Catania. Ci sono date che non si dimenticano, perché qualcuno - come la Comunità di Sant'Egidio e i Giovani per la Pace - le sottolinea ogni anno. Così è per il 10 agosto 2013 che ha segnato la città di Catania: a pochi metri dalla riva della Playa una barca si arena, sei i morti, tutti africani. Quella data segna l'inizio di un movimento di pace e di speranza che unisce i giovani catanesi che quel giorno erano sulla spiaggia ad abbracciare i sopravvissuti e a piangere i morti, le istituzioni che hanno scelto l'accoglienza e i cittadini, come il proprietario del Lido Verde che chiuse lo stabilimento per lutto.
La memoria è parte dell`iniziativa "#3giornisenzafrontiere" che dal 9 all'11 agosto ha coinvolto nel capoluogo etneo più di 400 giovani provenienti da diverse città italiane e circa 100 migranti ospiti presso strutture della rete Sprar e Cara della Sicilia e tanti provenienti da città europee e accolti al momento dello sbarco in Sicilia negli ultimi anni.
«Fare memoria- sostiene Emiliano Abramo della Comunità di Sant'Egidio - ci aiuta a ricordare che morire in mare o durante i viaggi è uno scandalo. Il respingimento, dice papa Francesco, è un atto di guerra, ma se anche l'Europa fa atti di guerra, allora chi scappa dalla guerra dove dovrà andare? Noi in Sicilia abbiamo fatto una scelta netta per l'accoglienza che ha coinvolto tanti. Fare memoria è un atto di pace e per questo noi ricordiamo lo sbarco del 10 agosto 2013, che ha creato un'alleanza tra la gente delle due sponde del Mediterraneo. Non si deve più morire di speranza, si può invece vivere in Europa e in pace».
L'11 pomeriggio, presso la chiesa di Santa Chiara, sono state ricordare tutte le vittime del mare con la veglia "Morire di Speranza" presieduta dal vicario episcopale Salvatore Genchi, il quale ha ricordato che fondamento degli uomini di Dio e di buona volontà è non respingere chi arriva da lontano.
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