Intellectual and politician, Albania
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Trovarmi oggi di nuovo ad Assisi e partecipare a questa esemplare ed eccellente attività promossa dalla Comunità di Sant'Egidio, a 30 anni di distanza dal grande evento organizzato qui da Papa Wojtyla, è per me un vero privilegio. Il tempo trascorso ha reso merito alla straordinaria lungimiranza dell’idea ispiratrice e visionaria di quell’ incontro che si poneva il fine di mettere le basi della convivenza tra le religioni. In questi 30 anni nel mondo, purtroppo per alcuni aspetti, i cambiamenti sono stati in senso negativo. E' vero che negli ultimi anni è crollata una delle più forti barriere dell'intolleranza e della criminalità, il comunismo, ma nel frattempo si sono innalzate nuove barriere, le quali intendono abusare della religione e dare origine ad ulteriori conflitti sanguinosi. Purtroppo, anche in certe parti del mondo occidentale si tende a rispondere al radicalismo, all’estremismo e al terrorismo cercando di riprodurre il muro di Berlino nel 2000. Personalmente lo considero un grosso errore, esattamente l'opposto di quello che serve all’umanità e che è l'apertura mentale e la conoscenza reciproca, la nostra convivenza, il processo di integrazione, parlando specificamente per i paesi europei. Solo in questo modo, potremo opporci realmente e a lungo termine al fenomeno preoccupante di divisioni profonde, all’utilizzazione delle religioni per scopi politici e di dominazione, alla divulgazione del fenomeno del terrorismo al punto da essere definita da Papa Francesco "la terza guerra mondiale frammentata".
Io provengo da un paese europeo, che aspira a diventare parte dell’Unione Europa, che aspira a convivere in una larga comunità assieme ad altri, superando il nazionalismo, le diversità culturali e le differenze religiose. L'anno scorso abbiamo avuto l'onore di accogliere ed ospitare a Tirana questo grande evento di pace e contribuire in qualche modo con la nostra esperienza positiva, cosa che cercherò anch’io di fare qui oggi con il mio intervento. Noi oggi, ma anche nei secoli siamo riusciti a convivere in pace, nonostante le appartenenze religiose. Proprio anche per questo motivo, Papa Francesco ci ha onorato con la sua visita storica, la prima in Europa, ci ha resi orgogliosi per le parole che ci ha rivolto:
"Quanto accade in Albania, ha affermato il Santo Padre, dimostra che la pacifica e fruttuosa convivenza tra persone e comunità appartenenti a religioni diverse è non solo auspicabile, ma concretamente possibile e praticabile. La pacifica convivenza tra le differenti comunità religiose, infatti, è un bene inestimabile per la pace e per lo sviluppo armonioso di un popolo… Possa l’Albania proseguire sempre su questa strada, diventando per tanti Paesi un esempio a cui ispirarsi!"
Ed è proprio vero, da noi i rapporti interreligiosi sono proprio così. A Tirana si può ascoltare sia la voce del mufti proveniente dal minareto della moschea, sia i suoni delle campane delle cattedrali, quella cattolica e quella ortodossa. Situata poco in là, si trova la teqe dei Bektashi. Per noi albanesi questa mescolanza e contrapposizione di simboli e suoni non è così accentuata da condurre allo scontro tra le persone. Per noi è esattamente come ha detto Papa Francesco all’Università’ Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio a Tirana: "La religione autentica è fonte di pace e non di violenza! Nessuno può usare il nome di Dio per fare violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio non è umano".
Al suo fulcro, la nostra tolleranza religiosa è costituita di alcuni elementi molto importanti di unione e solidarietà: la coscienza nazionale e la nostra aspirazione europea, connesse fortemente al nostro cosmopolitismo. Alle base della nostra tolleranza ossia come risultato di essa, sussiste un dialogo interreligioso dinamico e creativo, appositamente associato a questi elementi. Questo dialogo fondato sugli interessi del nostro paese e del nostro popolo, rende le comunità religiose non solo pacifici gruppi passivi, ma veri motori di convivenza e sviluppo. Indubbiamente, una società tollerante simile non è stata costruita tanto facilmente. Comunque sia, nessuno può essere tanto sicuro del fatto che essa continuerà a rimanere sempre la stessa, vivendo per di più in una società globale così scossa, se non se ne comprenderà chiaramente l’essenza e non si camminerà verso il pieno consolidamento di un ambiente pacifico.
In Albania esistono 4 importanti comunità religiose: musulmana, ortodossa, cattolica e i bektashi. Nelle attuali condizioni di sviluppo del paese, i dati e le statistiche correlate alle religioni debbano essere considerate con riserva, anche perché per quel che riguarda l’appartenenza religiosa delle persone esiste una dinamica mutevole. In Albania i matrimoni tra coniugi di religione differente sono consueti. Vorrei dire che essa è un’ulteriore espressione di convivenza, di tolleranza e di qualcosa più fondamentale che ci unisce, vale a dire, dell’essere albanesi.
Ciò malgrado, questo non significa affatto che non esista un’identità propria delle comunità religiose. Essa esiste e su di essa, ovvero per mezzo di essa, è stato fondato il dialogo e la convivenza religiosa. Qui vorrei citare ancora una volta quanto detto da papa Francesco a Tirana: "Vorrei inoltre sottolineare qualcosa che è restato come un fantasma: il relativismo, dire che tutto è relativo. In relazione a questo, dobbiamo aver sempre presente un principio chiaro: non puoi dialogare se non parti dalla tua identità.... Ciò che ci unisce è la via della vita, è la volontà di partire dalla nostra identità per far del bene ai fratelli e alle sorelle".
