Scriveva Carl Gustav Jung, il teorico della "psicologia del profondo", che esiste, in ogni epoca uno "spirito del tempo" con il quale "non è lecito scherzare": «esso - scriveva lo psicanalista - è una religione [...] a carattere completamente irrazionale, ma con l'ingrata proprietà di volersi affermare quale criterio assoluto di verità, e pretende di avere per sé tutta la razionalità».
E concludeva: «pensare diversamente da come si pensa oggi genera sempre un senso di fastidio e dà l'impressione di una cosa non giusta; può apparire persino una scorrettezza, una morbosità, una bestemmia ed appare addirittura pericoloso per il singolo». In un tempo fluido come il nostro, in cui gli ideali sono evaporati e le ideologia ammorbidite e appannate è difficile capire questo avvertimento nelle sue ripercussioni più serie. Leggere la storia di un giovane africano - brillante, pieno di risorse ed opportunità - che ha perso la vita per opporsi alle sirene della corruzione ci fa bene. E ci fa bene perché non è una storiella edificante, ma una testimonianza che viene da lontano per parlare anche di noi e della difficoltà a costruire una mentalità nuova. "Il prezzo di due mani pulite" (Paoline, 168 pp., 14 curo) è stato scritto da Francesco De Palma per raccontare la storia di Floribert Bwana Chui, un giovane cristiano della Repubblica Democratica del Congo, impegnato nella Comunità di Sant'Egidio e nella politica locale. Nel luglio 2007 Floribert viene ucciso per aver detto no alla corruzione: responsabile al controllo merci delle dogane congolesi si era opposto all'usanza consolidata di accettare denaro per far transitare dei carichi di alimenti avariati. Una morte tragica e, in parte, misteriosa: il giovane viene rapito e torturato barbaramente. Tante le ombre attorno al suo omicidio, l'unica certezza è quella che il senso di giustizia di un giovane, più forte dell'individualismo, a qualcuno è sembrata "una morbosità, una bestemmia".
De Palma racconta la vicenda del giovane congolese, intrecciandola sapientemente con la storia controversa del suo Paese. Ne ricava un ritratto intenso, commovente, ma anche una lettura prospettica della forza anticonformista del Vangelo vissuto, dell'amicizia con i poveri, del lavoro convinto per la giustizia. Floribert non era un ingenuo. E nemmeno un eroe. Ha studiato, coltivato ambizioni. Con Sant'Egidio aveva costruito dal nulla un'amicizia con centinaia di bambini che vivevano per strada e, per fare questo, aveva coinvolto tanti giovani suoi coetanei. Un giovane idealista, ma non ingenuo.
Sergio Casali
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