ROMA. Il dottor Benjamin Argak Kwashi si trincera dietro un sorriso e sta attento ad usare parole che potrebbero spezzare il sottile filo del "dialogo" con i terroristi di Boko Haram. È vescovo anglicano di Jos, nel nord della Nigeria. Dopo gli attacchi alle Chiese cristiane prese con coraggio posizione contro tanta violenza che semina terrore nello Stato di Plateau. Per questo ha subito tre attentati insieme alla moglie. Si è fatto promotore nella sua diocesi della Christian-Muslin community skill aquisition iniziative, un progetto che riunisce cristiani e musulmani in piccoleattività imprenditoriali. Nella sua residenza dà ospitalità a trenta orfani. A Roma ha partecipato al recente incontro inter religioso promosso dallaComunità di Sant'Egidio.
Reverendo Kwashi, com'è adesso la situazione nella sua diocesi? Alcuni giorni fa gli uomini di Boko Haramhanno attaccato alcuni villaggi e sono morte più di novanta persone. Questo rende l'idea di cosa succede ancora in Nigeria. Boko Haram sta semplicemente continuando a fare quello che ha minacciato di fare.
E il dialogo? Formalmente è ancora aperto. Come si sa, il presidente Goodluck Ebele Jonathan ha dato loro la possibilità di dialogare,gli ha offerto anche un'amnistia, ma loro hanno rifiutato. Il fatto è che questo è successo un anno e mezzo fa. Il presidente ha poi formato un comitato per andare in giro e parlare con loro. Questo comitato si è mosso, ma non ha ancora raggiunto un risultato concreto.
Ha paura per la sua persona? Preferisco non parlarne non perché abbia timore, ma per una questione di fiducia reciproca tra me e loro. Noi continuiamo a fare la nostra vita pastorale come sempre, senza sentirci intimoriti.
È una questione di coraggio, allora? Nemmeno. Dipende dai punti di vista. Io sono un prete. La mia vita è nelle mani di Dio. Che posso dire? Che la mia vita sia buona o cattiva, poco importa. Devo continuare a lavorare e servire la gente.
In che modo la comunità internazionale può aiutare la Nigeria? Se il dibattito che su questi temi ha sempre promosso la Comunità di Sant'Egidio venisse conosciuto da tutti, se fosse portato all'attenzione dei politici e se Dio ci aiuta, si possono fare molti passi avanti. Ma i politici devono farsi sentire ed essere i primi a fare passi decisivi.
Fino a che punto in Boko Haram gioca la componente religiosa? La religione per loro non è importante. Loro usano la religione, la stumentalizzano. Quanto fanno non credo abbia un legame con il Corano: strangolano le persone, tagliano le teste, fanno sacrifici umani... Tutte queste cose non hanno nulla a che vedere con la religione islamica.
Pensa che ci sia ancora un margine di discussione? Il problema è che c'è gente che li sostiene e non vuole fermarli. Anche questo rende difficile il dialogo. Il problema è questo: quanti sostengono la lotta armata.
Sono in tanti a sostenerli? È un gruppo certamente numeroso. Se pensiamo alle armi che hanno, al denaro di cui dispongono. Si capisce che hanno un sostegno importante.