere consapevoli di ciò.
La politica può promuovere la coesione, ma non la può obbligare. Viviamo di cose che non possiamo creare da soli. La base per un sentire comune si forma nello spazio prepolitico nel quale le Chiese svolgono un ruolo centrale. La loro apertura agli altri, l’amore per il prossimo, l’accettare che gli uomini possano anche sbagliare e la sicurezza che l’uomo trova presso Dio: tutto ciò forma le idee della nostra società, sulle quali la politica può fondarsi, ma che essa stessa non può creare. Le decisioni politiche devono riferirsi a questi principi fondamentali e convinzioni etiche se non vogliono perdere il loro significato. Per questo incontri, come quello vostro qui a Monaco, sono importanti, belli e fonte di ispirazione. Attraverso di loro cresce il senso di reciproca appartenenza. Nello stesso modo una comunità di stati può riuscire soltanto se ha come fondamento una comune comprensione dell’uomo.
Noi come europei siamo grati per questa comunione. Nel 50° anniversario dei trattati di Roma, che abbiamo festeggiato a Berlino durante la presidenza tedesca dell'EU, abbiamo detto: noi europei siamo uniti per il nostro bene. Abbiamo un modello di economia e di società comune in un mondo sempre più interconnesso e sappiamo di avere un compito. Sappiamo anche che il nostro continente ha dovuto imparare per molti secoli e con tanto affanno soprattutto una cosa: le differenze possono essere superate pacificamente se esiste un comune senso di dignità umana, di libertà e di responsabilità. Solo in questo modo è possibile vivere insieme in pace.
La nostra casa Europa è costruita su questo fondamento. Oggi ospita sotto il suo tetto mezzo miliardo di uomini che ne condividono le convinzioni fondamentali e vivono in pace e nel benessere. Pongono l’accento sulla indivisibilità della dignità di ogni singolo essere umano e mostrano che noi abbiamo costruito l’Europa nel rispetto e nella tolleranza tra le religioni.
Questa casa dell’Europa non è sorta in una notte. È stata costruita sotto il peso di secoli di guerre, orrori e discordie. Chi può saperlo meglio di noi tedeschi? Ma credo che la casa europea oggi è davvero solida, è una vera comunione. Ai padri fondatori dell’unificazione europea è riuscito il miracolo di superare differenze abissali. Se penso che il rapporto tra la Germania e la Francia è stato segnato da una profonda inimicizia per generazioni e generazioni, possiamo oggi fortunatamente dire che questi tempi sono superati. I padri fondatori dell’unificazione europea sono riusciti a guardare al futuro con la consapevolezza di quanto era avvenuto in passato. In particolare della frattura nella civiltà causata dalla Germania con la Shoah e con la Seconda guerra mondiale. Abbiamo superato la divisione del continente ed abbiamo preparato la strada per l’allargamento dell’Unione europea. Oggi il compito dei politici è di lavorare perché la nostra casa europea sia concorrenziale, solida nelle crisi e capace di agire a livello internazionale. Questa è una grande sfida, ma comparata a ciò che l’Europa è stata già in grado di superare nella sua storia, è alla nostra portata. Affrontiamo ora la necessità di superare la crisi del debito in ambito europeo, una crisi che viene spiegata con molti concetti tecnici, ma che in realtà ci costringe a cambiare i nostri stili di vita in maniera sostenibile. Non possiamo dissipare all’infinito le risorse, a spese delle generazioni future, ma proprio pensando ad esse dobbiamo assumere stili di vita sostenibili.
Questo deve essere – e sarà, ne sono convinta – il nostro sentire comune, e vi prego di sostenerci con la vostra preghiera e con le vostre manifestazioni. Dobbiamo riuscire a dire chiaramente che l’Europa è un continente ricco che non può dissipare irresponsabilmente le risorse delle generazioni future. Solo così potremo preservare anche da noi la pace e la democrazia.
Nonostante tutte le difficoltà il nostro modello europeo di democrazia, di stato di diritto e di libertà d’opinione, insieme ai principi dell’economia di mercato sociale è degno di essere sempre nuovamente rafforzato. Sappiamo che molti nel mondo guardano a noi europei, perché da noi la visione di un convivere pacifico e della tutela dei diritti umani è una realtà. È quello per cui in molti paesi le persone stanno oggi lottando.
