La Comunità di Sant'Egidio festeggia l’anniversario con i suoi amici con una solenne liturgia presieduta dal cardinale William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mercoledì 1 febbraio 2012 alle 18.30 alla Basilica di San Giovanni in Laterano.
Uno sguardo al 2011
Un anno speso per umanizzare la vita dei poveri dentro la crisi, un anno di crescita nel Sud del mondo e in Europa. Impegno per ridurre la violenza diffusa nelle grandi città, lavoro per la pace, preghiera, cultura e dialogo tra credenti e generazioni.
Un anno difficile per il mondo e per l’Italia il 2011. La Comunità di Sant’Egidio, in 73 paesi del mondo, ha vissuto “dentro la crisi” cercando di essere una risposta di umanizzazione e una buona notizia: vangelo, amicizia, poveri, “Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri”, un impegno che si rinnova nell’anno in cui si celebra il 50mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.
L’Africa anche nel 2011 è stata messa in maniera speciale al centro, per costruire alternative concrete alla voglia di fuga, alle epidemie, a quell’assenza di legalità e agli abusi, acuiti anche dalla mancata registrazione anagrafica dei bambini. L’anno che si è appena concluso, vede la crescita delle Comunità nell’Africa Sub-Sahariana e la capacità di contribuire in maniera concreta alla speranza in situazioni difficili.
In ogni paese africano, ma anche nelle Americhe e in Asia, oltre che in Europa occidentale e nell’Est europeo le Comunità di Sant’Egidio, piccole o più numerose, giovani o più consolidate, vivono il primato della preghiera personale e comune, il servizio ai più poveri, propongono iniziative concrete di riconciliazione, sul campo e a livello culturale, per arginare, in positivo, le tentazioni di intolleranza, paura dei poveri, che la crisi economica ha intensificato verso immigranti, bambini e disabili, anziani, rom, minoranze sociali e religiose.
Un anno per la strada, e in cui i problemi del mondo sono stati, in qualche misura, sempre, anche problemi della Comunità: il diritto negato alle cure, la violenza delle gang giovanili, l’emarginazione degli anziani non più solo in Europa e nel mondo più sviluppato, le migrazioni avvertite come pericolo e non come chance, in un tempo di crisi, la caduta del senso del bene comune e della solidarietà. Preghiera, amicizia, poveri, ma anche il lavoro quotidiano per ricucire le ragioni del vivere insieme, in società preoccupate dalla crisi finanziaria, o tentate dai conflitti etnici e civili, dalle semplificazioni degli s contri tra gruppi e a rischio di strumentalizzazioni religiose.
Le alternative alla crescita di una violenza diffusa hanno coinvolto stabilmente decine di migliaia di persone, hanno introdotto nell’agenda di società giovani e delle istituzioni africane e latino-americane la condizione degli anziani, vittime mute e ignorate della crisi globale nel Continente. Con una risposta importante da parte di governi e amministrazioni locali, all’inizio di un processo che nei prossimi anni sarà più acuto e chiede risposte già oggi. Il 2011 vede il raggiungimento di obiettivi impensabili, come la registrazione anagrafica col programma BRAVO! per tre milioni di persone in Burkina Faso, mentre è stato avviato un programma di riabilitazione dei sistemi anagrafici dell’Africa Sub-Sahariana con i corsi pan-africani e l’avvio di infrastrutture in altri paesi.
Ma è stato anche l’anno in cui il programma DREAM si è allargato alla capitale del Congo, Kinshasa, e in cui, alla Conferenza Mondiale sull’AIDS di Roma il programma ha dimostrato come l’accesso universale alla terapia riduce la forza di trasmissione del virus e lo fa regredire.
