Ministre de l’Intérieur d’Israël
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Abbiamo negoziato la pace con i Palestinesi negli ultimi 15 anni ma ancora non l’abbiamo raggiunta. La vera essenza della pace non il processo di pace ma il raggiungimento di una pace sostenibile. Perciò dobbiamo passare dal processo di pace all’accordo di pace. Il tempo, come si è dimostrato, non è dalla nostra parte. Al contrario, la fiducia tra le due parti è diminuita. Tornando indietro agli accordi di Oslo, passo dopo passo un piano di pace era stato preparato. La fiducia, si supponeva che si sarebbe costruita nel corso del processo di pace al fine di consentire ad entrambe le parti di colmare quel gap allorchè si sarebbero affrontate le questioni centrali come Gerusalemme e i rifugiati. Sfortunatamente, ci siamo trovati a fronteggiare la situazione opposta: una mancanza di fiducia reciproca. Guardando indietro, avrebbe potuto essere previsto, perché la natura degli accordi incoraggiava le parti a “guadagnare punti” in attesa del prossimo passo. Ha portato a conflitti maggiori su ogni sviluppo anche minimo. Io credo che non è stata la giusta via per gestire il processo di pace. Avremmo dovuto iniziare con il raggiungimento di un accordo finale da realizzare gradualmente. In questo modo, ogni ragione per futuri disaccordi sarebbe stata rimossa dall’esterno. Inoltre, avrebbe forzato entrambe le parti a tener fede all’accordo pena il dover assumersi la responsabilità di metterlo in pericolo. Questo metodo è stato utilizzato nell’accordo di pace tra Egitto ed Israele e veramente, per i 5 anni successivi alla firma dell’accordo, le regole furono rispettate. Non c’è bisogno di andare fino ad Annapolis per raggiungere la pace. Questo è un problema arabo-ebraico che deve essere risolto attraverso un negoziato diretto nella regione. La mediazione non è necessaria allorchè le nostre intenzioni per raggiungere una soluzione siano genuine e sincere.
La costruzione di fiducia tra Israeliani e Palestinesi è una necessità che deve precedere i negoziati; può essere incrementata invitando i paesi arabi moderati, coloro che hanno sostenuto l’iniziativa saudita, a prendere parte ai negoziati. I palestinesi avranno bisogno dell’approvazione e del sostegno del mondo arabo nel prendere decisioni in futuro. Una volta raggiunto l’accordo, la leadership palestinese dovrà fronteggiare i gruppi estremisti, incluso Hamas, obiezioni e false accuse circa la natura della soluzione. L’appoggio all’accordo attraverso l’approvazione dei paesi arabi moderati costituirà un contraltare agli estremisti e assicurerà il loro impegno al processo di pace e alla costruzione dello stato palestinese. Ciò porterà ad aprire una finestra per una pace complessiva nel Medio Oriente. La pace modererà i paesi Arabi. All’ Egitto e la Giordania che già lo sono si aggiungeranno i paesi del Golfo e dell’Africa del Nord. La pace tra gli Israeliani e i Palestinesi li lascerà senza ragioni per non prendervi parte.
Una pace complessiva è la risposta alla minaccia iraniana sul Medio Oriente, una minaccia diretta non solo contro Israele ma contro tutti i paese moderati della regione. La pace cambierà l’agenda e rovinerà gli attuali sforzi dell’Iran di esportare la sua rivoluzione islamica radicale nell’area – uno scenario che sfortunatamente può diventare una realtà in assenza di pace, dovuta agli tentativi iraniani do ottenere l’arma nucleare.
Secondo alcune stime, la somma di denaro che è stata investita dai paesi del Medio Oriente nell’acquisto di armi ammonta intorno ai 200 miliardi di dollari. Ci si meraviglia riguardo ai modi alternativi di investire questa somma per il benessere delle persone nella società, nell’economia, nella salute, nell’istruzione e nello sviluppo.
Il tentativo di sciogliere questo nodo gordiano mi sembra senza speranza. È venuto il tempo di tagliare il nodo. Il taglio sta in un drastico cambiamento ovvero in una riduzione del calendario e la formulazione di un accordo che riguardi tutti i problemi principali. Anche a prezzo di un lungo periodo di implementazione. Questo è l’unico modo per bypassare gli ostacoli attuali e guardare più avanti […]
Una comprensione ed un’empatia reciproca che permette di apprezzare gli sforzi dell’altro è necessaria.
La situazione politica da entrambi i lati non è facile.
In Israele, stiamo affrontando un periodo di circostanze politiche instabili. Gruppi si sono opposti all’idea di concessioni, dovuta al sostegno dell’ideologia del “Grande Israele”, la debolezza dei grandi partiti nel riuscire a raggiungere la maggioranza in parlamento, una maggioranza che potrebbe consentire il passaggio di leggi senza la dipendenza di piccoli partiti di opposizione. L’assenza di sicurezza per i residenti dell’Israele meridionale che vivono sotto il lancio costante di migliaia di missili e granate, come risultato delle decisioni dei Palestinesi a Gaza, dopo il ritiro, ha portato ad una resistenza nell’opinione pubblica israeliana ad ulteriori concessioni.
Nell’autorità palestinese vediamo un sistema politico complesso e complicato, soprattutto dopo l’ostile conquista di Gaza da parte di Hamas e della loro chiara aspirazione al controllo dell’intera autorità Palestinese. Le organizzazioni terroristiche che non sono state disarmate neanche di fronte all’Autorità palestinese e che mantengono un’ideologia estremista che non riconosce l’esistenza di’Israele. Organizzazioni sostenute dall’Iran. Una capacità parziale del governo Palestinese di prevalere sui gruppi armati che agiscono per proprio conto. La mancanza di valori democratici basilari come lo stato di diritto e un sistema giudiziario forte ed indipendente.
Da un po’ di tempo negoziati segreti hanno avuto luogo. Indubbiamente, è giunto il tempo di assicurare una completa copertura e chiusura dei problemi rimasti aperti.
In aggiunta, dobbiamo garantire che non venga fatta nessuna promessa vuota che non potrà essere realizzata al fine di evitare il fallimento.
Questo è il tempo di una leadership coraggiosa, determinata e decisiva che cerchi un compromesso che aspiri senza dubbio alla riuscita di un accordo di pace complessivo e sostenibile.
Dobbiamo tenere in mente che la nostra regione è la culla di entrambe le nazioni, che siamo entrambi figli di Abramo, e che condividiamo la stessa fede in Dio. Con il desiderio vero “non è leggenda”.
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