Ma in questi giorni e mesi stiamo vivendo anche sviluppi che riempiono di speranza. Meno di un anno fa in Nord Africa ha preso il via il desiderio di libertà di molti uomini che era come imbrigliato. Migliaia di persone sono scese in strada in Egitto e Tunisia e questo movimento ha contagiato e sta contagiando sempre più paesi del mondo arabo. Ora dobbiamo affrontare pesanti problemi in Libia e in Siria, ma per questo dobbiamo sempre lottare, perché la dignità del singolo essere umano è indivisibile e inviolabile. Questo deve essere il principio in base al quale sempre più ogni politica nel mondo lavora e si impegna. Gli uomini e le donne sono sempre stati disposti a spendere la loro vita per un futuro migliore, per avere più diritti e più libertà. Sono proprio i giovani del mondo arabo che chiedono di avere prospettive. Chi può comprenderlo meglio di noi qui in Europa, noi che abbiamo già raggiunto questi obiettivi? Anche nel mondo arabo gli uomini desiderano la partecipazione economica e politica e non vogliono rassegnarsi alla povertà e all’arbitrio dello stato. Hanno tutto il nostro sostegno.
Tanto più è importante che le molte speranze non si capovolgano in delusioni. Dalla forza dell’Europa discende per noi una responsabilità: assicurare aiuti concreti e sostegno, in particolare per i giovani di questi paesi. Così sono molto lieta che gli imprenditori cattolici e le camere di commercio estere abbiano preso l’iniziativa di un patto per l’educazione e per la formazione, che ha offerto ad esempio corsi di formazione professionale per 5 mila giovani egiziani. Perché la vita ha aspetti molto concreti.
I cambiamenti in atto nel mondo stanno commuovendo molte persone anche in Europa. La stabilità nel nostro vicinato, noi siamo uniti dal Mar Mediterraneo, è anche un nostro interesse fondamentale. Questo vale anche e soprattutto per Israele. Lì l'osservazione del cambiamento in corso si mescola con lo scetticismo e la preoccupazione per la propria sicurezza. Questo è più che comprensibile. I recenti eventi accaduti al confine israeliano e ancora di più l'assalto all'ambasciata israeliana al Cairo pochi giorni fa mostrano quanto sia tesa la situazione. Il governo egiziano deve assumersi la responsabilità che atti simili non possano più ripetersi.
Proprio ora, in questa fase, nonostante le condizioni sembrino estremamente difficili, è importante progredire nel processo di pace per il Medio Oriente. E la Germania si vuole assumere questo impegno. Vogliamo una soluzione che preveda la creazione di due stati, con Israele come stato ebraico e democratico all'interno di confini riconosciuti e uno stato palestinese che sia in grado di vivere. Senza di ciò non si potrà raggiungere una pace stabile in questa regione. Sappiamo che ciò richiede dolorosi compromessi da parte di Israele e anche da parte dei Palestinesi. Ma la pace è degna di ogni sforzo. Voi lo sapete bene. In questi sforzi la Germania e la comunità internazionale tutta sarà naturalmente al loro fianco. Vogliamo impegnare tutte le nostre energie nei giorni che ci separano dalle consultazioni alle Nazioni Unite perché nel quartetto per il Medio Oriente si trovino le vie non per aggravare ulteriormente la ripresa del processo di pace per il Medio Oriente, ma per facilitarlo.