Ma la presenza delle Comunità di Sant’Egidio in Africa può essere letta anche in altri modi, migliaia di storie individuali di liberazione e risurrezione, risposta reale all’”afropessimismo”. Come i primi studenti della scuola “Floribert Bwana Chuy” di Goma, la zona attraversata dalla guerra e dalle tragedie naturali, iscritti alle scuole superiori. Migliaia di detenuti nelle carceri africane che possono dormire su una stuoia, mangiare, essere collegati con l’esterno, essere riscattati e uscire a fine pena, ma anche le iniziative di dialogo e di pace in Nigeria, la maturità della presenza in Costa d’Avorio che ha permesso alla Comunità di mediare e risolvere conflitti tra cristiani e musulmani, evitando rappresaglie nel caso di attacchi a chiese e moschee, creando consigli congiunti di zona che diventano una struttura di riconciliazione dopo la guerra civile.
Ma c’è anche un’Africa al di fuori dell’Africa, con un legame culturale e di solidarietà che coinvolge altri continenti. Come raccontano la nascita di un’ Africa Cocktail Cafe aperto a Mosca per sostenere la cura dell’AIDS, e gli anziani in Italia e in altri paesi che producono artigianato a favore dei bisogni degli anziani e dei bambini in Africa, le adozioni a distanza di interi villaggi, e, su un altro piano, la richiesta della presidenza senegalese alla Comunità di Sant’Egidio per un’azione ufficiale di riconciliazione nello storico conflitto di secessione della Casamance. L’umanizzazione della vita nelle carceri africane vede, a specchio, coinvolte le Comunità nel resto del mondo, con la campagna per “liberare i prigionieri” e la solidarietà e le sottoscrizioni dalle carceri italiane ed europee a favore di quelle nel Sud del mondo (mentre un’azione decisa, pubblica a favore dell’amnistia e di una riforma della giustizia e della pena è in atto in Italia in un tempo drammatico di sovraffollamento e di caduta delle misure alternative alla reclusione e di reinserimento). La cura delle malattie degli occhi avviata a Kinshasa, il lavoro con gli anziani e i bambini di strada a Savé, in Benin, le scuole della pace e le Comunità che impediscono i linciaggi, rappresentano una delle risposte locali a problemi che affliggono quantità immense di popolazione, come la lotta alla malnutrizione e il lavoro di prevenzione ed educazione sanitaria che ha ormai raggiunto circa un milione di persone.
Le persone coinvolte e la vita delle Comunità diventano scuole di democrazia, le disuguaglianze di genere vengono superate in una democrazia “evangelica” che diventa contagiosa e un elemento di rinnovamento delle società civili: le attiviste del movimento “Donne per un Sogno” da emarginate due volte, come donne e come malate, e ancor più marginali per le condizioni di povertà, rappresentano oggi la speranza per un continente depresso dall’AIDS, e sono l’esempio e l’innesco di una società più equilibrata tra uomo e donna. Un mondo “al contrario” in cui i poveri acquistano un nome e una dignità, non sono più percepiti come un pericolo per la società, possono tornare a vivere, con dignità. Lo si capisce bene dalla lettera di ringraziamento dei mendicanti di Conakry alla Comunità che, tra i riconoscimenti ricevuti, è tra i più delicati e profondi.
Il 2011 è stato l’anno illuminato dalla beatificazione di Giovanni Paolo II, a maggio: una compagnia speciale per la Comunità, che ha vissuto come un momento di particolare intensità spirituale l’introduzione dell’icona del Beato Wojtyla a Sant’Egidio e nella basilica di Santa Maria in Trastevere. Un anno di vicinanza con papa Benedetto XVI, di incontri e di incoraggiamenti ricevuti, prima e durante l’Incontro mondiale di dialogo e di preghiera per la Pace di Monaco di Baviera, nel decimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle e nel venticinquesimo di Assisi . Un messaggio, quello di papa Benedetto, che esprime con forza la necessità dello “spirito di Assisi” e del lavoro ininterrotto per rafforzarlo e allargarlo alle diverse culture contemporanee.
