La gratuità come motore di una vera ripresa nel mondo globalizzato. Certo non l'unico, ma è un elemento indispensabile per la costruzione di un vivere globale sostenibile, anche per dissipare, prioritariamente, due paure che bloccano e fanno andare indietro: la compressione dei salari e la paura dell'immigrazione.
Romano Prodi, intervenendo a un panel sulla «Gratuità e il mercato globale» nel meeting di Sant'Egidio a Tirana, moderato da Jerzy Norel, vicario generale dei Frati Minori conventuali. «Non condanno la globalizzazione senza la quale un miliardo di persone non sarebbe arrivato a una vita decente - spiega l'ex presidente Ue -. Tuttavia con la globalizzazione è aumentata la disuguaglianza». E c'è un motivo di cultura politica, non il solo, ma determinante per la crisi della politica stessa: l'affermazione vincente del modello del modello Reagan-Thatcher «per il quale chi mette le imposte perde le elezioni» e così «prima sono state colpite le classi più basse e ora la classe media».
A questo vuoto di responsabilità si è saldata progressivamente la paura sociale che ha eroso la gratuità a favore di un modello individuale di affermazione, che distorce le relazioni. Katherine Marshall, consigliere della World Bank (Usa), invita piuttosto a una "capacity building" che combini iniziativa, carità e approccio fondato sui diritti delle persone. È la strada per superare la divaricazione, dice il rabbino Riccardo Di Segni, tra il tutto gratuito e il tutto a pagamento. Da una parte, avverte Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, la logica del dono sembra scalzata dalla logica della finanza e del denaro e il mercato sembra ingovernabile ed è vero che «una società cosi non può che vivere di paura, addossando le paure agli elementi di "disturbo" come è accaduto con i profughi ma anche di fronte a chi soffre per malattia, vecchiaia, disabilità».
Dall'altra un mondo forte scientificamente e tecnologicamente, ma privo del senso dell'altro, crea uomini fragilissimi psicologicamente, per cui «ci si vanta di essere moderni ma si teme il futuro. Viene esaltata la bellezza esteriore ma si distrugge la natura, che si ribella». Sono elementi che caratterizzano la «dittatura del materialismo» subdola e per certi versi invisibile. La si avverte anche in Africa e in Asia, in Paesi poveri nei quali la fede diventa fragile e «si sviluppa una teologia della prosperità. Per questa mentalità e per questa teologia la vita è un'opportunità da cogliere ed il gratuito qualcosa che non conta».
MICHELE BRANCALE
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