Signore e signori, in Medio Oriente e in tutto il mondo sarà possibile uno sviluppo durevole solo se sarà assicurato concretamente il rispetto dei diritti umani. Dobbiamo impegnarci a realizzare i bisogni basilari degli uomini, dare da bere agli assetati, dare il cibo agli affamati, curare le malattie, assicurare l’educazione e di conseguenza anche il lavoro. Ma solo nel rispetto dei diritti umani è possibile dare una base sicura allo sviluppo. La stessa cosa vale per la salvaguardia dei nostri principi fondamentali. Siamo arrivati a sette miliardi di persone sulla terra. Nel 1950, poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in tutto il mondo vivevano 2,5 miliardi di persone. Sette miliardi di persone che desiderano il benessere e una vita dignitosa. Questo sarà possibile solo se impariamo ad usare le risorse naturali in maniera avveduta, sostenibile e nel rispetto della storia della creazione. “La terra vi sarà sottomessa” non era un invito allo sfruttamento selvaggio, ma un'esortazione perché l’umanità possa essere felice a lungo. Per questo nel futuro sarà sempre più importante, nella cooperazione allo sviluppo e nella difesa delle risorse naturali, impedire che l'accesso alle risorse naturali divenga causa di conflitti. Dalla nostra capacità o meno di organizzare in maniera sostenibile l’economia dipende se il mondo potrà vivere in pace. Per questo l’approccio efficiente e attento alle risorse naturali è l’alfa e l’omega della conformazione che sapremo dare al mondo. La domanda è se stiamo assicurando il futuro o se lo stiamo consumando. Questa è una profonda questione morale, che la politica da sola non può risolvere. Può farlo solo se si incontra con persone che hanno fatto di questa domanda una preoccupazione personale.
Naturalmente da questo discende per noi in Europa e per noi in Germania il fatto che dalla nostra forza deriva una grande responsabilità. Dalla forza degli stati industrializzati deriva una particolare responsabilità a promuovere un’economia sostenibile. Prima di tutto abbiamo il dovere di pagare di nostra tasca per il nostro benessere. Non possiamo scaricarne il peso su altri, siano essi altre regioni o addirittura le generazioni future. In secondo luogo, ognuno di noi deve interiorizzare maggiormente nella sua quotidianità il concetto della sostenibilità, nello spreco dell’energia, nei consumi e nelle scelte di produzione. In terzo luogo dobbiamo sostenere i paesi in via di sviluppo e quelli sulla soglia dello sviluppo sul loro cammino verso un maggior benessere, senza ripetere gli errori del passato.
Esemplare in questo senso è il tema del cambiamento climatico, della politica energetica, dello spreco energetico. Ma potremmo anche parlare di altre questioni, come della biodiversità e della varietà delle specie. A livello internazionale resta la domanda di quanto sviluppo possiamo concedere agli altri e in quale misura possiamo essere di esempio: il benessere può essere anche vissuto in economie sostenibili.
Sono necessari per questo anche accordi internazionali. Il mondo non può più essere governato a livello nazionale, e neanche da organizzazioni regionali. Le Nazioni Unite sono anche per questo, a mio avviso, di centrale importanza. Certo, è complicato costruire il consenso tra più di 180 nazioni. Ma la convenzione delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani è stata redatta dopo la tragica esperienza della Seconda guerra mondiale. Se tutti gli stati membri dell’ONU rispettassero ciò che hanno firmato il mondo sarebbe molto più pacifico.
Io chiedo a voi di far risuonare sempre la vostra voce nel mondo: protestate con forza davanti alle violazioni della Convenzione dell’ONU per i diritti umani. Esiste la necessità di stipulare accordi vincolanti.
Rispetto all’accordo sui mutamenti climatici dobbiamo risolvere problemi drammatici, così come rispetto ad altri trattati. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che abbiamo fatto già molto in questo mondo, abbiamo superato tante barriere, e quindi impareremo anche ad essere responsabili nei confronti delle risorse naturali. Ne sono convinta.
Signore e signori, cari ascoltatori, gli incontri di pace della Comunità di Sant’Egidio danno un grande contributo in questo senso. Convocano tanti uomini e donne da diverse culture. Superano barriere e sottolineano ciò che ci unisce. Questo è un merito incommensurabile.