Si riconferma come dialogo tra le culture e i credenti, planetario, senza paura delle differenze, come chiave per costruire l’arte del convivere in situazioni complesse, ma, sempre, come una alternativa possibile allo scontro e alla violenza individuale e collettiva. Spirito di Assisi che non è irenismo, ma lavoro concreto, faticoso, a volte rischioso, per superare conflitti e discriminazioni, che contiene sacrifici anche fino al sacrificio della vita. I venticinque anni di Assisi hanno coinciso con la testimonianza e il martirio di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze in Pakistan, amico spirituale della Comunità, ucciso in un attacco terroristico all’inizio dell’anno. Il suo impegno, con la Comunità, è continuato assieme a suo fratello Paul Bhatti, tornato in Pakistan per lavorare per le minoranze e il dialogo. L’anno che è trascorso, può essere anche ripercorso con gli occhi dell’Asia e di una maggiore vicinanza ai cristiani in difficoltà, o dei cristiani sotto attacco in Nigeria e in altre parti del mondo. Ma anche di costruzione e di consolidamento delle comunità in aree difficili: una esperienza capillare, quotidiana, di educazione alla pace e al dialogo, che dà frutti nella società: fino ai primi 27 bambini adottati a distanza in Indonesia che si sono iscritti all’università. L’esempio di una fedeltà che diventa fattore di cambiamento, una storia positiva delle decine di migliaia di adozioni a distanza attive da anni.
Attorno alla testimonianza di Bhatti, alla sua Bibbia consegnata alla basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina sono cresciute iniziative concrete, Comunità che avviano servizi nuovi per gli anziani, come a Yohannabad, dal Pakistan all’India. E sempre, anche un lavoro culturale, come le Conferenze internazionali di dialogo con il Patriarcato ortodosso di Mosca e con altre Chiese ortodosse sulla Carità, la Vecchiaia come Dono, il martirio, figure-ponte come Xu Guangqi. Dialogo e cultura. Ma anche cultura che diventa comunicazione, dimensione e impegno personale, proposta quotidiana (le preghiere e gli incontri nelle periferie di Roma e altre città in occasione di fatti di violenza urbana come l’uccisione di Maricica Hahaianu hanno una corrispondenza in altri paesi rispetto a fatti simili).
Un anno di Sant’Egidio ovunque nel mondo è un anno trascorso con i bambini, gli immigrati, le scuole del vangelo, le scuole della pace, i movimenti dei bambini e dei giovani, dal paese dell’Arcobaleno ai Giovani per la Pace, a Viva gli Anziani, gli Amici: le frontiere tra nazionalità diverse, abilità e disabilità, età acquistano un significato diverso e diventano l’abitudine a convivere in un mondo plurale.
Difficile raccontare, impossibile unificare. Ci sono sensibilità che si diffondono e che fanno di piccole comunità, nel tempo, luoghi di comunicazione del Vangelo, lavoro per la pace e di umanità. Da Haiti a Cuba, da Antwerpen a Washington, da Parigi a San Salvador. E che, in momenti particolari, si fanno vicine in maniera globale e con capacità locali, nelle grandi emergenze: dal terremoto in Giappone all’emergenza carestia nel Corno d’Africa, al Kenya, ad Haiti. Sempre “locali”. Creando nuovi servizi per i poveri, per gli anziani dal Kivu a Cuba, con iniziative concrete, sul campo, di difesa della vita degli anziani e dei bambini dalle ondate di violenza e dalle accuse di stregoneria, che innescano processi di esecuzioni sommarie, in Malawi e in altre aree africane.
