L'esperienza della Trattoria degli Amici é stata al centro di un partecipato dibattito nell'ex ospedale psichiatrico di Trieste. Un luogo particolarmente simbolico, che grazie al lavoro di Franco Basaglia e della sua équipe ha portato alla chiusura dei manicomi in Italia.
All’incontro – organizzato dalla Comunità e da Solidarietà Trieste, la Onlus dell’Associazione degli industriali di Trieste – hanno preso parte soggetti diversi: imprese, enti di formazione, realtà legate alla disabilità ed al disagio psichiatrico, famiglie, istituzioni. In diversi interventi è emersa con forza la necessità – sottolineata in apertura da Anna Illy – di considerare le persone con disabilità come una risorsa per la società, in ambito lavorativo e non solo, soprattutto in un tempo di crisi economica.
A nome della Comunità di Sant’Egidio, Filippo Sbrana ha illustrato le ragioni etiche, sociali ed economiche per investire nell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, sottolineando come non sia un onere ma un’opportunità per il Paese. Studi recenti infatti attestano come la mancata produzione ed il costo assistenziale delle persone inoccupate costino diversi punti di PIL, oltre a incidere negativamente sulla vita di tanti disabili che vorrebbero mettere le loro risorse a servizio del bene comune.
Diego Proietti, cameriere nella Trattoria degli Amici dal 2008, ha raccontato le difficoltà incontrate nei primi anni di ricerca di una occupazione, comunicando la passione con cui oggi vive l’esperienza del lavoro e invitando tutti a non scoraggiarsi.
Particolarmente appassionato è stato l’intervento di Giuseppe Dell’Acqua, collaboratore di Franco Basaglia e continuatore della sua opera, che ha ricordato come il lavoro sia stata una delle prime modalità per ripensare la condizione dei malati nei manicomi: proprio 40 anni fa, nel 1972, fu creata a Trieste la "Cooperativa Lavoratori Uniti", che trasformò in lavoratori 60 persone ricoverate.
Dell’Acqua ha sottolineato il valore della Trattoria degli Amici, che nasce dall’ascolto dei bisogni di chi è più fragile e dalla scelta di farsi carico dei desideri incontrati. E in qualche modo ripropone e rilancia le intuizioni dell’esperienza triestina, perché in ogni stagione c’è bisogno di sogni e visioni per cambiare la realtà. Dopo aver sottolineato con una battuta che “nel 1972 ce lo saremmo sognato di ascoltare una testimonianza come la vostra”, ha concluso invitando tutti ad essere ideali operai in una ideale Fabbrica del cambiamento, che attende il contributo di tutti.
Nei molti interventi che hanno caratterizzato il dibattito, è emersa simpatia per la Trattoria e gratitudine per la speranza che trasmette, insieme alla convinzione di poter costruire nuovi posti di lavoro di qualità per le persone con disabilità.
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