Cari amici,
vorrei raccontarvi la mia esperienza personale di ecumenismo, di un lavoro a favore dell’unità dei cristiani. Prima di venire a servire all’estero come parroco della Chiesa russa, in America e ora in Italia, ho lavorato per undici anni al Dipartimento per le relazioni estere del Patriarcato di Mosca, essendo incaricato dei rapporti ecumenici. Girando per questo lavoro mi sono accorto di certe tendenze dell’ecumenismo e questo mi rende piuttosto prudente nei confronti di una prospettiva dell’unità formale, visibile.
Mi pare che ogni nuova generazione di sacerdoti, teologi, sia cattolici che ortodossi che protestanti, pensa di essere più brava dei padri. Le presenti divisioni tra cristiani sono ormai millenarie, e ogni generazione dice “Noi siamo più bravi. Dai ce la facciamo, togliamo tutti gli ostacoli. I nostri padri, i nostri nonni non sono riusciti, ma noi ce la facciamo.” E si comincia a fare il dialogo teologico con zelo, con fervore. E poi…
La divisione è purtroppo una realtà, un peccato che fa parte della natura umana dal peccato originario.
Cristo certo non è diviso! Siamo divisi noi, sottomessi al peccato, alla divisione, alla malattia del peccato. Per guarirci è venuto nel mondo il Figlio di Dio. Per togliere il peccato non bastavano le belle parole, neanche la buona volontà, perché umana. E’ venuto Cristo; è venuto il Figlio di Dio. Quindi per guarire il peccato delle divisioni ci serve la grazia, l’aiuto di Dio, di Cristo.
Da parte nostra occorre la speranza, la fede, ma anche la pazienza.
In questo senso volevo lodare l’attività della Comunità di Sant’Egidio, che conosco benissimo. Secondo me il modo di agire della Comunità è molto sobrio e realista. Voi non spingete, non forzate. Questo è quello che ho visto negli undici anni del mio lavoro a Mosca, e quello che vedo qui corrisponde a questo approccio prudente, sobrio, paziente.
Che Dio ci dia questa sapienza, questa saggezza nel nostro cammino insieme verso l’unità; e che ci insegni lui a vivere insieme. Vivere insieme.
Grazie.
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