La vigilia della Festa della Comunità ha coinciso con il saluto e il funerale di un protagonista della storia dell’Italia democratica a Sant’Egidio e a Santa Maria in Trastevere, Oscar Luigi Scalfaro, poco dopo la conclusione del 150mo anniversario dell’Unità d’Italia. Una ricorrenza laica, che però ha rappresentato per Sant’Egidio un motivo particolare di impegno per il paese e di preghiera per l’unità del Paese, in un tempo difficilissimo, attraversato da spinte disgreganti e da una lunga nebbia che ha bloccato a lungo il sistema politico e la ricerca di soluzioni condivise per il bene comune. Un anniversario non formale, che il movimento degli Amici, con l’arte, ha saputo interpretare in maniera coraggiosa e creativa, fino alle mostre “Noi,l’Italia”, itineranti, all’eccezionale evento “I/O Io è un altro” alla Biennale di Venezia, e alla Mostra al Quirinale di 150 opere di artisti disabili inaugurata dal Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano.
Il racconto che ne emerge serve da traccia anche per un anno che è stato duro per i poveri e per chi ha sentito più degli altri la crisi. La Comunità la cercato di rappresentare presso l’opinione pubblica le difficoltà di chi è stato travolto più degli altri dalle difficoltà del Paese, in particolare famiglie numerose, giovani, anziani soli, con conferenze stampa e comunicati, manifestazioni nei quartieri, marce di solidarietà in occasione di episodi, più frequenti, di razzismo.
Un appuntamento annuale, la Marcia del 16 ottobre con la Comunità ebraica di Roma e la memoria della deportazione ad Auschwitz al Binario 21 della Stazione di Milano (ma anche in tutta Europa, a Buenos Aires e in America Latina) sono diventati la proposta di una Giornata della memoria cittadina e un’occasione di difesa di tutte le minoranze.
Ma la crisi economica ha intensificato il clima di scontro sociale e le semplificazioni, la tentazione di uso strumentale del disagio e la caduta della qualità dei sistemi di welfare. In questo contesto la Comunità ha ritenuto di continuare il lavoro di accompagnamento dei poveri, con le Guide Dove Mangiare, Dormire, Lavarsi, a Roma, a Barcellona e in altre grandi città, e ha intensificato il lavoro di osservatorio sociale e di proposta. Le conferenze stampa su rom, anziani, immigrati, persone in difficoltà, i dati diffusi sulle vittime “nascoste” della crisi economica, sono state azioni costanti lungo tutto l’anno. La capacità innovativa della Trattoria degli Amici si è espressa anche come scuola e cantiere di nuove professioni nel campo della ristorazione per i disabili, in controtendenza con le dinamiche del lavoro. Uno sforzo particolare ha dato vita al primo Rapporto sulla Povertà a Roma e nel Lazio.
Osservatorio e proposta, oltre le contrapposizioni ideologiche: è stata rinnovata la proposta, già avanzata da anni, di una nuova legge sulla cittadinanza degli immigrati, a partire dai bambini. Ma anche una proposta educativa e antropologica: l’estate con gli immigrati a Lampedusa, in Albania, in Africa con i più poveri, e il lavoro culturale per restituire dignità e forza all’impegno gratuito al servizio degli altri in un tempo dominato dai fattori economici. Il momento più alto è stato la Conferenza nazionale “Amici dei poveri a convegno” sulla gratuità e la carità a Napoli, che ha raccolto oltre cento realtà ecclesiali italiane, in uno sforzo congiunto con la Comunità Giovanni XXIII.
Ma è stato un anno segnato dalle difficoltà di vita dei rom e degli immigrati. Per i rom, a Roma e in altre città d’Italia e d’Europa, in particolare nell’Est Europeo, la Comunità ha moltiplicato l’impegno pubblico e con le autorità civili per fermare gli sgomberi e arginare e sciogliere sensi di insicurezza e un diffuso antigitanismo. La morte di 4 bambini rom bruciati in una roulotte a Roma ha spinto la Comunità a chiedere una giornata di lutto cittadino e, con la Chiesa di Roma, a lanciare un piano straordinario per alloggi e istruzione. Le morti nel Mediterraneo di un numero crescente di immigrati è stato un altro punto-chiave del dialogo della Comunità con istituzioni e società civile, per sciogliere tentazioni di paura e di criminalizzazione degli immigrati, in tempi di trasformazioni epocali, come quelle in atto nel mondo arabo.
