Historiadora, Italia
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Guerra e violenza hanno una lunghissima genealogia, che entra nella modernità con la Francia rivoluzionaria e la sua ideologia del cittadino in armi, per poi trovare un fulcro straordinario nella tesi leninista della violenza levatrice della storia. E' la genealogia del sangue versato, che pur mettendo insieme temi e fenomeni non sempre coerenti fra loro, appare coesa e solida: la sua forza è che cammina in relativa autonomia, e non c’è bisogno di conoscerla per esserne influenzati. Usiamo ogni giorno parole di origine guerresca, mobilitazione, tattica, strategia, schieramenti, militanti – una koiné già pronta – e fatichiamo a trovarne di nuove, e efficaci.
La genealogia del sangue risparmiato - del lavoro per la pace con mezzi di pace - è invece in fieri. E' vero che nella storiografia "civilizzata" di oggi esistono opere splendide su grandi lotte e grande figure. Ma quando all’orizzonte compare la guerra, tradizionale, tecnologica, asimmetrica, «a bassa intensità», il resto sbiadisce e scivola fuori dal campo del pubblicamente memorabile. Durante i conflitti nella ex Jugoslavia - notava Alex Langer - l’attenzione generale si è talmente concentrata sugli scontri che si sapeva (quasi) tutto di pulizie etniche e bombardamenti, e (quasi) niente sui luoghi in cui i diversi gruppi riuscivano a convivere. La guerra è più glamour. Il bilancio storico è che di molte realtà e soggetti nonviolenti non sappiamo e forse non sapremo mai, mentre altre pratiche compaiono in opere dedicate a guerre, resistenze, rivoluzioni, ma sparsamente, marginalmente, senza poter incidere sui quadri d'insieme.
Eppure, è di quei soggetti e eventi che siamo figli e figlie. Se nella storia avesse prevalso la violenza -diceva Gandhi- non un solo essere umano sarebbe vivo sulla terra. E' di quei soggetti e eventi che abbiamo avuto e abbiamo bisogno: di fronte alle crisi delle norme di convivenza, per distinguere il bene e il male ci si può sempre - ha scritto Hannah Arendt- aggrappare ai casi particolari, agli esempi, "che sono diventati i principali cartelli segnaletici in campo morale".
Sono tante le buone storie nei brechtiani tempi bui che si possono e devono ancora scoprire. Sapendo che a uno sguardo distratto a volte possono sembrare routine, un poco suggestivo lavoro da formica. Vale la pena continuare a nostra volta il lavoro di formica necessario a metterle in luce. Non è solo questione di buoni principi; ricerche recenti sulle resistenze civili e armate fra il 1900 e il 2006 mostrano che sono state le prime a ottenere più successi.
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