Per questo credo che, se così posso dire, siamo alleati nella lotta per la dignità umana, per la libertà e per i diritti umani. Negli ultimi anni alle religioni è sempre più stata più posta la domanda su cosa unisca e cosa divida gli uomini. Ciò che uno crede è di nuovo di interesse pubblico, perché l’umanità sente che abbiamo bisogno della forza della fede per affrontare le sfide del nostro tempo. Il dialogo tra le religioni ha preso nuova forza, questo è molto positivo. Purtroppo però è negativo il motivo per il quale è sorto questo interesse, perché le religioni anche nel nostro tempo vengono strumentalizzate enormemente, in particolare per motivare il terrorismo, come abbiamo visto negli attentati dell'11 Settembre 2001. E' per questo che il dialogo tra le religioni è ancora più importante, così come il convergere delle religioni che i vostri incontri cercano di realizzare. Le religioni vedono l'uomo come creatura divina, per questo la sua distruzione, come abbiamo sperimentato l'11 Settembre e migliaia di volte nelle sue conseguenze, è esattamente il contrario di quello che vuole la religione. Quando ricordiamo in tutto il mondo i morti degli attentati dell'11 Settembre, noi ricordiamo le vittime del terrorismo, tutti i soldati morti, tutte le forze di sicurezza uccise, e tutti coloro che sono caduti per combattere il terrorismo. Con tale memoria portiamo anche questo messaggio al mondo: il profondo desiderio umano di libertà non si lascia cancellare dal terrorismo e dall'oppressione. La libertà non si lascia vincere. Anche oggi alcuni uomini possono trovare sempre nuovi mezzi per fare degli attentati, ma noi non ci lasceremo togliere questa certezza. La comunità internazionale continuerà ad impegnarsi e dovrà continuare ad impegnarsi. Se questo debba avvenire in ultima ratio anche con i mezzi militari, questo è molto discusso nei vostri circoli. Noi crediamo che questi mezzi siano necessari, ma che lo strumento militare non potrà mai portare la pace da solo. La pace sarà raggiunta solo attraverso una molteplicità di attività, e dobbiamo imparare a gestire i nemici della pace e della libertà.
Questo rende il nostro tempo molto diverso dal 1968, quando voi siete nati. Noi oggi ci dobbiamo confrontare con la minaccia rappresentata da uomini che sono pronti a mettere in gioco la loro vita per il motivo sbagliato, cioè per la morte di altri uomini. Con questa cosiddetta minaccia asimmetrica ci dovremo confrontare ancora a lungo, credo tuttavia che combattere la povertà e l'ingiustizia sia un buon mezzo per sottrarre le radici al terrorismo. È su queste questioni che noi lavoriamo insieme. La lotta alla povertà è e resta una delle forme più efficaci di prevenzione delle crisi, e questo Sant'Egidio ce l'ha sempre ricordato. Fin dai suoi inizi, alla fine degli anni '60, questo movimento si dedica a servire i poveri, ad alleviarne il dolore, e contemporaneamente a chiedere il motivo di tanto dolore. Un'importante definizione dice che la guerra è madre di tutte le povertà, e al contrario potremmo dire che la pace può essere considerata madre di ogni sviluppo. Per questo voglio ringraziare voi di Sant'Egidio, perché utilizzate i vostri contatti e le vostre amicizie, ovunque nel mondo, per realizzare maggiore stabilità sulla terra. Questo impegno è un'importante pietra posta a fondamento del lavoro cristiano per la pace. Grazie mille per questo. Papa Giovanni Paolo II durante l'incontro di Assisi 25 anni fa ha detto: “la pace, che è così debole di salute, ha bisogno di cure costanti ed intense”. Ogni generazione deve proteggere la pace da nuovi attacchi e pericoli. La prima cosa è riconoscerlo, la seconda cosa è farlo con coraggio e decisione. Questo è il nostro compito comune. Lasciate che io citi nuovamente Giovanni Paolo II: “vogliamo sforzarci di essere operatori di pace nel pensiero e nell'azione, con lo spirito e con il cuore rivolti verso l'unità della famiglia umana”. Questo invito è rivolto a tutti noi e ci incoraggia. Voi, che siete nostri ospiti nella Repubblica federale tedesca, ed anche noi come politici. Voglio ringraziare Sant'Egidio e tutti gli ospiti della preghiera per la pace, perché sempre di nuovo e in modi molteplici e creativi, preparate la via alla riconciliazione e alla comprensione. Mi resta solo di augurarvi tanto successo in futuro e giorni belli, buoni e ricchi in questa bellissima città di Monaco. |