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Signora Angela Merkel, Cancelliere della Germania
Professor Andrea Ricardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio,
Signor Mahamadou Issoufou, Presidente del Niger,
Signor Antonio Tajani, Presidente del Parlamento europeo
Organizzatori di questa importante conferenza,
Gentile pubblico,
vi saluto col saluto dell'islam, e con il saluto delle religioni celesti: la pace sia su di voi, la misericordia e la benedizione di Dio siano su di voi. Ringrazio tutti di essere venuti a questa conferenza che raccoglie uomini di religione e leader della politica, del pensiero, dell'economia e dei media, in particolare ringrazio i giovani che vedo davanti a me con volti brillanti e promettenti nella determinazione a creare un futuro umano caratterizzato dalla sicurezza, dalla pace, dal vivere insieme, dalla conoscenza reciproca basata sui principi di giustizia, libertà, uguaglianza tra gli uomini. Spero che questo mio discorso vi raggiunga, nonostante il breve tempo che abbiamo a disposizione per il nostro incontro. Le mie parole riflettono i problemi del nostro mondo contemporaneo, le sofferenze della gente, in particolare del nostro Oriente arabo e musulmano, gli orrori, lo spargimento di sangue, le tremende violazioni dei diritti umani. Tutto questo ci rimanda alla memoria delle guerre del passato che credevamo fossero state consegnate alla storia. Oggi, siamo nell’epoca del progresso scientifico, tecnologico e artistico, nell’epoca delle organizzazioni internazionali, delle organizzazioni mondiali dei diritti dell’uomo, delle associazioni della società civile, degli organismi internazionali posti a difesa dei diseredati, dei bambini, degli handicappati, delle vedove, destinate a garantire elementi di sicurezza e protezione alla gente. Ebbene, sembra che proprio la maggioranza di queste istituzioni siano da una parte, mentre il sangue, i corpi, le carneficine, le grida dei bambini, le lacrime degli orfani, il lamento e i gemiti, siano dall’altra parte. In questa nuova epoca è cambiato il concetto di guerra a causa delle fabbriche della morte tecnologicamente e scientificamente avanzate. Le guerre sono diventate guerre furiose che colpiscono gli innocenti nelle loro case e nelle strade, nei loro villaggi e nelle loro città, nelle loro scuole e nei loro circoli. Oppure li costringono a lasciare le loro case e i loro paesi per andare verso un ignoto di cui non conoscono la fine. Costoro giungono a tal punto di disperazione e paura da tentare la via del mare per finire annegati nelle profondità dell’annientamento.
Questo gruppo miserabile e tormentato rappresenta una porzione dell’umanità la quale possiede ciò che ogni uomo possiede sia in Oriente che in Occidente, vale a dire il diritto al rispetto, alla sicurezza, alla libertà, alla stabilità sulla sua terra e nel suo paese. La discriminazione riguardo a questi diritti sulla base della povertà o della ricchezza, dell’etnia, del colore o della religione, secondo l’islam, anzi secondo ciò che affermano tutte le religioni divine, è un atto inumano con tutte le implicazioni che questa parola comporta. E coloro che da noi sono stati educati secondo l’insegnamento dei profeti e degli inviati e secondo i principi etici conoscono bene che occorre riconoscere il principio secondo cui l’uomo è fratello dell’essere umano suo simile. È suo omologo nell’umanità. E costoro sanno che l’umanità è uno dei legami di vicinanza che comporta diritti e doveri reciproci tra i figli di Adamo, sia a livello degli individui sia a livello delle società, degli stati e dei popoli.
Signore e signori,
chiedo scusa per questo mio parlare un linguaggio pessimista, in qualche misura, con il quale ho aperto il mio intervento in questa conferenza, in cui tutto invita all’ottimismo, alla speranza illimitata. Ma io provengo dall’Oriente i cui uomini, donne, bambini e anziani stanno pagando un prezzo pesante di sangue, morte, fosse comuni, a causa di politiche regionali e mondiali che hanno distrutto popoli e civiltà antichissimi: tra questi vi sono paesi che sono stati distrutti in poche ore in maniera totale e poi lasciati in un vicolo cieco fino all’istante in cui vi sto parlando. Tra questi vi sono paesi in cui la macchina dell’uccisione e della distruzione continua a operare contro uomini e pietre, una situazione che dura da quindici anni. Poi bisogna aggiungere all’elenco della distruzione anche le epidemie e le malattie mortali.
