ARONA (ceq) Curare l'Aids in Africa è possibile. Anche se di professione Pier Giuseppe Zanetta fa l'insegnante di fisica di scuola media superiore, nella sua vita è sempre stato impegnato nel sociale, prestando la sua opera di volontario non solo nella zona in cui abita, il Novarese, ma anche nel continente nero. Ecco cosa ha raccontato in proposito al «Giornale di Arona». «Da molti anni faccio parte del progetto Drream, acronimo di Drug resource enhancement against Aids and Malnutrition, ovvero un programma di lotta alla malnutrizione e all'Aids. Il progetto, ancora poco conosciuto, è stato avviato in Africa nel 2002 dalla Comunità di Sant'Egidio, di cui faccio parte da quando avevo 25 anni. Si tratta di un programma che, al contrario di molti altri, non si occupa solo di fare informazione e prevenzione del contagio, ma si occupa anche di terapia della malattia.
Abbiamo cercato di applicare il miglior protocollo di cura esistente, utilizzato già a livello europeo e consistente anche in periodici esami del sangue, della carica virale e del CD4, che consentono di avere un maggior controllo sull'efficacia della terapia. Nella nostra organizzazione sono coinvolte anche persone malate, i cosiddetti "attivisti" che, avendo beneficiato delle cure e avendo ripreso una vita quasi normale, sposano il progetto e si adoperano per contattare altri malati, vincendo le loro resistenze e convincendoli a farsi curare. Ricordiamo infatti che Aids vuol dire anche emarginazione, diffidenza e solitudine». Gli chiediamo quante volte si sia recato in Africa e quali fossero le sue mansioni specifiche. «Dal 2002 al 2006 mi sono recato 5 volte in Mozambico, paese in cui il progetto è partito, e lì mi sono occupato soprattutto della parte organizzativa e tecnica, gestendo i magazzini con le derrate alimentari.
Successivamente sono stato in Repubblica di Guinea nel 2008 e ancora nel 2010, in Mozambico, dove ho partecipato alla ricostruzione di un laboratorio di biologia molecolare distrutto da un incendio, mettendo così a frutto la mia esperienza di ingegnere. L'ultimo viaggio è stato nel febbraio 2011 in Congo dove è sorto uno tra i più grandi dei 38 centri Dream, che dal 2002 sono stati costruiti in vari paesi del continente africano». Alla domanda su cosa spinga una persona ad andare in Africa pagandosi il viaggio e prendendosi un periodo di aspettativa non retribuita Zanetta risponde «Faccio volontariato da sempre e credo che ciò nasca nell'ambito di un discorso religioso, per cui trovo naturale spendermi per chi ne ha bisogno. La pensa così anche mia moglie Patrizia Ferro che, come me, da quando è nato il progetto si è già recata molte, come volontaria, in Africa».