In sintesi, difficile raccontare un anno della Comunità, che non può essere racchiuso dai successi ottenuti, in un tempo di difficoltà crescenti per molti. Un anno speciale per l’Europa, in difficoltà. Se un centro va cercato in un’azione difficilmente riconducibile a un evento principale, forse questo, nel 2011, è stato proprio l’Europa. E la necessità di aiutare quanto possibile il ripiegamento europeo sui propri problemi in un processo, lento, ma crescente, di erosione di sensibilità europea ed europeista. Non solo “Eurafrica”, ma anche un impegno diretto, in molti paesi, per un pensiero “europeo” in un tempo di euroscetticismo e di difficoltà mondiali concentrate proprio sulle difficoltà economiche dell’area “euro”. Mentre si sono costruiti canali di comunicazione e collaborazione con i protagonisti della “primavera araba” e del cambiamento nel Mediterraneo, dalla Tunisia, alla Libia all’Egitto, senza dimenticare antiche solidarietà come quella con i Balcani. La scelta di Sarajevo come sede del prossimo incontro mondiale interreligioso per la pace, nel settembre 2012 rappresenta il punto di arrivo di questo impegno che ha caratterizzato il 2011 e vede coinvolta la Comunità: un passo importante per il dialogo, una sfida per la convivenza nella zona più martoriata d’Europa.
In continuazione con il dialogo ecumenico che, tra i molti, ha visto gli incontri con il patriarca serbo Irinej e il patriarca romeno Daniel, i legami sempre più amichevoli con il patriarcato di Costantinopoli e di Mosca, sottolineato da una lettera personale del patriarca Kirill, i rapporti e gli incontri di dialogo con le più grandi organizzazioni e università islamiche, dall’Indonesia alla Costa d’Avorio.
Il dialogo ha permesso di costruire, anche nel 2011, passaggi importanti e positivi nella battaglia per la vita e per fermare la pena capitale nel mondo. Una battaglia innovativa e istituzionale, in sinergia con altre organizzazioni e con il governo italiano ha contribuito a fermare l’esportazione negli USA di una delle tre sostanze necessarie all’iniezione letale e un ruolo diretto della Comunità ha contribuito all’abolizione definitiva della pena di morte in Mongolia e in Benin. La Comunità di Sant’Egidio ha continuato a lavorare al rafforzamento della Coalizione mondiale contro la pena di morte, nata a Roma nel 2002, e ha ampliato il movimento delle Città contro la pena di morte nel mondo, quasi 1500, e l’impatto della Giornata internazionale delle Città per la Vita. La prima Conferenza pan-caraibica contro la pena di morte, promossa dalla Comunità a Madrid a ottobre, in collaborazione con il governo spagnolo, è all’origine della nascita della Coalizione dei Grandi Caraibi per la Vita.
Un anno di crescita spirituale. Sintetizzato da 970 pranzi di Natale che hanno ospitato quasi 150 mila persone in più di 70 paesi. Aiutati nell’organizzazione, rispetto all’anno precedente, da oltre diecimila nuovi volontari: un segno di generosità, una risposta: più poveri, più persone sole, ma anche una accresciuta disponibilità che il Vangelo può risvegliare.
Sant’Egidio a quarantaquattro anni, nell’istantanea dei pranzi di Natale, che richiedono una preparazione lunga e che esprimono la bellezza dei poveri e delle società quando riescono a rispettarli: il sacramento del povero in grande onore e praticato e l’unità tra il sacramento della mensa e quello dell’altare. Preghiera e poveri. Secondo la testimonianza di un grande amico scomparso, il teologo Olivier Clement. E’ quello che la Comunità di Sant’Egidio ha provato a vivere, con tutti i suoi limiti. |