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16 Febbraio 2013

La scelta del Papa

La scelta del Papa - Riccardi: «C`è sconcerto tra i fedeli, ma il suo è un atto spirituale»

non crea precedenti sui limiti di età nel papato

 
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ROMA - Andrea Riccardi, qui la interpelliamo non certo come ministro uscente ma come storico della Chiesa Cattolica. Le dimissioni di Benedetto XVI cambiano la storia del papato. Si è parlato di «umanizzazione» della figura del Pontefice, addirittura di fine di un simbolo. E come si colloca questo episodio nella storia del cattolicesimo?
«Un fatto eccezionale, perché tutti i Papi sono morti sulla cattedra di Pietro. Per Giovanni Paolo Il, la malattia e la morte hanno assunto il valore della  testimonianza. Da qui lo stupore, talvolta la sconcerto dei fedeli. Si sono chiesti: c`è qualcosa di tanto grosso che il Papa non riesce ad affrontare? La realtà mi sembra un`altra. Papa Ratzinger ha puntato sul "governo spirituale" con il suo insegnamento, più che sulla sua testimonianza personale. Ora sente di non avere più le forze personali per continuare a insegnare ovunque, mentre ha già comunicato il suo messaggio. Per lui testimonianza non è resistere malgrado la malattia, ma ritirarsi non essendo più protagonista».

Tutto questo non rischia di essere una sconfitta per la Chiesa?
«Alcuni vi vedono un segno di declino. Altri esaltano Ratzinger come il puro che si è sottratto a una Chiesa "impura". Spesso sono gli stessi che, anni fa, lo dipingevano come un inquisitore che l`avrebbe ridotta a un carcere. La Chiesa ha tante sfide dinanzi. Meno gravi di quelle della Seconda guerra mondiale o del comunismo.
La condizione della Chiesa è però sempre "agonica", cioè di lotta nella storia. E` il campo del nuovo Papa, mentre ci si addentra nel secolo globalizzato, davvero nuovo per gli uomini del Novecento.

Questo precedente vincolerà i successori, anche solo moralmente, a compiere la stessa scelta?
«La scelta dí Ratzínger non è in contraddizione con la tradizione dei Papi che muoiono sul soglio pontificio. Ma è l`eccezione di un "Papa spirituale". Bisogna andare molto indietro nel tempo, alla rinuncia di Celestino V, morto nel
1296, che Dante giudicò frutto di viltà. In realtà la Chiesa l`ha canonizzato come santo e Benedetto XVI ha visitato la sua tomba. Un`eccezione spirituale, non una contraddizione. Non mi sembra anche che si inauguri l`introduzione dei limiti di età nel papato. Non è la modernità che entra nella Chiesa. L`adeguamento alla modernità non è regola del vivere nella Chiesa cattolica. Piaccia o non piaccia, è la realtà.

Benedetto XVI assicura che rimarrà «nascosto al mondo». Ma come vivrà la Chiesa con un ex Pontefice in vita?
«Come prima. Joseph Ratzinger non è malato di protagonismo, come si vede con le dimissioni. Pensa che nella Chiesa ci sia qualcuno migliore e più in forze di lui per guidarla. Non sarà un Papa-ombra: non è nel suo carattere rispettoso delle responsabilità altrui. Non avremo un Papa in carica accanto a un Papa emerito».

Nella base dei fedeli c'è sconcerto e smarrimento. Basterà l'arrivo di un nuovo Pontefice a rassicurare il cattolicesimo?
«Lo sconcerto c'è. Ci fu, per motivi diversi, anche alla morte di Wojtyla, per molti, l`unico Papa pensabile dopo 27 anni. Fu scelto Ratzinger che gli era vicino. Non si fece un salto di generazione. Presto invece ci sarà un Papa di
un`altra generazione, che non ha conosciuto la Guerra mondiale. Ratzinger e Wojtyla vissero il Concilio da protagonisti. Il nuovo Papa sarà un figlio del Concilio. Un'altra storia. Tuttavia il Vaticano II resta un riferimento decisivo. Si vede ora come ci voglia tempo per recepirlo. Il mondo è cambiato, non è più quello della guerra fredda, ma è divenuto globale nell`economia e nei modelli antropologici e culturali».

Attuare il Concilio significa trovare nuove forme di governo?
«Giovanni Paolo II moltiplicò i viaggi e i contatti personali. Benedetto XVI, anche anziano, ha tenuto fede all`impegno di viaggiare. Mi chiedo se il contatto "carismatico" (che Giovanni Paolo II ha avuto con tutti) non debba diventare una forma di comunione più stretta».

Ma il Papa è «solo»? Non ha pesato la solitudine sulla scelta di Benedetto XVI?

«C`è un aspetto di "solitudine" nel ministero papale, tanto che Paolo VI disse di sentirsi solo come la Madonnina sulla guglia del Duomo di Milano. Giovanni Paolo I ha sofferto la solitudine. Senza togliere nulla alla responsabilità personale del Papa, forse bisognerebbe rafforzare le connessioni tra le parti della Chiesa cattolica e il Papa. Nel mondo globale i messaggi, con tutta la loro ambiguità, corrono veloci, ma bisogna anche avvicinare gli uomini, ascoltarli e essere ascoltati. Si debbono rinnovare le strutture? Non come nella Seconda Repubblica italiana, quando si è creduto che cambiare le regole fosse cambiare la politica.
Certo ci sono ponti e connessioni da creare. Ma la Chiesa sa, nella sua saggezza, che bisogna rinnovare le mentalità e i cuori. È un discorso sulla fede e sulla qualità umana dei pastori e dei cristiani, che è la grande questione. A questo livello il messaggio di papa Ratzinger darà frutti nel tempo».


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