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19 Settembre 2016 09:30 | Auditorium Hotel Cenacolo

Intervento di Mohinder Singh



Mohinder Singh


Univesrità Sikh di Studi Punjab, India

Riconoscibili per i tipici copricapo, la barba incolta, la sana e robusta costituzione e lo spirito intraprendente, i Sikh sono una variopinta e virile piccola comunità di credenti.  

Costituiscono circa 27 milioni della popolazione Indiana e sono principalmente concentrati nel Panjab indiano dopo la divisione dell’India nel 1947, ma si trovano pure in quasi tutte le altre regioni dell’India e in tutto il mondo.  Quale multiforme comunità di credenti, i Sikh sono conosciuti nel mondo per i loro tratti fisici che li distinguono.

Devono la loro religione al Guru Nanak e credono in un Dio onnipotente, creatore dell’intero universo. Alle genti che erano divise nel nome della religione e della casta, il Guru Nanak diede un nuovo slogan che trascendesse i confini della religione.

Da bambino precoce, Nanak possedeva una forte spiritualità. Suo padre, che era l’esattore delle tasse del paese, gli diede un giorno 20 rupie (valuta indiana equivalente oggi a 25 centesimi) per iniziare un’attività lavorativa.  Mentre si recava in città, Nanak incontrò dei mendicanti, che da molti giorni pativano la fame.  Comprò loro del cibo con il denaro che aveva ricevuto dal padre e ritornò a casa felice per avere sfamato dei poveri figli di Dio.  Quando il padre gli chiese “Che cosa hai fatto oggi?” la sua risposta fu “Sacha Sauda” cioè “un affare redditizio.”   

Resosi conto che Nanak non era interessato alla mondanità, i genitori gli fecero sposare Sulakhni e mandarono la coppia in un’altra città, dove con l’intervento del cognato, Nanak potè lavorare come commesso in un negozio.  Un giorno, mentre meditava sulle sponde del fiume Kali Bein, si crede che Nanak sia scomparso.  Secondo i resoconti agiografici, Nanak fu chiamato alla Corte Divina e gli fu offerta una tazza di nettare da bere e gli fu chiesto di predicare nel nome di Dio. Pieno di Spirito Divino, Nanak intraprese viaggi spirituali, e viaggiò in diverse regioni dell’India e delle nazioni limitrofe. Secondo altri popolari resoconti biografici, il Guru Nanak visitò pure La Mecca e conobbe lo sceicco Ibrahim, la guida spirituale musulmana.  Quando quest’ultimo gli chiese “Chi è buono, un musulmano oppure un Indù?” il Guru Nanak rispose semplicemente “ senza buone azioni, nessuno dei due.”

Nell’ultima parte della sua vita il Guru Nanak fondò una nuova città sulle sponde del fiume Ravi, che chiamò Kartarpur, la città di Dio.  Qui il Guru Nanak sviluppò una società modello che includeva i suoi seguaci di fede Indù, Musulmana, e di altre fedi religiose.  Era più come una comune in cui il Guru e i suoi seguaci si alzavano presto la mattina, e dopo le abluzioni recitavano insieme le preghiere. Poi condividevano un pasto frugale e andavano a lavorare nei campi.  Rientravano tardi la sera e nuovamente recitavano le preghiere prima della cena.  Prima di andare a letto, recitavano il Kirtan Sohila.

In tal modo il Guru e i suoi seguaci andavano a letto con il nome di Dio sulle labbra e si alzavano la mattina ripetendolo.  Il Guru divenne famoso tra gli Indù, tra i Musulmani e tra una crescente comunità di credenti che divenne noto come i Sikh.

Gli insegnamenti del Guru Nanak possono essere riassunti con tre semplici parole in lingua Punjab, Nam Japna, cioè meditazione, Kirt karni, onesto, sodo lavoro, e Wand Chhakna, condivisione dei guadagni con gli altri.

