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8 Septiembre 2015

Messaggio pontificio all'incontro promosso a Tirana dalla comunità di Sant'Egidio

Mai rassegnarsi alla guerra

È violenza alzare muri e barriere per respingere chi fugge da condizioni disumane

 
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Pubblichiamo di seguito il testo del messaggio che Papa Francesco ha inviato ai partecipanti all'incontro internazionale «La pace è sempre possibile», organizzato dal 6 all'8 settembre a Tirana, in Albania, dalla comunità di Sant'Egidio. All'evento, giunto alla sua ventiquattresima edizione, prendono parte più di quattrocento fra rappresentanti religiosi, esponenti della cultura e delle istituzioni in dialogo per la pace, provenienti da sessanta Paesi.

Illustri rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane e delle grandi religioni del mondo, porgo a tutti voi i miei più rispettosi saluti ed esprimo la mia vicinanza spirituale all'Incontro Internazionale per la Pace che la Comunità di 
Sant'Egidio ha promosso a Tirana. Questi appuntamenti si susseguono nel solco tracciato da san Giovanni Paolo II con il primo storico Incontro di Assisi dell'ottobre 1986. Da allora si è sviluppato un pellegrinaggio di uomini e donne di diverse religioni che, di anno in anno, fa tappa in diverse città del mondo. Mentre mutano gli scenari della storia e i popoli sono chiamati a confrontarsi con trasformazioni profonde e talora drammatiche, si avverte sempre più la necessità che i seguaci dí diverse religioni si incontrino, dialoghino, camminino insieme e collaborino per la pace, ín quello "spirito di Assisi" che fa riferimento alla luminosa testimonianza di san Francesco.
Quest'anno avete scelto di fare tappa a Tirana, capitale di un Paese diventato simbolo della convivenza pacifica tra religioni diverse, dopo una lunga storia di sofferenza. È una scelta che condivido, come ho manifestato con la visita da me compiuta a Tirana nel settembre dello scorso anno. Ho voluto scegliere l'Albania come primo tra i Paesi europei da visitare, proprio per incoraggiare il cammino di convivenza pacifica dopo le tragiche persecuzioni subite dai credenti albanesi nel secolo scorso. Il lungo elenco di martiri parla ancora oggi di quel periodo oscuro, ma parla anche della forza della fede che non si lascia piegare dalla prepotenza del male. In nessun altro Paese al mondo è stata così forte la decisione di escludere Dio dalla vita di un popolo: anche solo un segno religioso era sufficiente per essere puniti con la prigione se non con la morte. Tale tristissimo primato ha
segnato profondamente il popolo albanese, fino al momento della ritrovata libertà, quando i membri delle diverse comunità religiose, provati dalla comune sofferenza patita, si sono ritrovati a vivere insieme in pace.
Per questo, cari amici, vi sono particolarmente grato per aver scelto l'Albania. Vorrei oggi ribadire assieme a voi quanto affermavo lo scorso anno a Tirana: «La pacifica e fruttuosa convivenza tra persone e comunità appartenenti a religioni diverse è non solo auspicabile, ma concretamente possibile e praticabile. La pacifica convivenza tra le differenti comunità religiose, infatti, è un bene inestimabile per la pace e per lo sviluppo armonioso di un popolo. È un valore che va custodito e incrementato ogni giorno, con l'educazione al rispetto delle differenze e delle specifiche identità aperte al dialogo ed alla collaborazione per il bene di tutti, con l'esercizio della conoscenza e della stima gli uni degli altri. È un dono che va sempre chiesto al Signore nella preghiera» (Discorso alle Autorità, 21 settembre 2014). È questo lo spirito di Assisi: vivere insieme in pace, ricordando che la pace e la convivenza hanno un fondamento religioso. La preghiera è sempre alla radice della pace!
E proprio perché ha il suo fondamento in Dio, "la pace è sempre possibile", come afferma il titolo del vostro Incontro di quest'anno. È necessario riaffermare tale verità soprattutto oggi, mentre in alcune parti del mondo sembrano prevalere le violenze, le persecuzioni e i soprusi contro la libertà religiosa, insieme alla rassegnazione di fronte ai conflitti che si trascinano. Non dobbiamo mai rassegnarci alla guerra! E non possiamo restare indifferenti di fronte a chi soffre per la guerra e la violenza. Per questo ho scelto come tema della prossima Giornata Mondiale della pace: «Vinci l'indifferenza e conquista la pace
».
Ma è violenza anche alzare muri e barriere per bloccare chi cerca un luogo di pace. È violenza respingere indietro chi fugge da condizioni disumane nella speranza di un futuro migliore. E' violenza scartare bambini e anziani dalla società e dalla stessa vita! È violenza allargare il fossato tra chi spreca il superfluo e chi manca del necessario!
In questo nostro mondo, la fede in Dio ci fa credere e ci fa gridare a voce alta che la pace è possibile. È la fede che ci spinge a confidare in Dio e non rassegnarci all'opera del male. Come credenti siamo chiamati a riscoprire quella vocazione universale alla pace deposta nel cuore delle nostre diverse tradizioni religiose, e a riproporla con coraggio agli uomini e alle donne del nostro tempo. E ribadisco quel che dissi a tale proposito sempre a Tirana parlando ai leader religiosi: «La religione autentica è fonte di pace e non di violenza! Nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano» (Discorso nell'Incontro interreligioso).
Cari amici, sostenere che la pace è sempre possibile non è un'affermazione ingenua, ma esprime la nostra fede che nulla è impossibile a Dio. Certo, ci è chiesto un coinvolgimento sia personale che delle nostre comunità per il grande lavoro della pace. Possa dalla terra d'Albania, terra di martiri, partire una nuova profezia di pace. Mi unisco a tutti voi perché, nella varietà delle tradizioni religiose, possiamo continuare a vivere la comune passione per la crescita della convivenza pacifica tra tutti i popoli della terra.

Dal Vaticano, 29 agosto 2015 Memoria del Martirio di San Giovanni Battista
FRANCESCO


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