«Non c'è futuro senza memoria», la scritta bianca campeggia sul fondo blu dello striscione che apre la marcia silenziosa in ricordo della deportazione degli ebrei del Ghetto nei campi di sterminio nazisti, il 16 ottobre 1943. Da S. Maria in Trastevere ieri sera il corteo, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Comunità ebraica, ha raggiunto piazza 16 ottobre, nel cuore del vecchio Ghetto. Ma non sono stati soltanto ebrei e cattolici a sfilare con le fiaccole accese e i cartelli con i nomi dei campi in cui le vittime romane furono internati e uccisi, da Auschwitz a Bergen Belzen, da Mauthausen a Theresienstadt.
Nel corteo, rigorosamente silenzioso, c'erano laici e immigrati, uniti nel ricordo di una tragedia che è la pagina più cupa della storia romana recente. Un'iniziativa, quella della marcia, organizzata ogni anno, ma che nel 2013 assume un significato particolare, visto segna i 70 anni dal rastrellamento. «Anche quest'anno ho voluto esserci - racconta il sindaco Ignazio Marino, con la fascia tricolore a tracolla - Per noi insistere sulla memoria è importante, tanto che continueremo, nonostante il fortissimo deficit di bilancio del nostro Comune, a organizzare il tradizionale viaggio a Auschwitz degli studenti romani». I ragazzi, provenienti da 24 istituti, partiranno con un volo dell'Aeronautica militare: «Costerà meno che con i voli di linea - spiega ancora il sindaco - E anche per gli alberghi e gli spostamenti abbiamo fatto una gara che ci ha permesso di risparmiare». E aggiunge: «Roma è, deve essere, una città accogliente, solidale. Per questo ospiteremo i 155 superstiti della purtroppo penultima tragedia del mare, in due luoghi che teniamo riservati per evitare polemiche».
Sulla stessa linea il presidente della Regione Nicola Zingaretti: «La memoria deve essere un valore anche negli altri 364 giorni dell'anno - commenta - Non dobbiamo fare della storia un monumento, ma viverla e farla ricordare». Poco più avanti ci sono i ragazzi del movimento giovanile ebraico Hashomer Hatzar: «Per noi è importante mantenere la nostra identità - spiega Sara, 22 anni, pronipote di Romeo Salmonì, uno dei pochi deportati sopravvissuti - e portare avanti gli ideali con cui i fondatori del nostro movimento organizzarono la rivolta del ghetto di Varsavia». Intanto l'assessore capitolino alla Cultura Flavia Barca smentisce lo sfratto dell'Associazione nazionale Famiglie italiane martiri caduti per la libertà della Patria, nata per mantenere vivo il ricordo delle Fosse Ardeatine, dalla sede di via Montecatini.