Nella società indiana, la nascita di una bambina era considerata un evento sgradevole. I Guru Sikh invece hanno ripristinato il rispetto e la gloria che spetta alle donne.  “Perché condannare una donna? E’ lei che dà vita ai re.” Disse il Guru Nanak.  Nella società Sikh c’è completa uguaglianza tra uomini e donne. I Guru Sikh hanno condannato la pratica prevalente dell’infanticidio delle bambine e il SATI, cioè il rogo delle vedove sulle pire dei mariti defunti, proponendo invece che le vedove si risposino.

Per il matrimonio, hanno inventato la semplice cerimonia del LAVAN che vuol dire prendere asilo e protezione sotto l’Onnipotente.  Le donne Sikh possono unirsi agli uomini in preghiera, possono essere sacerdotesse e svolgere tutti quei ruoli e quelle funzioni tradizionalmente riservati agli uomini nella società indiana.

I Guru Sikh hanno ripudiato la comune credenza indiana che le donne fossero intrinsecamente “cattive, sporche e inferiori.”  Hanno anche rifiutato l’idea che una donna fosse l’incarnazione della tentazione. Secondo Bhai Gurdas “la donna è la metà della completa personalità dell’uomo e ha diritto a condividere equamente conoscenze secolari e spirituali.”

I Sikh credono che gli esseri umani nascono e muoiono per volontà divina.  Quindi, secondo i Sikh, quando un caro muore non è necessario svolgere i complicati riti tradizionali del lutto, ma recitare e cantare inni devozionali dalle scritture senza sosta.  Hanno condannato con forza l’aborto di feti di bambine e simili pratiche prevalenti nella società indiana.  La tradizione Sikh celebra la vita ed è contro coloro che credono che il mondo sia privo di valore.  Secondo il Guru Nanak il Mondo è “il Tempio di Dio e la Verità vi risiede.”  A tale proposito si ricorda un aneddoto interessante nelle Storie dei Sikh.  Una volta il Guru Nanak incontrò l’eremita Sidhas che si era ritirato a vivere sull’Himalaya.  Quando Nanak gli chiese perché avessero rifiutato la società, Sidhas rispose che non valeva la pena viverci.  A questo punto, il Guru Nanak lo incalzò “Ma quando avete fame, dove andate?” “Mandiamo i nostri giovani a mendicare per il cibo.” Il Guru Nanak fece notare che era strano che i giovani, gli allievi fossero mandati in quella stessa società che era stata rifiutata perché non valeva la pena viverci.

Diversamente dagli insegnamenti del Guru Nanak, le ricche famiglie Sikh fanno ricorso all’aborto di feti di bambine nella loro folle rincorsa per avere un figlio maschio.  Questa pratica è stata inizialmente seguita dei Bedis, che ritenevano di essere all’apice della gerarchia sociale indiana delle caste e consideravano al di sotto della loro dignità far sposare le proprie figlie con i ragazzi provenienti da caste inferiori. Per evitare quest’umiliazione presunta istruivano le ostetriche a uccidere la neonata.  Metodi tipici erano il soffocamento del neonato sulla placenta, lo strangolamento, l’avvelenamento con la Calotropis procera o la sepoltura delle neonate vive. Tali pratiche sono state condannate dal Guru Gobind Singh, il decimo Maestro, che ha emanato un’ingiunzione e ha fatto conoscere il suo desiderio che non si avessero rapporti con simili famiglie.

Oggi le famiglie che desiderano un maschio praticano dei testi per la determinazione del sesso e ricorrono all’aborto del feto delle bambine. Riscontrando tuttavia uno squilibrio tra maschi e femmine, le autorità hanno sanzionato le cliniche dove si svolgono i test per la determinazione del sesso. Fortunatamente anche le più alte autorità religiose, incluso il JATHEDAR di Akal Takhat, la più alta sede d’autorità Sikh religiosa e temporale, hanno emanato ingiunzioni con parole forti, volte a stroncare questa pratica.

Stranamente però, i Sikh, che hanno tassi di alfabetizzazione del 75.4%, molto più alti della media nazionale del 73%, fanno ricorso ai test per la determinazione del sesso.

