LA STORIA dei rom è una storia di persecuzione e una storia di paura. Gli zingari hanno paura e fanno paura. Per uscire da questo diabolico meccanismo che si autoalimenta c'è un solo modo: conoscerli. Conoscere la loro vita e la loro cultura che è musica, pittura, letteratura, cinema. Pino Petruzzelli, attore e scrittore, ha da tempo iniziato un suo percorso di studio e di conoscenza diretta della civiltà Rom che lo ha portato a realizzare un spettacolo teatrale, un libro "Non chiamarmi zingaro" (Chiarelettere) e ora, in collaborazione con un giovane intellettuale Rom, Seo Cimzic e con la comunità di Sant'Egidio, un micro-festival di cultura rom, "GipsyArt", che si terrà domenica sera, a partire dalle 20, a Palazzo Ducale nella Sala del Maggior Consiglio.
«L'universo artistico romani muove dalla quotidianità interna alla famiglia di appartenenza» spiega Petruzzelli «ma attraverso una sorprendente vivacità espressiva riesce a diventare coinvolgente linguaggio universale». La musica è l'arte più nota dei rom e dei sinti: "Sublime canto mistico" come sosteneva Franz Liszt, ma di notevole interesse è anche la giovane letteratura con le sue aspirazioni a una visione libera, pura e naturale della vita. Ad aprire la serata, dopo l'introduzione di Giordano Pupo della comunità di Sant'Egidio sarà il gruppo dei "Gipsyes Vàganes".
A seguire Claudio Pozzani e Claudia Priano parleranno di letteratura rom e Petruzzelli introdurrà l'opera del pittore Olimpio Cari. Saranno poi proiettati due corti, il primo girato a Genova da Marco di Gelard, o su sceneggiatura di Seo Cimzic, ispirata a un episodio della sua vita. Una storia di razzismo nei confronti di un bambino rom, il cui sogno è imparare a nuotare e poter entrare in una piscina comunale con i suoi amici. Il sogno diventa incubo nel momento in cui il cassiere della piscina, uomo pieno di pregiudizio nei confronti del popolo rom, vieta al bambino ogni volta l'accesso allo stabilimento.
Il secondo film "La Mia Famiglia rom e WoodyAllen di Laura Halilovic racconta invece la storia di una ragazza rom che vive con i suoi in un quartiere popolare alla periferia di Torino. Il racconto in prima persona esplorai cambiamenti e le difficoltà della nuova vita stanziale affrontando i contrasti e le incomprensioni che fin da bambina la accompagnano nelle relazioni con i Gagè, i non-rom. Attraverso i ricordi dei suoi familiari, tra cui l'anziana nonna che ancora vive in un campo, le fotografie e i filmati del padre che negli anni documenta la vita quotidiana della piccola comunità, si scopre una realtà fino ad oggi conosciuta solo attraverso gli stereotipi e i luoghi comuni. «Penso che questa serata abbia un grande significato simbolico» conclude Petruzzelli «portare i Rom, nel cuore culturale della città è un segnale di straordinaria importanza»