Proprio tale dialogo, che si sostiene sull’identità religiosa, contribuisce a salvaguardare la nostra identità fondamentale, vale a dire, l’essere albanesi e la nostra aspirazione europea. Questa è la realtà albanese, la quale spiega che al di là dei rapporti numerici, la convivenza religiosa ed il dialogo interreligioso rappresentano una innegabile realtà costruita su una visione concreta.
Come si è giunti fin qui? Gli albanesi hanno una lunga storia religiosa e hanno abbracciato la loro prima fede cristiana con convinzione. Così la fede cristiana per i nostri predecessori era una fede apostolica, giunta tra gli antichi illiri grazie alle parole degli apostoli. L’apostolo Paolo scrive intorno agli anni 42-49 cosi: "Da Gerusalemme e dintorni e fino in Illiria ho compiuto il servizio per la resurrezione di Cristo, sforzandomi di evangelizzare laddove il nome di Cristo non era conosciuto". Poi, nel corso dei secoli, l’Albania è stata ponte di continuo passaggio tra Oriente ed Occidente, seguita dal lungo periodo dell’occupazione ottomana. In questo periodo una parte degli albanesi si convertirono all’islam, cosa che accadde nelle zone occupate. Analogamente occorre ricordare che in Albania all’inizio del 1900 si è istituito il centro mondiale del bektashismo, religione che rappresenta un tentativo di avvicinamento tra l’islam e il cristianesimo, ulteriore testimonianza della nostra tolleranza. In seguito della seconda guerra mondiale il nostro paese subì la tragedia di divenire parte dell’impero comunista, di conoscere una dittatura tra le più crudeli e di diventare l’unico paese ateo del mondo, forzato a questo anche dalla Costituzione.
Malgrado una realtà cosi complessa, in Albania la religione è stata un alleato vitale, non solo per quel che riguarda l’amore per il paese, ma anche per quel che si riferisce alla spinta verso l’Occidente. La religione non è mai restata chiusa in se stessa, nel tentativo di legittimare questa o quella dottrina religiosa, ma essa ha avuto un valore pragmaticamente misurabile: la sopravvivenza della nazione albanese e la nostra appartenenza europea. Per fare un esempio, il cattolicesimo ha aiutato la sopravvivenza nazionale fin dall’antichità romana, l’ortodossia lo ha fatto al tempo dei bizantini; l’islam ha poi svolto un suo ruolo di sostegno nel momento in cui l’Albania dovette fare fronte agli attacchi volti all’assimilazione. E tutte e tre le religioni si trovarono insieme a combattere affinché l’Albania rinascesse nel 1912, staccandosi dall’impero ottomano e divenendo indipendente. L’indipendenza avrebbe portato in modo inevitabile un nuovo legame con il nostro ambiente naturale, l’Europa. Le grandi personalità albanesi di quegli anni, appartenenti ad ogni credo religioso, erano coscienti di tale mutamento, per noi essenziale.
Lo stesso scenario si è poi ripetuto nel 1990, anno della caduta del comunismo, quando la rinascita della democrazia e delle aspirazioni occidentali furono accompagnate dalla rinascita delle religioni. Cristiani, musulmani e bektashi non solo si ritrovarono insieme nel movimento anticomunista, ma il clero di tutte le fedi insieme organizzò le prime cerimonie religiose. Tale formula, che mette insieme il patriottismo e l’appartenenza europea dell’Albania, è per noi alle radici del dialogo, della nostra unificazione, del nostro cosmopolitismo, della convivenza religiosa.
Ma ciò non è tutto. In Albania le religioni sono concordi anche nel difendere la famiglia. Per noi la famiglia è santa, e con questo termine ci riferiamo ai suoi valori, partendo dal concetto fondamentale che è l’unione di un uomo e di una donna. Questo è un altro grande aspetto di unità, che facilita e rende più concreto il dialogo interreligioso. Cosi in un lungo percorso di auto perfezionamento gli albanesi hanno provato a non rinchiudersi nell’omogeneità di essere definiti in una o in un’altra maniera ma, al contrario, tentano di essere aperti al cambiamento, per accettarlo e per relazionarsi con esso. Salvaguardando, tuttavia, sempre ciò che hanno di più prezioso, vale a dire, la loro identità come albanesi, come europei, i valori fondanti della nostra società e della famiglia, facendo di questi punti gli aspetti più importanti del dialogo tra loro.
Dunque, in Albania il dialogo e la comprensione interreligiosa sono fenomeni ampi ed essenziali. Deve essere fatto ogni sforzo per salvaguardare ed utilizzare tali prove in una regione così movimentata come lo sono i Balcani. Ed oggi il mezzo più sicuro per salvaguardare e sviluppare tale valore nel nostro paese è ampliare il dialogo, consolidare la democrazia, lo stato laico e affrettare il processo d’integrazione europea, vitale questo non soltanto per noi. E ciò è in piena coerenza con le parole di Papa Francesco durante il suo ritorno a Roma, in seguito alla grandiosa accoglienza che gli era stata riservata in Tirana: "L’Albania è un paese europeo. Per me questa è stata una sorpresa. L’Albania è un paese europeo, proprio per la cultura -cultura della convivenza- e per la cultura storica che essa ha vissuto".
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