La religione Sikh attribuisce enorme importanza e valore alla vita sul nostro pianeta e rispetta coloro che si dedicano al servizio dell’umanità.  I Sikh sono particolarmente fieri di due istituzioni: LANGAR, dove pasti gratuiti sono serviti a tutti coloro che visitano i templi Sikh.  Durante le catastrofi naturali, come i terremoti e le alluvioni, squadre di LANGAR giungono con cibo e medicine nei paesi e villaggi colpiti.  Un recente esempio di tale attività di volontariato dei Sikh è stata offerta dai terremoti in Utrakhand, Jammu, Kashmir e lo stato limitrofo del Nepal.   

La tradizione Sikh, inoltre, fa riferimento anche a Bhai Kanahiya, un’anima divina, che portò acqua ai feriti del proprio campo e anche a quelli del campo nemico.  Quando un seguace gliene chiese conto, il Guru rispose che vedeva la stessa Luce Divina che vedeva nei suoi seguaci anche nei nemici.  Profondamente colpito da questa risposta, permise al Guru di prestare soccorso e di curare i feriti tra i soldati nemici portando anche a loro l’acqua. Questo gesto ha permesso di gettare le fondamenta per la costituzione di un gruppo di volontari dedicati chiamati SEWAPANTHIS. Sono molto simili ai nostri fratelli e sorelle della Comunità di Sant’Egidio, che servono pasti gratuiti ai bisognosi in varie parti d’Italia.

Un’altra simile anima divina è Bhagat Puran Singh. E’ comunemente descritto dai suoi ammiratori come Madre Teresa col turbante e la barba.  Purtroppo i suoi servigi sono passati sotto silenzio. Nato in una famiglia ricca, del Lahore, adesso in Pakistan, Bhagat Puran Singh ha iniziato a dedicarsi al servizio dei poveri da quando andava a scuola da bambino. Un giorno mentre visitava un tempio Sikh nella città di Lahore trovò un bambino abbandonato. Quando nessun altro voleva prendersi cura di questo piccolo storpio figlio di un Dio minore, Bhagat Puran Singh lo prese tra le braccia e lo chiamò Piara che significa “Amato” e lo descrisse come la “Corona intorno al collo.” Dopo la divisione del Panjab del 1947, Bhagat Puran Singh si trasferì dal Lahore ad Amritsar.  Quando scoprì che la follia delle guerre fratricide aveva lasciato moltissimi bambini orfani da entrambi i lati del confine e che non era restato nessuno a occuparsi di loro, specialmente di quelli in condizione di handicap fisico, da uomo di Dio, trasformò un capannone nella stazione ferroviaria di Amritsar in asilo temporaneo per i poveri e gli indigenti.

Poiché lui stesso era squattrinato, mendicò e pregò I residenti del posto affinché lo aiutassero a dar da mangiare agli affamati e a curare gli ammalati donando medicine essenziali. Questo lo portò a fondare ciò che oggi è internazionalmente noto come BHAGAT PURAN SINGH  PINGALWARA, Casa dei Lebbrosi, dove aiuta centinaia di indigenti privi di risorse e di strutture moderne. Soltanto quando la stampa e i mass-media, specialmente i giornalisti del calibro di Khushwant Singh ed altri eminenti giornalisti, hanno scritto di questa attività è venuto alla luce l’altruistico lavoro di Bhagat Puran Singh. 

Coerentemente con gli insegnamenti dei loro Guru I Skih lavorano in patria e all’estero al servizio dei poveri e dei bisognosi. La maggior parte dei templi Sikh in patria e all’estero continuano la tradizione di fornire cure mediche, asilo e cibo gratuito a coloro che li visitano.  Per celebrare il valore della vita I Sikh ripetono quotidianamente le preghiere del mattino e della sera:
Nanak Nam Chardi Kala, Tere Bhane Sarbat ka Bhala.

 

Il Tuo Nome e la Tua Gloria siano sempre trionfanti, Nanak, e, 
per la Tua Volontà possano la pace e la prosperità giungere a ciascuno e a tutti. 

 

#peaceispossible #setedipace
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