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2 Luglio 2016 | MONACO, GERMANIA

Vogliamo essere ponti, non muri: comunità e movimenti cristiani a Monaco 'Insieme per l'Europa'

Marco Impagliazzo legge il messaggio di Andrea Riccardi alla manifestazione finale a Karlsplatz. Testi e immagini

 
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Si è da poco concluso a Monaco di Baviera il 4° convegno "Insieme per l'Europa", che ha riunito comunità e movimenti ecclesiali di diverse Chiese cristiane da tutto il continente. La Comunità di Sant'Egidio ha partecipato con una delegazione proveniente dall'Italia, dalla Germania e da altri Paesi europei.

Pubblichiamo integralmente il messaggio del fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, tra gli iniziatori di "Insieme per l'Europa", pronunciato da Marco Impagliazzo in occasione della manifestazione di oggi a Karlsplatz, nel centro della città bavarese.

Sono inoltre disponibili i seguenti documenti e link:

Andrea Riccardi: Non muri ma ponti
Hilde Kieboom: L'amicizia come modo di essere Chiesa (FrançaisDeutsch)
Marco Impagliazzo: Il sogno di un'Europa dei padri e dei figli che promuova la società del vivere insieme e la pace (Italiano)
Insieme per l'Europa - Monaco 2016 (Sito ufficiale)
 
 
Il messaggio di Andrea Riccardi al congresso "Insieme per l'Europa", Monaco di Baviera, 2 luglio 2016

Non muri ma ponti

Cari amici,
Molti europei si sentono smarriti e spaesati. Che cosa è l'Europa? Dove sta andando. Per che cosa vive? Resisterà alla tentazione di separarsi? Papa Francesco si è chiesto recentemente ricevendo il Karlspreis: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo… e della libertà?”

In questa Europa oggi molti hanno ricominciato a parlare di muri: tra europei, contro gli immigrati, tra giovani e anziani, tra chi sta bene e i più deboli, tra Europa del Nord e del Sud. Per questo siamo qui oggi. Per dire che questa logica non è umana e non ha futuro. In “un’Europa che si va trincerando”, noi di “Insieme per l’Europa” vediamo la necessità di “costruire ponti e abbattere muri”. E’ un discorso che ci interroga come cristiani, ma che tocca tutti coloro cui sta a cuore il futuro del nostro continente. “Insieme per l’Europa” oggi non è più solo il tema di un’iniziativa ecumenica cui teniamo ormai da anni, ma è un imperativo per tutti.

Sì, il nostro tempo è tentato dai muri. Lo sono tutti i continenti e con loro l’Europa: “Festung Europa”, “fortezza Europa”, come nei più tristi giorni del secondo conflitto mondiale. Si pensa che sia possibile allontanare da sé le tragedie del mondo, alzando i muri per non vederle. Ma è solo un’illusione. E’ anche l’effetto di una propaganda urlata, di allarmi che non hanno giustificazione, come quelli sui rifugiati. Chi riesce ad arrivare ai confini dell’Europa è solo una minuscola percentuale del grande popolo dei profughi nel mondo. E gli europei sono 500 milioni. A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino e dalla scomparsa della “cortina di ferro”, assistiamo ad un nuovo complesso di barriere, che sfregiano il continente non più con un solo taglio verticale, bensì con tante, diverse ferite.

E così un muro non è mai abbastanza. Ce ne vuole un altro. Che sia più alto, più rassicurante. Muri esterni che producono tanti muri interni, tra paesi europei, tra parti di una stessa nazione, tra quartieri di una medesima città. Ci sono anche muri virtuali: pregiudizio, disprezzo per i deboli, razzismo, scontro tra generazioni.
Anche io posso essere un muro. Anche tu puoi essere un muro.

Mi ha molto colpito ascoltare un discorso pronunciato alla Camera dei Comuni dalla deputata inglese barbaramente uccisa poco prima del brexit. Jo Cox diceva: “Le nostre comunità sono state rese migliori dall’immigrazione. E, mentre celebriamo la nostra diversità, la cosa che mi sorprende, ogni volta che giro per lo Yorkshire, è che siamo molto più uniti di quanto si creda, che abbiamo molte più cose in comune di quelle che ci dividono”. E’ vero. Siamo più uniti di quello che pensiamo. Dobbiamo imparare a vederlo, a sorprendercene, a farlo capire.

Cari amici, in realtà siamo spaesati perché sta nascendo un tempo nuovo. Una realtà nuova. Con questo dobbiamo fare i conti: non serve mettere la testa nella sabbia. Non ce lo dice solo lo Spirito, ma anche la ragione, perché un’Europa chiusa o divisa non va da nessuna parte di fronte a uno scenario globale e interdipendente. Ed è la stessa Parola di Dio, con la sua larghezza spirituale, a farci capire come l’indifferenza e la chiusura rendano ciechi, tristi e aggressivi.

Ecco, allora, perché costruire ponti. Tra gli uomini, i popoli, le culture, le religioni. Essere costruttori di ponti è la missione del nostro tempo. Per noi e per le future generazioni. Per società che siano eredi dello splendido patrimonio di umanità, di pensiero e di realizzazioni che il continente più piccolo di tutti ha saputo esprimere nei secoli.
Sì, allora, a ponti di misericordia. Sì alla scoperta dell’altro e della sua ricchezza. Sì alla comprensione che siamo davvero “una cosa sola”, che c’è un’unità e una fraternità per cui lavorare e che vanno trovate le strade per “abbattere” i tanti “muri di separazione” [Ef 2, 14], come dice San Paolo, che ancora continuano a dividerci.

Proprio qui a Monaco, nel buio della seconda guerra mondiale, un gruppo di studenti universitari pieni di visione e di coraggio - gli studenti della “Rosa Bianca” - seppero attingere alla loro fede e alla migliore tradizione culturale europea per rifiutare la complicità col male, per chiamare la gioventù tedesca ad una rivolta dell’umanità e dello spirito. In uno dei loro volantini ripresero le parole di un grande scrittore di questa terra, Novalis: “Se l’Europa volesse svegliarsi, se esistesse nel nostro futuro uno Stato degli Stati…”.

I più vecchi di noi hanno visto crescere “uno Stato degli Stati”, i più giovani lo hanno ricevuto in eredità: è l’Europa. Noi vorremmo che l’Europa fosse non soltanto quella dei padri, ma anche quella dei figli. E i figli devono oggi avere l’ambizione di costruire un’Europa senza muri che guarda al mondo di domani con speranza. Tanti cristiani hanno lavorato per costruirla insieme a uomini e donne accomunati dalla stessa cultura e dalle stesse radici che hanno il gusto e la bellezza dell’universale. Ognuno di noi, ogni nostra comunità, le nostre genti europee, tutti possiamo impugnare una chiave che apra i muri, per far circolare un’aria più fresca e più umana, più libera e più misericordiosa. Tutti possiamo offrire un esempio al mondo, un prezioso modello di integrazione che costruendo il presente apre al futuro. E soprattutto i ponti sono il luogo più evidente di quella che è la più grande forza della costruzione europea: la pace. Pace in Europa, tra russi e ucraini. Pace in Medio Oriente: in Terra Santa, in Siria, in Libia, in Turchia. Pace in Africa. E in tutto il mondo. L'Europa ha molto da dire sulla pace. La pace nasce dai ponti e non dai muri. Ogni europeo può essere un ponte. Tu puoi essere un ponte. Oggi diciamo insieme: vogliamo essere ponti e non muri!

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