| 1 Novembre 2015 |
«Corridoi umanitari già a Natale» |
Ramonda (Papa Giovanni): «Rivedere il Trattato di Dublino» |
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Che questo convegno possa dare fastidio» era stato l'augurio con cui il vescovo di Rimini,
Francesco Lambiasi, ieri mattina aveva aperto la seconda giornata di "Il coraggio di essere umani", ampio confronto sulla migrazione organizzato dall'associazione Papa Giovanni XXIII. E di fastidio, come sinonimo di azione, ne ha dato tanto, specie con l'annuncio dei due corridoi umanitari presto attivi da Libano e Marocco per portare qui da noi 2.000 aventi diritto in aereo, anziché farli arrivare sui barconi a rischio della vita. Un'azione concertata con il governo italiano che rilascerà i visti, mirata a profughi di guerra selezionati secondo precisi criteri, per i quali sono già state individuate le famiglie che li accoglieranno e garantiranno per loro.
C'è voluta la professionalità della Papa Giovanni XXIII e della Comunità di Sant'Egidio, con il sostegno di tante parrocchie e della Chiesa Valdese, per fare ciò che l'Europa teorizza da tempo. «Anche i nostri giovani sono "migranti economici": non trovano lavoro e se ne vanno», ha riflettuto il vescovo, utilizzando la terminologia che oggi tende a distinguere chi fugge da una guerra e quindi ha diritto alla solidarietà, da chi invece scappa "solo" dalla povertà. Un confronto - tra noi e "loro" - che ha reso lampante ciò che l'Occidente fatica a percepire: «Tutti noi rivendichiamo giustizia ed equità per i nostri figli, tutti noi teniamo allo sviluppo, ma poi osteggiamo la mobilità di chi cerca le stesse identiche cose per i suoi figli», ha notato Johan Ketelers, responsabile generale all'Onu della Commissione cattolica internazionale per le migrazioni -. Perchè non ragioniamo in termini di gestione, anziché di respingimento? L'Europa ha bisogno degli stranieri: nel Regno Unito un'impresa su 7 è stata avviata da loro con un 14% di posti di lavoro, in Germania 82mila turchi impiegano 450mila persone, e nel 2013 pure in Italia 497mila nuove imprese sono opera di immigrati. Per contro, la Turchia da sola ha accolto 600mila bambini siriani e tutti hanno sanità gratuita e vanno a scuola. Dov'è finito il coraggio degli europei? Che ne è stato del nostro essere cristiani? Il vero coraggio è quello di tanti giovani che, pur di aiutare le loro famiglie, affrontano viaggi spaventosi e lavori massacranti. Sono eroi, non dobbiamo averne paura».
Perché lo ha spiegato Alberto Chiara di Famiglia Cristiana, «Eurostat ci ha avvertiti, se vogliamo mantenere un welfare in Europa, ovvero garantire le pensioni, la sanità e tutto il resto, ci occorrono 250 milioni di stranieri da qui al 2060». Ma anche uscendo dalle logiche della convenienza, per quale motivo 9.000 studenti italiani possono essere oggi a Berlino e a Londra per migliorare il loro futuro, ma questo non è accettato per un ragazzo di Asmara?
Interrogativi posti anche dalle immagini di un lucido documentario prodotto dalla Papa Giovanni XXIII sulle rotte dei profughi, quella balcanica e quella africana, fatto di storie vere, lontane anni luce dai nostri incubi. «Dobbiamo essere avamposti di una nuova giustizia», ha invocato Paolo Ramonda, responsabile generale della comunità, dettando le priorità: «Oltre ai corridoi umanitari, che già a Natale potrebbero essere realtà, l'istituzione di un Ministero della Pace in tutti i Paesi europei, la revisione del Trattato di Dublino, i fondi per gli armamenti deviati sul sociale in Italia e sulla cooperazione internazionale, e infine che l'Italia si faccia promotrice di un tavolo a cui siedano i cinque Stati - Usa, Russia, Turchia, Iran e Arabia Saudita - dai quali dipende la soluzione della guerra in Siria».
«Appoggiamo senza dubbio i due corridoi umanitari -ha detto Francesco Petrelli per Concord, la rete di ong in Europa per lo sviluppo e l'emergenza -. Da mesi chiedevamo ai governi europei proprio questa soluzione che non è affatto visionaria, anzi, è l'unica basata sul buon senso. La Papa Giovanni assieme a Sant'Egidio fa ciò che dovrebbero fare le Nazioni Unite e l'Ue: verificare le domande d'asilo non quando sono già qui ma là dove si incrociano i flussi. E una volta accertato chi ha i requisiti, dar loro protezione internazionale anziché esporli al naufragio e al racket della tratta». Questa notte, 8 anni fa, don Oreste Benzi, fondatore della Papa Giovanni XXIII, saliva al cielo lasciando ai suoi un mandato: «Trasgredite nel bene».
Lucia Bellaspiga
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