Alla tavola rotonda “Il martirio: memoria e realtà per i cristiani”, durante il convegno interreligioso "Strade di Pace" organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio a Munster (10-12 settembre), il professor Ian Campbell dell’Università di Addis Abeba ricorda i martiri cristiani etiopi uccisi durante l’occupazione fascista (1936-41): “Il massacro più disumano fu quello del monastero di Debre Libanos, in cui fu ucciso anche il vescovo Abuna Petros, morto tenendo la Croce al petto. Fu uno dei primi martiri cristiani di questa strage, ne seguirono 2.000 tra pellegrini, monaci e religiosi. Il maresciallo Graziani e Mussolini si resero protagonisti di stermini di massa. In un villaggio i fascisti uccisero tutti i maschi sopra i 16 anni, alcuni monaci furono scuoiati vivi”. Per molti italiani “quell’impresa disumana divenne una Crociata in nome di Dio: ai soldati venivano distribuite cartoline in cui la bandiera italiana era accanto all’immagine di Gesù o della Vergine Maria, non mancarono connivenze di alcuni settori cattolici”. Per il professor Campbell “conoscere questa storia serve a interrogarci sul presente: in questo modo i martiri non saranno morti invano. Occorre tenere viva la memoria e non abbassare mai la guardia”.
Per approfondire:
Nell’80° della strage di Debre Libanos, restituire all'Etiopia i beni trafugati, di Andrea Riccardi
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