Gli ultimi episodi di questo gioco dell’assurdo in Oriente sono espressi da ciò che sta accadendo ai cittadini Rohingya musulmani soggetti a genocidio ed emigrazione forzata, nell’incapacità della comunità internazionale di salvarli dalla tragedia per cui stanno soffrendo e che ci è trasmessa dalle televisioni, una tragedia che la coscienza umana non può sopportare, non dico in Occidente, anzi insisto, in Oriente prima che in Occidente, per quanto è pesante.
Queste tragedie, signore e signori, sono ben note, e noi con voi le conosciamo bene. Forse si sono ripetute alle nostre orecchie fino alla noia per quante volte le abbiamo ascoltate e per questo non mi dilungo su di esse. Ho espresso questo in una dichiarazione pubblicata da al-Azhar l’altro ieri proprio sulla questione dei cittadini Rohingya musulmani che contiene una denuncia e una condanna di quanto sta accadendo. Certo le denunce e le condanne non hanno significato, sono perdite di tempo e di energie, ma non posso permettermi di lasciare questa conferenza, così ricca di grandi e distinti leader, di giovani leader sui, quali nutriamo – dopo Dio – grandi speranze sulla loro capacità di salvare l’umanità dagli orrori e di raggiungere la pietà, la pace e la sicurezza, senza parlarne.
Non posso lasciare questo posto senza ricapitolare le riflessioni che mi sovvengono su questa crisi. Ammetto che alcune di esse si avvicinano al livello di sogni. Scusatemi se i sogni sono un trucco.
Primo: la maggior parte della distruzione organizzata che ha colpito noi in Oriente – a quanto dicono gli osservatori di politica internazionale - è causata dal terrorismo islamico perciò si è dovuto intervenire per fermarne la minaccia e salvare da esso le popolazioni. Permettetemi, Eccellenze, di dire – con tutta sincerità– che la causa di ciò che sta accadendo in Medio Oriente risiede nella persistenza nella regione di uno stato conflittuale continuo e persistente e nella ricerca di aree che facilitino il sorgere di lotte religiose o settarie fino a giungere ad un sanguinoso conflitto armato.
La storia del terrorismo fino a questo momento - nella coscienza della maggioranza degli arabi e musulmani - somiglia a un trovatello che conosciamo, ma di cui ignoriamo chi sia il padre e la madre. Non voglio andare a raccontare di questo strano essere, nato con zanne e artigli pronti, alleato con potenze straniere, fuori da ogni legge del normale sviluppo, che non aveva ancora raggiunto l'età di tre anni allorché ha dichiarato lo Stato islamico, che fa parlare di sé i bollettini di notizie internazionali. [Questo essere] spande il suo messaggio dove vuole, controlla le zone petrolifere, uccide e massacra, cattura le ragazze, si è dotato di armi e attrezzature di atterraggio per velivoli, ecc. Ciò è quanto sappiamo e impariamo da queste strane storie.
Con ciò non intendo esimere il nostro Oriente arabo e islamico dalla piena responsabilità storica di questo terrorismo, causato da molteplici fattori interconnessi con ragioni politiche, religiose, educative e sociali. Ma non riesco a capire [da dove venga] il potenziale della ricerca scientifica, tecnica e militare della regione, settori in cui questa organizzazione si è mostrata in pieno sviluppo. Come non capisco la politica mordi-e-fuggi adottata per affrontare questa organizzazione e proteggere gli uomini e le donne indifesi dai mali e pericoli causati da essa.
Secondo: Questo Oriente, la cui gente geme sotto il peso di crisi soffocanti a tutti i livelli, si è presentato all'Occidente con mani innocenti, apportando molto alla sua civiltà, infondendo in essa le radici della scienza, della cultura, della letteratura e delle arti. Basterebbe accennare brevemente a ciò che afferma uno studioso occidentale contemporaneo «che la cultura europea ha un debito enorme con il mondo dell'islam; […] i musulmani hanno mantenuto l'antica scienza dei Greci, migliorandola e arricchendola, e hanno posto le basi della scienza e della medicina moderne, dell'astronomia e della navigazione; inoltre, hanno ispirato molte delle conquiste del moderno Occidente».
Questo scrittore dichiara che, senza la tolleranza intrinseca dell'islam verso i non musulmani all'interno del mondo islamico lungo quindici secoli, è incerto che gli ebrei sarebbero sopravvissuti come entità etnicamente e religiosamente indipendente. Probabilmente l'Occidente sarebbe stato privato dei loro meravigliosi contributi nell’arte, nella medicina, nella scienza, nella letteratura e nella musica, virtualmente illimitati. Da qui [si è poi passati] nella mentalità occidentale a raffigurare un'immagine del mondo islamico come un mondo stagnante «abitato da persone con strane abitudini e vaghe credenze, e dei paesi arabi come un enorme serbatoio di benzina e una fonte di materie prime per l'economia occidentale». Questa immagine è una ricostruzione artificiale e non riflette la realtà del mondo musulmano. Essa non può costituire la base per una reale comprensione tra i popoli di diverse culture e credenze.
Questo studioso giunge alle sue logiche conclusioni documentate da lunghi studi, e afferma: «Le nazioni europee sono tutte passate attraverso fasi di tirannia, dittatura e conflitto devastante e il loro movimento verso la democrazia si è compiuto all’incirca nel secolo scorso; perciò bisognerebbe lasciare che i popoli arabi risolvano essi stessi i loro problemi politici interni, indipendentemente dalla natura dei sistemi dominanti. La Storia ha dimostrato - senza alcun dubbio - che il mondo islamico ha principi spirituali e morali capaci di promuovere una politica di tolleranza e di fratellanza tra tutte le razze e religioni. È suo diritto evolversi in linea con le convinzioni comuni, le necessità e le aspirazioni dei suoi popoli, così come le nazioni europee hanno fatto in precedenza. L'Europa, l'America e la Russia hanno firmato la Carta delle Nazioni Unite, le cui prime disposizioni prevedono che nessuno Stato ha il diritto di interferire negli affari politici interni di un altro Stato».
Mi scuso ancora per la lunghezza di questa citazione, ma ho voluto guardare al nostro mondo musulmano da una prospettiva occidentale per vedere la dimensione della discrepanza e la grande distanza tra il dire e il fare … E [mi domando] come il nostro Oriente arabo, di cui io mi vanto (e sono stato studente nella seconda fase di liberazione dal colonialismo, al tempo della costruzione della Grande Diga di Assuan e dei nuovi sistemi politici ed economici, dei movimenti di liberazione che si muovevano tra le sue regioni in successione), dicevo, come è tornato questo Oriente ad essere teatro di conflitti armati, di politiche e ambizioni regionali e internazionali, mentre i poveri e miserevoli popoli a cui appartengo per nascita, origine e istruzione, hanno pagato e pagano ancora questa assurdità regionale e internazionale combattendo guerre al posto di altri, mentre “non hanno cammelle né cammelli nella questione” come dice il proverbio arabo [cioè non hanno nulla a che fare con ciò].
Terzo e ultimo: ritengo, con autentica e totale umiltà, che il punto dove si concentra la malattia sia la debolezza del riferimento etico nella guida delle nostre civiltà di oggi e nella incapacità di contenerle quando sono consumate dalle passioni e dai desideri. Il rimedio non consiste in un maggior progresso scientifico e tecnologico, nonostante esso sia importante e necessario per una vita migliore e più confortevole. La soluzione non è nelle filosofie materialistiche che hanno rifiutato Dio e le religioni e la morale che ad esse è associata. La soluzione non è nelle dottrine utilitaristiche, né nelle dottrine laicistiche, poiché tutte queste filosofie ruotano attorno all’individuo come persona e non come membro della comunità umana la quale possiede altri diritti che devono essere rispettati dagli altri individui altrimenti la collettività umana sarà corrotta e affronterà una situazione molto difficile.
La soluzione, a quanto credo, risiede in un’etica umanitaria globale che comprenda l’Oriente e l’Occidente e che governi il nostro mondo contemporaneo e guidi il suo cammino. Solo le religioni, e le religioni soltanto, possono essere una alternativa all’etica contraddittoria e conflittuale che ha spinto il nostro mondo verso ciò che assomiglia a un suicidio di civiltà e non verso un programma di etica mondiale, come ha affermato ancora Küng. Ma tutto ciò è condizionato dal fatto che si stabilisca la pace tra le religioni stesse, prima di tutto, secondo il famoso adagio che recita: “Non c’è pace nel mondo se non c’è pace tra le religioni”.
Per realizzare un passo sulla strada della pace alla quale invitano tutte le religioni, al-Azhar ha iniziato a collaborare con le grandi istituzioni religiose europee, in particolare con la Comunità di Sant’Egidio ai cui incontri per la pace partecipo oggi per la quarta volta.
Questo per riaffermare la volontà di al-Azhar di continuare a lavorare per costruire la pace con tutte le religioni e le confessioni.
Sì! Per questo sono venuto, per porgere la mia mano, come musulmano, a tutti coloro che amano la pace quale che sia la loro religione o etnia,
Mi scuso di essermi dilungato e vi ringrazio di avermi ascoltato.
La pace, la misericordia e la benedizione di Dio siano con voi.
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